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I nostri ricercatori
Chiara Segré
pubblicato il 27-11-2017

Un approccio computazionale contro il tumore alla prostata



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Un database virtuale di molecole per identificare possibili composti in grado di provocare la distruzione di una proteina pro-tumorale: è il lavoro del chimico Marian Vincenzi

Un approccio computazionale contro il tumore alla prostata

I recettori sono proteine fondamentali nella comunicazione fra tessuti, e quindi per la fisiologia dell’intero organismo. Sono posizionati sulla membrana delle cellule e captano altre molecole-segnale provenienti dall’esterno, innescando catene di messaggeri chimici che modificano, di conseguenza, il comportamento e la fisiologia delle cellule in risposta allo stimolo. Alterazioni in una di queste vie di segnalazione sono alla base di molteplici patologie, prima fra tutti i tumori. All’Istituto di Biostrutture e Bioimmagini del Cnr di Napoli Marian Vincenzi, sostenuto tramite il progetto SAM-Salute al maschile, studia il ruolo di una di queste proteine-recettori, EphA2, spesso presente in abbondanza in diverse neoplasie, tra cui quelle della prostata e del seno.
 

Marian, parlaci del tuo progetto di ricerca.

«Il ruolo del recettore EphA2 nel cancro è complesso e ancora controverso. Si sa che è presente in grandi quantità in alcuni tumori e questo è verosimilmente concausa dei suoi effetti nel favorire la progressione maligna. Il mio obiettivo è aiutare a dipanare i complessi meccanismi molecolari che regolano EphA2, in particolare la sua degradazione per endocitosi, ovvero quel processo con cui la cellula ingloba il suo recettore e lo distrugge».

 

Il razionale, quindi, è che stimolare la degradazione del recettore EphA2 contrasti i suoi effetti pro-tumorali, giusto?

«Esattamente».

 

Che approccio stai utilizzando?

«Sappiamo che EphA2 si difende dall’endocitosi e quindi dalla distruzione legando altri fattori in una regione specifica, chiamata dominio Sam. Sto identificando, tramite simulazioni strutturali al computer con database virtuali di molecole, una serie di composti che potrebbero impedire il legame tra il dominio Sam e questi fattori di protezione, permettendo quindi la distruzione di EphA2. Nella seconda fase del progetto, i composti più promettenti saranno testati in vitro su linee di cellule tumorali».

 

Quali prospettive apre, anche a lungo termine, per la conoscenza biomedica ?

«L’obiettivo principale è contribuire a chiarire il meccanismo di azione della proteina EphA2 nei processi tumorali e ottenere dunque conoscenze fondamentali di base. Poi, in prospettiva, questo sarà sicuramente utile per identificare molecole con proprietà terapeutiche per trattare i tumori in cui questa via molecolare è alterata, come quelli alla prostata e al seno».

 

Ricordi il momento in cui hai capito che la tua strada era quella della scienza?

«Non appena mi sono reso conto di quanto fosse stimolante lavorare con lo scopo di migliorare le condizioni di molte vite».

 

Cosa ti piace di più della ricerca?

«La condivisione della conoscenza e il poter dare un contributo, anche piccolissimo, all’umanità».

 

E cosa invece eviteresti volentieri?

«La competizione senza esclusione di colpi solo per raggiungere posizioni di rilievo in accademia e nell’industria».

 

Pensi che questo aspetto possa rappresentare un lato oscuro della ricerca?

«Possiamo definirlo così. Ogni avanzamento di carriera è regolato dal numero di pubblicazioni e non da reale impatto che queste hanno sul genere umano. Inoltre non esiste ancora oggi un sistema funzionante che tuteli la proprietà scientifiche di lavori ed idee. Troppo spesso si sente ancora parlare di dottorandi e post-doc cui viene rubato il primo nome su un lavoro solo per far posto ad altri per ragioni diverse da quelle della scienza».

 

Se ti dico scienza e ricerca, cosa ti viene in mente?

«Responsabilità. Ogni persona che lavora in questo ambito dovrebbe sempre tenere a mente che il suo lavoro deve avere l’unico scopo di fare passi avanti nel migliorare le condizioni di vita».

 

Cosa vorresti assolutamente fare almeno una volta nella vita?

«Lanciarmi col paracadute».

 

Sei soddisfatto della tua vita?

«Assolutamente sì. Dal giorno in cui i miei genitori mi adottarono a oggi rifarei le stesse identiche azioni, con vantaggi e svantaggi annessi. Tutto mi ha permesso di diventare quello che sono».

 

Qual è un ricordo a te caro di quando eri bambino?

«Mia madre cercava di addormentarmi cantandomi una ninna nanna da lei inventata che iniziava con: bimbo mio ti aspetterò, quando grande ti farai….».

 

Chiara Segré
Chiara Segré

Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.


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