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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 30-08-2023

Screening mammografico: utile anche prima dei 50 anni



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L'estensione dello screening prima dei 50 anni aumenta la sopravvivenza netta per tumore al seno. Ma il vero obiettivo è realizzare uno screening tarato sul rischio individuale e non solo per età

Screening mammografico: utile anche prima dei 50 anni

L'estensione dello screening mammografico nelle donne della fascia di età compresa tra i 40 e i 49 anni aumenta la sopravvivenza netta per tumore al seno rispetto a quelle a cui non viene proposto l'esame. Un risultato importante che dimostra l'utilità dell'allargamento dello screening mammografico nelle donne più giovani. I risultati dello studio sono stati pubblicati su JCO, la rivista ufficiale dell'American Society of Clinical Oncology.

A COSA SERVE LO SCREENING MAMMOGRAFICO?

In qualsiasi campo della medicina, prima si arriva ad una diagnosi certa e maggiori sono le probabilità di cura. Questo è particolarmente vero per i tumori. Per arrivare a diagnosticarli in tempo utile per essere trattati, un efficace strumento è rappresentato dagli screening oncologici, particolari esami offerti gratuitamente dal Sistema Sanitario Nazionale volti ad intercettare la malattia in quelle fasce di età maggiormente a rischio. Quello mammografico, disponibile per le donne tra i 50 e i 69 anni, si è dimostrato utile per intercettare i tumori il più precocemente possibile riducendone di conseguenza la mortalità. Complice però l'aumento di incidenza dei tumori del seno in fase precoce, da tempo diverse nazioni hanno implementato programmi di screening per fasce di età più ampie. In alcune Regioni italiane, ad esempio, si sta sperimentando l'efficacia nella fascia compresa tra i 45 e i 74 anni.

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UTILE ANCHE SOTTO I 50 ANNI

Gli studi a riguardo dell'utilità dell'allargamento dello screening non mancano, non a caso nel mese di maggio negli Stati Uniti un panel di esperti ha caldamente invitato ad estendere lo screening anche per la fascia di età 40-49 anni. Ultimo in ordine di tempo è quello pubblicato sulla rivista dell'American Society of Clinical Oncology. L'analisi è stata effettuata in Canada, nazione in cui lo screening mammografico viene offerto a seconda delle diverse "province" a fasce di età differenti. In alcune aree è previsto anche tra i 40 e i 49 anni, in altri solo dai 50 in su. Lo studio ha comparato la sopravvivenza netta a dieci anni, ovvero la sopravvivenza non imputabile ad altre cause diverse dal tumore al seno, sia nel gruppo sottoposto a screening sia in quello a cui non veniva offerto. Dalle analisi è emerso che nelle donne sottoposte a screening, la mortalità netta è stata inferiore dell'1,9% rispetto alle donne di età compresa tra i 40 e i 49 anni non sottoposte a screening. Il maggior vantaggio, pari al 2,6%, si è verificato nella fascia di età 45-59 anni.

PERSONALIZZARE GLI SCREENING

Un risultato importante, quello ottenuto nello studio canadese, che supporta ancora una volta la necessità di estendere lo screening nelle fasce di età più giovani. Ciò non significa però che l'età sia la sola discriminante. Il concetto di screening mammografico guidato dall'età non tiene conto della variabilità tra le donne nel rischio di sviluppare il cancro al seno. Un approccio maggiormente personalizzato allo screening potrebbe aiutare invece a mettere a punto programmi di screening più o meno "serrati" in base al rischio individuale. In questo modo nelle donne ad alto rischio si riuscirebbero ad ottenere migliori risultati in termini di mortalità, in quelle a basso rischio una diminuzione delle diagnosi di falsi positivi e successive indagini. Come fare però a stratificare il rischio? In questo contesto le analisi della presenza di alcune mutazioni in geni chiave come ad esempio quelli BRCA e PALB2 sono molto utili per stabilire chi è effettivamente a maggiore rischio di sviluppare la malattia. Ma i test utili a ricercare queste "firme molecolari" non sono affatto a buon mercato e alle condizioni attuali non rappresentano affatto una strategia percorribile nella popolazione generale. Non a caso vengono effettuati già in giovane età -ben prima dell'età da screening- quando si ha il sospetto di aumentato rischio a causa di una storia famigliare per tumore al seno e alle ovaie.

LO STUDIO MYPEBS

La vera sfida dunque è quella di identificare e gestire le donne a rischio moderato. Ad oggi è infatti possibile ricercare ulteriori mutazioni, come quelle di CHEK2 e altri geni, spesso associate ad un aumentato rischio. Test oggi già presenti sul mercato la cui interpretazione è però ancora difficoltosa. Sulla fattibilità però non ci sono dubbi. Allo scorso congresso ESMO Breast sono stati descritti i primi dati del progetto MyPeBS (My Personalized Breast Screening). Lo studio, effettuato al momento su 16 mila donne, aveva l'obbiettivo di stratificare il rischio unendo la storia clinica famigliare e le caratteristiche del seno delle partecipanti con un semplice test salivare volto a "mappare" le zone calde del genoma associate a possibili mutazioni. Test che ha portato all'ottenimento di una mappa del rischio genetico nel 96% delle partecipanti allo studio. Con un'arruolamento stimato di 85mila donne e una data di completamento prevista per il 2025, grazie a questo studio sarà possibile capire se lo screening adattato al rischio sarà in grado di impattare positivamente sulle diagnosi rispetto rispetto all'attuale approccio standard.

LE RACCOMANDAZIONI ATTUALI

Ma nell'attesa di chiarire in che modo adattare gli screening al rischio personale basato sulla predisposizione genetica, l'Osservatorio Nazionale Screening ha da poco elaborato delle raccomandazioni a partire dalle linee guida europee. Eccole riassunte: la mammografia è bene sia offerta alle donne a partire dai 45 anni fino ai 74 anni di età. La raccomandazione è forte per le donne tra i 50 e i 69 anni mentre nelle due fasce estreme (45-49, 70-74) è una raccomandazione con riserva, cioè il Panel ha concluso che gli effetti desiderabili del fare una mammografia in queste fasce di età superano probabilmente gli effetti indesiderabili, ma esiste ancora un margine di incertezza. L’intervallo di screening suggerito tra una mammografia e la successiva è di 2 anni fino ai 69 anni di età e di 3 anni dai 70 ai 74 anni. Fra i 45 e 49 anni l’intervallo può essere ridotto a 1 anno, mentre l’intervallo annuale non è raccomandato oltre i 50 anni.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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