Chiudi
I nostri ricercatori
Chiara Segré
pubblicato il 12-05-2014

Cerco di educare le cellule contro il tumore



Aggiungi ai preferiti

Registrati/accedi per aggiungere ai preferiti

Siciliana di 32 anni, Serena Rubina Baglio lavora tra l’Italia e l’Olanda e studia come l’osteosarcoma manipola a proprio vantaggio le cellule sane circostanti

Cerco di educare le cellule contro il tumore

I nostri ricercatori: la nuova rubrica per conoscere gli scienziati finanziati con le vostre donazioni

I tumori sono malattie estremamente complesse, che coinvolgono meccanismi molecolari sofisticati e intricati; ad esempio, le cellule maligne intessono relazioni col tessuto in cui si sviluppano, “ingannando” le cellule sane e manipolandole per i propri interessi: sostenere la propria crescita e la disseminazione in altri organi. Lo studio della comunicazione tra cellule del tumore e cellule sane è un settore molto innovativo e promettente della ricerca oncologica, ed quello in cui è impegnata Rubina Baglio, biotecnologa siciliana di 32 anni.

 

UNA SOLIDA FORMAZIONE

Dopo gli studi classici a Caltanissetta, sua città natale, Rubina si è trasferita a Bologna per proseguire gli studi universitari. Nella città felsinea ha conseguito una Laurea quinquennale in Biotecnologie Farmaceutiche e successivamente il Dottorato di Ricerca in Biotecnologie Mediche presso l’Istituto Ortopedico Rizzoli. Infine, si è specializzata ulteriormente conseguendo anche una Laurea Magistrale in Biologia Molecolare e Cellulare.

Ed è proprio all’Istituto Rizzoli che Rubina è ritornata, dopo un anno all’estero nei Paesi Bassi, e lavora come ricercatrice post-dottorato nel Laboratorio di Fisiopatologia Ortopedica e Medicina Rigenerativa, diretto dal Professor Nicola Baldini. «In aprile però mi trasferirò nuovamente in Olanda, dove potrò continuare le mie ricerche, grazie anche alla borsa ricevuta da Fondazione Veronesi». Rubina ha infatti vinto una borsa di studio per i suoi studi in ambito oncologico, in particolare sull’osteosarcoma.

 

IL TUMORE “DESPOTA”

L’osteosarcoma è un tumore delle ossa che colpisce soprattutto bambini e adolescenti durante la crescita del tessuto scheletrico. «É un tumore molto aggressivo e che dà facilmente metastasi; in questi casi, la probabilità di sopravvivenza non supera purtroppo il 30%» spiega Rubina. C’è ancora molto da conoscere e da studiare per comprendere meglio lo sviluppo dell’osteosarcoma e poter offrire ai giovani pazienti cure più efficaci e migliori speranze di guarigione. Ecco perché ricerche come quella di Rubina sono fondamentali.

Rubina studia un aspetto particolare dell’osteosarcoma, ovvero la sua capacità di “manipolare” le cellule sane del tessuto in cui si sviluppa. «Quando pensiamo a un tumore lo dobbiamo immaginare immerso in microambiente tumorale, dove sono presenti anche cellule sane. Le cellule maligne sono in grado di comunicare con le cellule ‘normali’, “educandole” a proprio vantaggio» illustra Rubina.

Il tumore quindi è un po’ come un despota che sottomette come “sudditi” al suo servizio le cellule sane del tessuto circostante, tra cui le cellule stromali, che danno sostegno al resto del tessuto, sia sano sia tumorale. Ma come fa l’osteosarcoma a comunicare con le cellule stromali e “assoggettarle” ai suoi ordini?

«Le cellule di osteosarcoma rilasciano delle piccole vescicole, chiamate esosomi; questi contengono diverse molecole-segnale che potrebbero “istruire” le cellule sane stromali a fare gli interessi delle cellule maligne, favorendo quindi la loro crescita e la formazione di metastasi» conclude Rubina.

 

DESTINAZIONE AMSTERDAM

Rubina a breve si trasferirà al VU University Medical Center di Amsterdam, per continuare le sue ricerche nel gruppo del Dottor Michiel Pegtel. Non è la prima volta che va in Olanda per motivi professionali: durante il dottorato ha trascorso otto mesi al prestigioso  Netherlands Cancer Institute e successivamente un anno proprio al VU University Medical Center.

La scelta di andare all’estero è stata consapevole e fortemente voluta: «Ho sempre ritenuto importante nel percorso di formazione di un ricercatore  il confronto con culture e con ambienti scientifici internazionali».  

All’estero inoltre si investe molto di più sulla ricerca scientifica. «Questo dà la possibilità ai ricercatori di svolgere il proprio lavoro con maggiore serenità e in tempi molto più brevi e pertanto influisce positivamente sulla motivazione del ricercatore» conclude Rubina. Entrambe le esperienze olandesi sono state per Rubina uno strumento di grande crescita, professionale e soprattutto personale. «Ho instaurato rapporti di amicizia molto profondi con persone molto diverse da me».

 

E IN FUTURO?

Come molti suoi colleghi scienziati, nonostante la precarietà e l’incertezza nel lavoro del ricercatore, Rubina non ha dubbi: «Non riesco a vedermi in altro modo se non come ricercatrice, in Italia o all’estero, ma con una famiglia».

Per Rubina, lavorare nella ricerca scientifica non è semplicemente un lavoro: «Per me è un privilegio. Fare ricerca permette di esprimere la propria creatività, fornisce sfide e stimoli continui e sempre diversi, e soprattutto mi restituisce la consapevolezza di fare davvero qualcosa per chi si aspetta da noi delle risposte. Queste sono le soddisfazioni più grandi».

Sostieni i nostri ricercatori con un gesto che non costa nulla: destina il 5x1000 alla Fondazione Veronesi Ecco come fare 

Chiara Segré
Chiara Segré

Chiara Segré è biologa e dottore di ricerca in oncologia molecolare, con un master in giornalismo e comunicazione della scienza. Ha lavorato otto anni nella ricerca sul cancro e dal 2010 si occupa di divulgazione scientifica. Attualmente è Responsabile della Supervisione Scientifica della Fondazione Umberto Veronesi, oltre che scrittrice di libri per bambini e ragazzi.


Articoli correlati


In evidenza

Torna a inizio pagina