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Le cure raffinate per il benessere delle cavie animali

Fare il possibile per far stare bene gli animali non è solo etico, è strategico per la riuscita dell'esperimento

Le cure raffinate per il benessere delle cavie animali

Russell e Burch, i due scienziati che elaborarono per la prima volta il concetto delle 3R, (i tre parametri a cui devono uniformarsi tutte le sperimentazioni con cavie animali) definirono la R di raffinazione come il tentativo continuo di migliorare le procedure sperimentali e gli aspetti di stabulazione (ossia tutto ciò che ha a che vedere con l'alloggiamento degli animali) e il loro allevamento così da minimizzare i rischi per il benessere degli animali stessi. Un concetto a prima vista abbastanza basilare, una definizione che vuole dire tutto ma in fin dei conti non dice nulla.

Con gli anni, e con il miglioramento delle tecniche sperimentali e delle conoscenze scientifiche, si è arrivati a distinguere tra le tecniche per preservare il benessere degli animali durante la fase sperimentale, cioè mentre è in atto un esperimento (direct inhumanity), da quelle applicabili durante tutte le altre fasi di vita dell'animale, dal suo arrivo in stabulario fino alla sua morte (indirect inhumanity). Da qui, Buchanan-Smith e altri colleghi arrivarono, nel 2005, a ridefinire il concetto di "refine" (traduzione inglese di raffinare) come "ogni approccio che elimini, alleggerisca o minimizzi il dolore, lo stress e ogni altro effetto avverso, reale o potenziale, sofferto in ogni momento da un animale, o che ne aumenti il benessere nei limiti delle possibilità". Attualmente questa è la definizione più completa di questa R, eppure cosa questo comporti per gli addetti ai lavori resta ancora abbastanza difficile da interpretare per chi, invece, non lo è. Detto in altri termini, cosa significa applicare la R del raffinare nel lavoro di tutti i giorni in stabulario? Ognuna delle 3R che abbiamo visto finora comporta delle difficoltà intrinseche al momento di applicarle, difficoltà che risiedono nella definizione stessa della R: se il rimpiazzo richiede delle tecniche alternative sufficientemente forti da permettere una sostituzione completa o parziale ed è quindi la più difficile da applicare, se la riduzione comporta conoscenze statistiche adeguate per individuare un numero minimo di animali da poter usare ed è quindi la più tecnica, quella che richiede più conoscenze, così la raffinatura di un esperimento è quella più eterogenea, che abbraccia più campi, quindi richiede una visione d'insieme il più possibile completa, ottimale e accurata di quello che gli animali stanno vivendo in stabulario. Ci si riferisce quindi ad ogni tipo di accorgimento che i responsabili di uno stabulario, i veterinari, i ricercatori e gli sperimentatori devono adottare per ridurre al minimo lo stress e la sofferenza degli animali, senza che questo abbia ripercussioni sull'esperimento.

La chiave di questa R è qui. Le difficoltà che abbiamo elencato prima sono direttamente relazionate a una "chiave di svolta", caratteristica di ogni R: se nel rimpiazzo la chiave era poter non usare un animale ottenendo dati della stessa qualità, se nella riduzione la chiave era poter ridurre il numero di animali senza perdere potere statistico, qui si tratta di buone manovre da adottare senza inficiare i risultati finali. È in genere una cosa abbastanza semplice, dato che si tratta di accorgimenti che vengono insegnati nei corsi di base impartiti al personale che dovrà poi lavorare con gli animali. Ad esempio, il cambio periodico delle gabbiette, che, nel mio stabulario va fatto ogni settimana per le gabbiette con più animali e ogni due per le gabbiette con un solo animale, ma questo varia tra strutture diverse. Altro esempio, banalissimo, lasciare per alcune ore gli animali che hanno subito interventi chirurgici su coperte termoelettriche che forniscano loro calore sufficiente a recuperare in maniera più efficace gli effetti della anestesia. Ancora altri esempi sono l'uso di creme antibiotiche in caso di ferite causate da lotte per la supremazia all'interno delle gabbie, l'animal handling -ne avevamo parlato in questo post, si tratta di lasciare che gli animali si abituino alla presenza e all'odore dello sperimentatore- e tantissime altre tecniche, semplici e non, che mirano a fare in modo che l'animale soffra il minor stress possibile durante tutta la sua presenza in stabulario. In tutto questo, però, bisogna tener conto che l'applicazione di queste tecniche non deve influire con l'esperimento in corso. Faccio un esempio molto semplice. Il resident-intruder test è un test usato per misurare il livello di aggressività nei roditori. Si tratta di un test molto semplice, che richiede animali stabulati singolarmente nelle gabbiette: in queste gabbie, l'animale si abitua al proprio odore, ai propri spazi, si organizza un proprio nido e marca il proprio territorio. Il giorno del test, un altro animale viene introdotto dall'esterno nella gabbia e per quattro minuti si osserva il comportamento dell'animale "residente", si misura il numero di aggressioni (eventuali) che fa o subisce nei confronti dell'animale "intruso", che tipo di interazioni stabilisce col suo simile, eccetera. Per poter effettuare questo test, è estremamente importante che l'animale residente sia in una gabbia che abbia il suo odore, in cui sia presente il suo nido e in cui il territorio sia ben marcato e se lo sperimentatore, per rispondere alla R della raffinatura, dovesse cambiare la gabbietta dell'animale prima di effettuare il test, i risultati potrebbero essere compromessi. In un caso simile, quando si sottoporrà il protocollo sperimentale al comitato etico (ve lo ricordate?) si specificherà che, per ragioni pratiche, il cambio della gabbia avverrà dopo e non prima aver effettuato questo test.

Nella Direttiva Europea 2010/63/UE, di cui abbiamo già parlato, c'è una intera sezione dedicata ai "Requisiti per gli stabilimenti e per la cura e la sistemazione degli animali". Si tratta dell'allegato III, una sezione di 18 pagine in cui si definisce ogni singolo aspetto della stabulazione per poter applicare al meglio questa R così vasta e così fondamentale, giusto per stare sicuri che nessuno venga poi a lamentarsi che "nessuno glielo aveva detto". In una parte di questo allegato, al punto 3.3b, si definiscono gli "arricchimenti". Di cosa si tratta? Leggo nel testo:

"Tutti gli animali dispongono di spazio sufficientemente complesso che consenta loro di esprimere un ampio repertorio di comportamenti normali. Essi dispongono di un certo grado di controllo e di scelta rispetto al proprio ambiente per ridurre comportamenti indotti da stress. Gli stabilimenti mettono in atto tecniche adeguate di arricchimento per ampliare la gamma di attività a disposizione degli animali e aumentare la loro capacità di risposta tra cui l’esercizio fisico, il foraggiamento e le attività di manipolazione e cognitive adeguate alle specie interessate. L’arricchimento ambientale offerto negli alloggiamenti è adattato alle specie e alle esigenze individuali degli animali. Le strategie di arricchimento negli stabilimenti sono riviste e aggiornate periodicamente."

In genere è comune pensare che più un animale in cattività si comporti come un animale in natura, meno sarà stressato. Vero, ma non sempre: il comportamento, soprattutto nelle specie mammifere, è un misto di componenti genetiche e componenti ambientali. L'affermazione "più è simile alla vita in natura, più produrrà benessere" è valido solo per la componente genetica del comportamento, ma il comportamento è fortemente influenzato anche dall'ambiente che circonda l'animale (vale anche per l'uomo), quindi è naturale aspettarsi che un animale in cattività abbia comportamenti, e di conseguenza, esigenze, differenti rispetto alla sua "controparte" in natura. Cosa sto cercando di dire? Cerco di spiegare che, quando si tratta di scegliere un arricchimento ambientale con cui cercare di aumentare il benessere di una colonia di animali, bisogna tenere in conto che non necessariamente un arricchimento che imiterà le condizioni di vita in natura sarà utile allo scopo, ma che gli arricchimenti vanno scelti in base alla loro provata ed effettiva efficacia in cattività. Faccio un esempio banalissimo. Se scelgo di mettere nelle gabbiette della segatura, starò facendo un arricchimento positivo: la segatura produrrà un terreno ruvido, su cui i topi e i ratti potranno camminare meglio, per via della conformazione delle loro zampe, evolutesi per camminare su terreni terrosi (componente genetica); sto, in pratica riproducendo una situazione di vita in natura positiva per l'animale. Se, nella gabbietta, metto un bicchierino contenente dell'urina di gatto, starò facendo un arricchimento negativo. È vero, nella vita in natura, gli animali vengono a contatto con odori di questo tipo e quando annusano urina di gatto, avvertono un pericolo e scappano: riprodurre questa situazione in cattività, pur riproducendo una situazione "in natura", stresserà inutilmente l'animale, il quale non potrà scappare da quella situazione perché in gabbia (componente ambientale).

La conclusione, in questo caso, è più semplice, ma presuppone conoscenze molto dettagliate del comportamento animale. Applicare la raffinatura è fondamentale per il benessere degli animali che, come ripetiamo spesso su questo blog, è a sua volta fondamentale per la buona riuscita dell'esperimento (quindi per arrivare prima dove vogliamo arrivare e usare meno animali), oltre che ovviamente essere un obbligo etico da parte dello sperimentatore. Tuttavia i criteri con cui applicarla sono estremamente variabili, dipendono dalle condizioni in cui si effettuano gli esperimenti e devono portare ad un effettivo beneficio per l'animale. Applicare questa R è facile, decidere come applicarla, beh... Lì è un'altra storia.



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