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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 19-04-2018

Tumore della prostata: diagnosi più accurate con la risonanza magnetica



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Uno studio condotto in 11 Paesi evidenzia una maggiore accuratezza della risonanza magnetica rispetto alla biopsia prostatica per i pazienti che hanno valori di Psa sospetti

Tumore della prostata: diagnosi più accurate con la risonanza magnetica

Il primo passo è il dosaggio dell'antigene prostatico specifico (Psa), a cui gli uomini con più di cinquant'anni dovrebbero sottoporsi con frequenza regolare: almeno ogni tre o quattro anni. Il secondo, in presenza di valori sospetti (compresi tra 4 e 10) e di una visita urologica non in grado di sgomberare i dubbi, è la biopsia prostatica, che prevede il prelievo di una dozzina di frammenti di tessuto per scongiurare il rischio della presenza di un tumore della prostata. Si tratta della neoplasia più diffusa tra i maschi italiani: quasi trentacinquemila diagnosi le diagnosi messe assieme nel 2017. Ma pure di una di quelle che mostra i migliori tassi di sopravvivenza, un po' come accade nel caso del tumore al seno tra le donne. Gli ultimi dati dicono che più di nove uomini su dieci sono vivi cinque anni dopo aver scoperto la malattia. Per raggiungere questi risultati, è fondamentale però una diagnosi precoce. 


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DIAGNOSI PIU' ACCURATE CON LA RISONANZA MAGNETICA 

Il ricorso alla risonanza magnetica potrebbe rappresentare la soluzione per raggiungere l'obiettivo. Questo è quanto si evince dalla lettura dello studio «Precision», pubblicato sul New England Journal of Medicine. Dal lavoro è emerso che, sottoponendo un paziente che mostra valori di Psa sospetti alla risonanza magnetica prima della biopsia, si possono ridurre le diagnosi di tumori clinicamente indolenti e rendere più accurate quella delle neoplasie più aggressive. I ricercatori sono giunti a questa conclusione dopo aver confrontato gli esiti degli esami - biopsia prostatica ecoguidata e risonanza magnetica (con eventuale successiva biopsia, in caso di ulteriore sospetto) - a cui sono stati sottoposti cinquecento uomini (ripartiti in due gruppi) che avevano valori di Psa compresi tra 4 e 10. È così emerso che, tra i pazienti sottoposti alla risonanza magnetica, i tumori più aggressivi sono stati scoperti nel 38 per cento degli uomini coinvolti nello studio. Di contro, lo stesso dato nel secondo gruppo ha raggiunto quota 26 per cento. A vantaggio della risonanza magnetica, rispetto alla biopsia standard, anche un ridotto riscontro di tumori clinicamente poco significativi (uno su quattro): controllabili con un programma a medio e lungo termine di sorveglianza attiva.

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UN «FILTRO» PER RIDURRE IL NUMERO DI BIOPSIE

Secondo Alberto Briganti, vicedirettore dell’Istituto di Ricerca Urologica dell’Irccs San Raffaele di Milano e uno dei tre autori italiani del lavoro, assieme a Valeria Panebianco (coordinatrice dell’unità prostata del Policlinico Umberto I di Roma) e Francesco Giganti (radiologo all’University College di Londra), «questo studio evidenzia come la risonanza magnetica possa essere utile nell'identificare i pazienti che, soltanto in un secondo momento, necessiteranno di una biopsia». La questione non è di poco conto, perché quest'ultimo esame è invasivo e comunque non (sempre) in grado di sgombrare il campo dai dubbi. «Il Psa da solo non è sufficientemente accurato per identificare il candidato ideale alla biopsia prostatica. Questo iter, nel tempo, si è tradotto in un eccessivo numero di biopsie: spesso inutili, perché portano al riscontro di una neoplasia non significativa sul piano clinico. I tumori indolenti, almeno all'inizio, possono non necessitare di alcun trattamento. Un aspetto da non trascurare, perché vuol dire risparmiare al paziente cure debilitanti ed effetti collaterali che riducono gravemente la qualità della vita».    

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Il tumore della prostata, come quello della tiroide, è esposto al rischio di un eccesso di diagnosi e dunque di trattamento. L'eventualità è divenuta più concreta con la scoperta della correlazione tra i livelli di una molecola specifica nel sangue - il Psa, il cui dosaggio è pratico e poco costoso - e il rischio di tumore, che ha determinato un aumento delle diagnosi oncologiche. Nel caso della prostata, alla luce dei risultati di questo studio, la risonanza magnetica può dunque contribuire a ridimensionare questo scenario. Occorrerà però tenere presente che, «tra i pazienti che hanno una risonanza negativa, il dieci per cento ha comunque un tumore - chiosa Briganti -. Motivo per cui è necessario che la risonanza sia effettuata da un radiologo esperto e che sia seguita da un confronto con l'urologo, che potrebbe decidere di effettuare ugualmente una biopsia, per essere più sicuro». La risonanza non farà dunque scomparire la biopsia, ma potrà divenire un'opportunità per evitare che tutti gli uomini si sottopongano a un esame non privo di fastidio. Tutto ciò senza ridurre la capacità di scoprire e curare il tumore della prostata.

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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