Facciamo un po’ di chiarezza sui tumori ereditari
Per decenni i medici ci hanno detto che i tumori, tranne minime eccezioni, non sono ereditari. E questo, pur nella paura di una malattia così temibile, ci tranquillizzava

Per decenni i medici ci hanno detto che i tumori, tranne minime eccezioni, non sono ereditari. E questo, pur nella paura di una malattia così temibile, ci tranquillizzava. Adesso le cose sono cambiate, e i ricercatori hanno cominciato a scoprire un numero sempre crescente di geni (cioè di tratti del Dna capaci di codificare una proteina) che sono in grado di accrescere moltissimo la probabilità di sviluppare un tumore, se vengono trasmessi dai genitori in una forma variata rispetto alla norma. Insomma, è brutto dirlo, ma secondo l’orientamento più recente degli studiosi nasciamo già con una sorta di miccia dentro di noi (una predisposizione) per alcune forme di cancro.
Finora sono state identificate le varianti pericolose di 10 geni. I più noti sono quelli definiti BRCA1 e BRCA2, al centro delle cronache internazionali perché l’attrice Angelina Jolie, portatrice delle forme “cancerogeniche”, ha preferito sottoporsi all’asportazione preventiva di entrambe le mammelle, pur di non sviluppare un tumore (che i geni BRCA mutati rendono molto più frequente).
Ma gli oncologi hanno identificato anche le varianti di altri due geni, MSH1 e MSH2, che incrementano in modo notevolissimo la probabilità di sviluppare un carcinoma del colon. Anche un altro gene, il P53, è considerato un “potenziatore”, in alcuni casi, di diverse forme di cancro. Infine, le varianti di altri cinque geni sono considerate responsabili dell’insorgenza di alcuni tipi rari di tumore.
Ma non basta: solo nel 2013 sono state scoperte le varianti di altri 56 geni, con capacità di incrementare il rischio di tumore (anche se non è ancora ben chiaro come), spiega il professor Giuseppe Pelicci, condirettore scientifico dell’Istituto Oncologico Europeo. E altre centinaia emergeranno nei prossimi anni. L’attenzione è puntata, soprattutto, sulle varianti che predispongono al carcinoma dell’ovaio e a quello della prostata.
Non è bello, naturalmente, pensare che ognuno di noi possa già nascere con un “pacchetto” pericoloso all’interno del suo codice genetico. Ma queste recenti scoperte permettono anche, sul versante opposto, di identificare con estrema tempestività questi tipi di tumore, nelle persone predisposte, e di curarli al meglio. In più - e qui entriamo nel campo della cosiddetta epigenomica - gli oncologi potranno indicare con sempre maggiore precisione a ogni singolo paziente la strada per evitare che il tumore si sviluppi. Insieme alla scoperta delle varianti pericolose si è capito, infatti, che anche le condizioni ambientali influenzano, nell’80% dei casi, la nascita di un tumore (e per condizioni ambientali intendiamo il cibo, la qualità dell’aria, le abitudini malsane come il fumo e il consumo di alcol, l’uso eccessivo di farmaci, la somministrazione di droghe, la vita sedentaria, e altro ancora). E gli scienziati si sono ormai resi conto che esiste una complessa serie di proteine (chiamate globalmente epigenoma) in grado di “sentire” l’ambiente e di modificare la funzione di alcuni geni, compresi quelli capaci di innescare il cancro. Agendo su queste proteine, oltre che sulle condizioni ambientali, si potrà rallentare o bloccare le varianti pericolose del Dna, e dunque l’insorgenza della malattia. Questa è l’ennesima, affascinante sfida dei prossimi anni.
Paolo Rossi Castelli