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Redazione
pubblicato il 06-12-2011

Non diamo alle donne farmaci studiati su uomini



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A Bruxelles il primo Summit europeo della medicina ”di genere”. Corpo femminile e corpo maschile non sono uguali, basta dunque con diagnosi e cure nate da una sperimentazione solo su maschi

Non diamo alle donne farmaci studiati su uomini

A Bruxelles il primo Summit europeo della medicina ”di genere”. Corpo femminile e corpo maschile non sono uguali, basta dunque con diagnosi e cure nate da una sperimentazione solo su maschi

8 e 9 novembre: siamo alla data storica del primo “Summit europeo di genere”, sede ovvia quella del Parlamento europeo, Bruxelles. Con questa ufficialità si vuole evidenziare e sostenere una svolta nella medicina che i primi pionieri hanno cominciato a invocare negli anni ’90: si devono studiare la fisiologia, le diagnosi, le terapie anche sul corpo delle donne, anziché “desumerle” dagli studi standard sull’uomo.

MASCHIO BIANCO DI 70 KG- Già il nostro Comitato nazionale di Bioetica, raccomandando di attuare per i farmaci “la sperimentazione distinta per sesso, anche se poco redditizia”, ha deprecato che la donna in tali studi sia considerata “una mera variabile” dei maschi. Che le vengano prescritti, per esempio, dosaggi stabiliti su peso, fisiologia, metabolismo, ormoni maschili. «Per la precisione: di un maschio caucasico, dunque bianco, di 70 kg», precisa sorridendo la professoressa Flavia Franconi, una pioniera nel nostro paese di questa battaglia. Insegna farmacologia cellulare e molecolare nella facoltà di Farmacia all’Università di Sassari e ha fondato il primo dottorato in Europa di farmacologia di genere.

PRESTO UN “MANIFESTO”- In partenza per Bruxelles, spiega che in quella sede si intende stilare un “Manifesto per un’azione integrata sulla dimensione di genere nella scienza” con linee guida che l’Europa dovrebbe adottare. Per esempio, l’obbligo che nell’ordinamento didattico di medici, farmacisti, infermieri rientri la medicina di genere.

Per sgomberare il campo dall’idea che si tratti di una battaglia ideologica, impregnata di femminismo, la Franconi cita subito: «Ci sono molti pregiudizi anche a danno del maschio. Un esempio: l'osteoporosi è studiata solo sulle donne in quanto ne soffrono in 4 milioni. Ma di uomini sono ben 800mila quelli con osteoporosi, e gli studi su di loro sono nulli. Così per il tumore alla mammella, che colpisce anche (pochi) uomini. Quella che si vuole perseguire è una medicina equa e basata sull’evidenza: evidenza sui maschi, evidenza sulle femmine, e pure evidenza sui bambini, divisi per genere». Puro metodo scientifico.

«Una volta che si adottino gli occhiali di genere -, continua la docente - si vedono pregiudizi da tutte le parti. Le cinture delle auto sono calcolate sugli uomini, così i gradini per salire sui treni. E se le donne soffrono più dell’altro sesso di dolori osteoarticolari, non è legittimo chiedersi se, almeno in parte, ciò non dipenda dal fatto che tutti gli strumenti di lavoro sono disegnati per gli uomini?».

STUDI DEL BIKINI- Negli ultimi anni è aumentato l’arruolamento delle donne nella sperimentazione dei farmaci, ma i livelli sono ancora troppo bassi, lamenta la Food and Drug Administration Usa. Certamente per tutto quanto riguarda la riproduzione, a essere testate sono solo le donne, è ovvio. A tal proposito c’è chi ha ironizzato parlando di medicina del bikini: solo seno e organi riproduttivi sono riconosciuti come specificità femminile.

VERONESI E LA GENOMICA- Favorevole a questa tendenza scientifica, il professor Umberto Veronesi ricorda che si va verso una ancor maggiore personalizzazione delle diagnosi e cure perché «siamo ormai in era post-genomica e all’orizzonte si profila una terapia disegnata su misura del profilo genetico del singolo». Aggiunge attingendo dalla sua esperienza: «Nei grandi trials, cioè nei grandi studi clinici che ho condiviso o diretto, una delle sfide scientifiche è stata proprio quella di adeguare il dosaggio dei farmaci, quasi sempre concepito “al maschile”. Non solo diminuendolo, il che è tutto sommato semplice, ma operando una sorta di concertazione tra le caratteristiche del farmaco e le caratteristiche specifiche di un tumore che si instaura in un organismo di donna e che risponde a dinamiche (ormonali, ma non solo) che sono proprie del sesso femminile».  

Serena Zoli


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