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Alimentazione
Redazione
pubblicato il 17-11-2023

Allergie: come riconoscerle e prevenirle?



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Grazie a nuovi test molecolari oggi per gli allergici sono possibili diete meno restrittive e "vaccini" più mirati (anche se solo il 2% li usa)

Allergie: come riconoscerle e prevenirle?

Per accertare un'allergia alimentare o respiratoria non basta verificare se una certa sostanza provochi o meno una reazione cutanea. È necessario identificare le componenti molecolari specifiche delle sostanze allergeniche che possono anche essere differenti all'interno dello stesso alimento o della stessa pianta. Quali sono le strategie più innovative per identificare con certezza e precisione un'allergia? 

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I NUOVI TEST MOLECOLARI

Un approccio innovativo per comprendere e trattare le allergie è reso possibile dai nuovi test molecolari, esami del sangue di ultima generazione che permettono di rendere più precisa e accurata la diagnosi abbozzata con il test cutaneo (prick test) e il dosaggio delle IgE specifiche (RAST test). Il loro obiettivo è quello di identificare esattamente le molecole di pollini e alimenti che scatenano le allergie, in modo da stabilire il profilo allergenico personalizzato del paziente. Uno strumento innovativo soprattutto per i casi di allergia più complessi, ma che solo uno specialista su tre conosce e utilizza in Italia. Fondamentale che se ne occupi l'allergologo-immunologo, che alle tradizionali conoscenze cliniche unisce quelle sempre più avanzate della biochimica applicata al funzionamento del sistema immunitario.

 

BASTA UN ESAME DEL SANGUE

Il nuovo approccio molecolare permette allo specialista di vedere ad altissima risoluzione la reale causa scatenante dell'allergia. «Si tratta in genere di proteine che possono essere specifiche di un singolo polline o alimento oppure possono essere presenti in diversi elementi con variazioni strutturali più o meno importanti», spiega Mario Di Gioacchino, Presidente SIAAIC, la Società Italiana di Allergologia, Asma e Immunologia Clinica, in occasione del congresso svoltosi a Bologna a fine ottobre. «Per identificarle è sufficiente un semplice esame del sangue che viene prescritto in modo mirato dall'allergologo-immunologo. Parliamo però di un esame di terzo livello, che viene fatto cioè in casi mirati dopo l'iniziale test di reazione cutanea (prick test) e il dosaggio delle IgE specifiche (RAST test)». A differenza dei vecchi esami, questi nuovi test non utilizzano un estratto allergenico derivato da una pianta o un alimento in toto, ma solo una parte purificata o ricombinante. Diagnosi più precise e accurate si traducono in vaccini più mirati.

«I nuovi test molecolari hanno un costo di circa 16 euro ad allergene (in genere se ne prescrivono 5 o 6) a fronte dei 6-12 euro delle IgE e dei 2 euro del prick test», precisa l’esperto. «Ad oggi solo un allergologo su tre li conosce e li utilizza nella pratica clinica» sebbene i vantaggi siano molti, sia per i pazienti che soffrono di allergia respiratoria sia per quelli che hanno un’allergia alimentare.

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VACCINI PIU’ MIRATI

Nel caso delle allergie respiratorie, sono diversi gli allergeni molecolari interessati, che generalmente prendono il nome della pianta da cui derivano: tra i più comuni abbiamo le proteine Phl p1 e Phl p5 delle graminacee, la Bet v1 della betulla e la Parj2 della parietaria. «Esistono allergeni molecolari specifici per ciascuna pianta e altri che invece sono comuni a più piante. Per questo – sottolinea il presidente della SIAAIC - la diagnostica molecolare è preziosa soprattutto in quei pazienti che al prick test appaiono polisensibilizzati. Per intenderci, nei test cutanei è facile che un individuo risulti avere diverse positività, ad esempio sia alla parietaria che alle graminacee: questo può accadere perché è allergico a due molecole distinte e specifiche delle due piante, oppure perché è allergico a una sola molecola che però è comune a entrambe. Il test molecolare ci permette di distinguere fra queste due possibilità in modo da scegliere il vaccino più mirato».

 

DIETE MENO RESTRITTIVE

L’utilità della diagnostica molecolare è ancora più evidente nelle allergie alimentari, perché a scatenarle possono essere molecole differenti anche all’interno dello stesso alimento. Un esempio classico è quello della pesca. Chi è allergico a questo frutto può essere sensibile a tre proteine diverse: la Prup p1, che può causare una reazione allergica crociata con la betulla ma che può essere disattivata dai succhi gastrici e dalla cottura; la Pru p3, che resiste sia alla digestione che alla cottura ma che può essere facilmente eliminata togliendo la buccia; infine la Pru p4, che viene disattivata sia dalla digestione che dalla cottura.

«Identificare esattamente la molecola responsabile dell’allergia permette allo specialista di indicare con maggiore precisione quali alimenti si possono consumare in sicurezza, in modo da mettere a punto una dieta più variegata e con meno restrizioni», afferma Mario Di Gioacchino. «Un altro vantaggio è quello di poter prevenire le reazioni allergiche crociate. Se per esempio scopro che il paziente è allergico agli acari della polvere perché è sensibile in modo specifico alla proteina tropomiosina, so già che dovrà evitare di mangiare gamberi e insetti commestibili perché presentano la stessa molecola incriminata».

 

NUOVI TEST PER ASMA E RINITI

Dal Congresso SIAAIC arrivano buone notizie anche per quelle persone che soffrono di riniti allergiche apparentemente inspiegabili, che compaiono anche “fuori stagione” senza un chiaro motivo. «Grazie alla diagnostica cellulare oggi possiamo eseguire un test di citologia nasale, ovvero un semplice tampone che permette di prelevare e osservare al microscopio le cellule immunitarie presenti nella mucosa nasale», precisa il presidente della SIAAIC. «In questo modo possiamo individuare la tipologia di infiammazione che sottende la patologia e scoprire se, oltre all’allergia già evidenziata dal prick test, esistono altre concause scatenanti, sempre con l’obiettivo di mettere a punto una terapia più mirata e specifica».

Un altro importante strumento diagnostico riguarda invece i pazienti asmatici. Oltre alla classica spirometria, infatti, oggi si può ricorrere anche alla determinazione dell’ossido nitrico nell’aria espirata (FENO). «Questo test permette di misurare l'entità dell'infiammazione presente nei bronchi con conseguente miglioramento della modulazione della terapia», ricorda Di Gioacchino. Nei casi di asma più gravi, infatti, oggi è possibile ricorrere ai farmaci biologici, «che nella gran parte dei casi permettono un buon recupero, la scomparsa delle riacutizzazioni e in alcuni casi la remissione della malattia», evidenza l’esperto. «Ottimi risultati si stanno ottenendo anche in caso di rinosinusite con poliposi, dermatite topica e perfino in una malattia più rara come l’esofagite eosinofila. La qualità di vita di questi pazienti, gravemente compromessa dalle patologie, migliora in modo drastico quando si ha accesso a questi farmaci, la cui prescrivibilità dovrà essere riservata allo specialista allergologo-immunologo», conclude Di Gioacchino.

 

LE VACCINAZIONI SONO POCHE

Le linee guida internazionali raccomandano l’immunoterapia allergene specifica (ITS), più nota con il termine improprio di “vaccino”, come la migliore terapia in grado di cambiare il decorso naturale delle allergie respiratorie e di quelle alle punture d’insetto. Nonostante questo, dei 6 milioni candidabili all’uso dei vaccini, pari alla metà dei pazienti allergici, solo il 2% ne fa attualmente uso, anche a causa della mancata rimborsabilità in varie Regioni.

Un 'paradosso', affermano gli allergologici, che espone ad alti rischi e determina un costo notevole per il Sistema Sanitario Nazionale. Per questo, gli specialisti chiedono che il problema sanitario delle allergie diventi una priorità nell'agenda politica. In Italia l'immunoterapia specifica resta dunque inutilizzato per milioni di pazienti nonostante sia l'unico trattamento in grado di fermare l'escalation di sintomi infiammatori che porta all'asma.

Non dimentichiamo poi che la diffusione delle allergie è in continuo aumento. Secondo l'Oms sono circa 350 milioni le persone al mondo che soffrono di allergie respiratorie. Sono più di 1.000 globalmente i morti al giorno per asma, circa 300 l'anno in Italia, molti dei quali evitabili se i pazienti fossero trattati nella maniera efficace. La previsione è che entro il 2050 quasi la metà della popolazione soffrirà di qualche forma di allergia, complici il cambiamento climatico e l’inquinamento. Nel nostro Paese circa il 10% dei bambini al di sotto dei 14 anni soffre di asma e l’80% di questi sono allergici. I costi diretti dell'asma rappresentano l'1-2% della spesa sanitaria italiana, mentre quelli indiretti, nei casi più gravi, costituiscono oltre il 50% dei costi complessivi. 

 

QUANTO DURA IL VACCINO?

L'immunoterapia allergene specifica, ovvero il vaccino, è «una terapia desensibilizzante che può davvero cambiare il decorso della malattia», spiega Mario Di Gioacchino. «Consiste in dosi progressivamente crescenti dell'allergene verso cui il paziente è sensibilizzato. In tal modo si sviluppa una attiva tolleranza immunitaria, con produzione di anticorpi protettivi verso lo stesso allergene, inducendo così una tolleranza alla sua riesposizione”.

L'immunoterapia mantiene la propria efficacia per molti anni dopo la sospensione del trattamento che dure 3-4 anni. La somministrazione può essere fatta per iniezione sottocutanea o per via sublinguale, durante tutto l’anno o con schemi terapeutici stagionali che devono essere messi a punto dallo specialista allergologo-immunologo. «Sono ormai moltissimi gli studi scientifici che dimostrano l’efficacia e la sicurezza del trattamento: gli effetti collaterali sono poco frequenti e limitati a prurito e fastidio al cavo orale, in caso di somministrazione sublinguale, ed eritema e gonfiore al braccio, in caso di iniezione».

 

PERCHÈ I VACCINI SI USANO POCO?

A limitare l'impiego dei vaccini sono tuttavia molteplici ragioni. «Certamente il problema dei costi, nelle Regioni nelle quali questo trattamento è a totale carico dei pazienti, rappresenta una forte limitazione», dichiara Di Gioacchino. «Esiste una situazione a macchia di leopardo a causa della mancanza di una legislazione che regoli la rimborsabilità in modo uniforme. La decisione se erogare e in che misura i vaccini dipende dalle singole Regioni, con un'inaccettabile difformità di trattamento di una malattia cronica la cui cura dovrebbe essere inserita invece nei Lea». 

A pesare è poi la scarsa conoscenza delle malattie allergiche, come dimostrano i risultati di una recente indagine, condotta tra maggio e luglio, su un campione di oltre mille italiani con più di 18 anni. Dai dati emerge che il 20% dichiara di soffrire di allegrie respiratorie ma solo il 22% degli intervistati riconosce nell’allergologo lo specialista di riferimento a cui rivolgersi in caso di bisogno. Per quanto riguarda le allergie respiratorie, il 53% del campione ritiene di essere poco o per nulla informato e perfino chi soffre di questo problema dichiara di affidarsi per lo più al passaparola con amici e parenti.

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MANCANO GLI SPECIALISTI  

Sebbene le malattie allergiche colpiscano ormai il 20% della popolazione e siano in continuo aumento, determinando un grande carico assistenziale, «l’assistenza allergologica è fortemente ridimensionata ovunque a differenza di quanto previsto per numerose altre discipline a minore impatto epidemiologico e assistenziale», sottolinea Mario Di Gioacchino. «La mancata definizione di un modello assistenziale significa banalizzare le patologie allergologiche, e non riconoscerne l’impatto economico e sociale sottovalutando la figura dello specialista che deve essere prevista espressamente nelle case della comunità, a garanzia di un’assistenza di qualità».

«Auspichiamo in particolare che la Missione 6 del PNRR riservi una peculiare attenzione legislativa e istituzionale al ruolo dello specialista in Allergologia e Immunologia Clinica, in tema di riordino dell’assistenza territoriale, considerando una grave mancanze che la figura dell’allergologo non venga mai ricompresa tra i numerosi professionisti che saranno chiamati a fornire assistenza nelle case della comunità», sottolinea il presidente della SIAAIC, Mario Di Gioacchino. «Sollecitiamo poi l’inserimento dei vaccini tra i trattamenti autorizzati da AIFA come unica terapia in grado di modificare la storia naturale delle allergie, e infine l’implementazione di una rete nazionale per il monitoraggio aerobiologico di pollini allergenici e spore fungine». 

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