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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 22-03-2021

Tumore al seno: affrontare la malattia durante la pandemia



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La pandemia una sfida ulteriore per le donne ammalatesi di tumore al seno nel 2020. La flessibilità e il supporto famigliare d'aiuto per superare le difficoltà

Tumore al seno: affrontare la malattia durante la pandemia

Prima la diagnosi di cancro. Poi l’arrivo della pandemia da Covid-19. Difficile per tutti, l’ultimo anno lo è stato ancora di più per le donne chiamate ad affrontare il percorso di cura, dopo aver scoperto di essersi ammalate di tumore al seno. A una costante, legata alle paure che accompagnano le prime fasi della malattia, si è aggiunta una minaccia nuova, divenuta poco alla volta sempre più opprimente. Un peso eccessivo e senza precedenti, a cui le donne (anche se non tutte) sono riuscite a reagire facendo leva su tre chiavi di volta: il supporto famigliare, la flessibilità e la capacità di attivare nuove risorse di fronte alle difficoltà. Più questi elementi erano presenti nelle vite delle pazienti affette da un tumore al seno durante la pandemia, maggiori sono risultate le probabilità di rispondere in maniera positiva alle due avversità.

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CONVIVERE CON UN TUMORE DURANTE LA PANDEMIA

Ammalarsi di cancro e ritrovarsi nel mezzo di una pandemia è stata una situazione senza precedenti. La novità, duplice per le pazienti, ha rappresentato uno spunto per indagare le loro reazioni di fronte a due avversità tra cui era difficile riconoscere la più insidiosa. Da una parte il tumore, scoperto da poco e accompagnato dal peso noto a tutte le donne che affrontano le prime tappe che vanno dalla comunicazione della diagnosi all’inizio delle terapie. Dall’altra una malattia nuova, invisibile e (inizialmente) del tutto sconosciuta: Covid-19. In partenza - è quanto si evince dai racconti di chi ha passato ore e giorni a confrontarsi con questi pazienti per spiegare cosa stesse accadendo - i timori erano legati soprattutto allo sviluppo del cancro. Ma con il passare delle settimane, a preoccupare queste pazienti sono stati anche altri due aspetti: i ritardi per effettuare indagini diagnostiche o procedure terapeutiche e il rischio di contrarre l’infezione da Sars-CoV-2, più grave in alcune categorie di pazienti oncologici (chi è affetto da leucemie, linfomi e tumore del polmone). Così è nata l’idea di verificare se il supporto della famiglia, la flessibilità di fronte alle avversità e la capacità di trovare al proprio interno nuove forze con cui fronteggiare un problema di salute importante fossero elementi efficaci nella gestione psicologica della malattia da parte dei malati di cancro anche nel corso di una pandemia.


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UNA FAMIGLIA UNITA PER SUPPORTARE UN MALATO DI CANCRO

Risposta affermativa, se si leggono le conclusioni di uno studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Istituto Europeo di Oncologia (IEO) e dell’Università Statale di Milano durante la prima ondata. E supportato anche da Fondazione Umberto Veronesi, attraverso il contributo di Eleonora Brivio (primo autore della ricerca, pubblicata sulla rivista Frontiers in Psychology) e Gabriella Pravettoni (direttore della divisione di psiconcologia dello IEO e membro del comitato scientifico di Fondazione). I ricercatori hanno intervistato 115 pazienti (40-70 anni) che avevano ricevuto una diagnosi di tumore al seno nel 2019, già operate e in trattamento (farmacologico o radioterapico) nel momento in cui la pandemia si è affacciata in Italia. Di queste, soltanto 1 su 5 era single. Tutte le altre avevano una relazione di coppia: in 7 casi su 10 anche con uno o più figli. Attraverso tre questionari (per un totale di quasi 50 domande), gli studiosi hanno potuto costruire altrettante scale per valutare quanto queste donne fossero supportate dagli affetti più cari e in grado di rispondere al duplice evento avverso facendo leva sulle proprie risorse. Ottenuti questi risultati, valutate le reazioni emotive delle pazienti, le conclusioni sono venute da sé. «I dati raccolti confermano come, anche nel corso della pandemia, l’organizzazione e l’interazione famigliare siano stati l’elemento più importante di supporto per queste donne», spiega Eleonora Brivio. Un epilogo non scontato, considerando che a tutto ciò che è stato già detto, si è in molti casi aggiunta la convivenza: forzata e prolungata. «Partner, genitori, fratelli e sorelle, in contesti caratterizzati da relazioni sane, hanno aiutato queste donne ad attenuare la comparsa di emozioni negative: quali l’ansia, il senso di colpa, l’insonnia, la sofferenza e la depressione».


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Da qui i consigli per i caregiver. «Siamo di fronte a una situazione meno critica rispetto a quella della scorsa primavera, caratterizzata da molte incertezze e, inevitabilmente, da tante insicurezze - aggiunge Gabriella Pravettoni -. Ma ciò non toglie che essere oggi un malato di cancro sia più difficile rispetto a quanto non lo fosse un anno e mezzo fa. Per questo motivo, a chi si prende cura di queste donne è richiesto uno sforzo anche più intenso rispetto al passato. Servono una grande capacità di ascolto e di accoglienza rispetto ai bisogni altrui. Ma soprattutto è importante modulare le proprie abitudini in modo da poter aiutare una persona cara a gestire la malattia». Aspetto, quest’ultimo, più difficile degli altri, complice anche la necessità di riorganizzare la propria vita, durante la pandemia. Leggendo le conclusioni dello studio, emerge che significativo è stato anche l’impatto generato da altri due fattori: la flessibilità (la capacità di porsi degli obbiettivi, di prendersi cura degli altri e di gestire le emozioni negative) e l’attitudine a farsi forza di fronte alle avversità. Caratteristiche che, ricorda Brivio, «abbiamo tutti, ma che possono richiedere tempo per venire alla luce». E che, comunque, «le pazienti oncologiche manifestano più delle donne sane»: conseguenza della reazione seguita al momento della diagnosi di un tumore.


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UNO STUDIO PER MISURARE L’EFFICACIA DEL SUPPORTO A DISTANZA

Alla luce di quanto osservato in un anno, emerge l’importanza del supporto psicologico per le donne alle prese con un tumore al seno. Ma - più in generale - per tutti i pazienti oncologici. Sostegno che ancora oggi viene in molti casi fornito grazie alla tecnologia. Da qui la scelta di Eleonora di puntare sulla valutazione degli interventi a distanza nell’aderenza ai trattamenti per il tumore al seno per il progetto che Fondazione Umberto Veronesi ha scelto di sostenere nel 2021. «La pandemia ci ha posto di fronte a una sfida: raddoppiare le energie per evitare che in questo contesto i malati di cancro avvertano una pressione ulteriore, oltre a quella determinata dalla malattia. Le statistiche del 2020 ci dicono che la richiesta di consulti psicologici è cresciuta del 12 per cento, nel nostro centro. Per questo, complici le restrizioni nell'accesso agli ospedali, poter essere loro vicini per il tramite della tecnologia è stata prima una necessità, poi un’opportunità che stiamo continuando a coltivare. I risultati permetteranno di sviluppare una conoscenza approfondita dei processi del supporto psicologico a distanza per pazienti con tumore al seno e di sviluppare delle linee guida che guidino gli psiconcologi nel fornire cure appropriate anche da remoto».


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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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