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Oncologia
Redazione
pubblicato il 12-09-2011

Il melanoma ora fa meno paura



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Dopo anni di stasi, due nuove molecole per la cura del melanoma. Oncologi riuniti nel più importante convegno mondiale ne illustrano le grandi potenzialità

Il melanoma ora fa meno paura

CHICAGO - «Il melanoma, sebbene sia un tumore molto aggressivo, ha l’enorme vantaggio di essere immediatamente visibile e diagnosticabile: con più attenzione da parte delle persone, una migliore prevenzione e dunque diagnosi precoci sarebbe possibile evitare quei 1.600 tumori scoperti ogni anno in Italia quando sono ormai metastatici e lasciano poche speranze». A sottolineare le grandi possibilità, ancor troppo spesso sprecate, di “giocare d’anticipo” contro la più diffusa forma di neoplasia della pelle è Alessandro Testori, direttore della Divisione melanomi e sarcomi muscolo cutanei dell'Istituto europeo di oncologia di Milano. L’esperto parla da Chicago, dove si è tenuto nei giorni scorsi il congresso dell’Associazione americana di oncologia (Asco, il più importante appuntamento mondiale per gli specialisti) e dove – dopo decenni di stallo – anche per il melanoma sono state segnalate importanti novità terapeutiche, dedicate proprio ai pazienti più “delicati”, quelli con una malattia in fase avanzata.

NUOVE ARMI CONTRO LE METASTASI – Quando il melanoma viene diagnosticato in fase metastatica, purtroppo, le possibilità di cura sono limitate. Ora però – dopo decenni di ricerche fallite - le cose stanno cambiando, grazie soprattutto alle “target therapies”, farmaci che colpiscono specifiche mutazioni genetiche del tumore. All’Asco, infatti, sono stati presentati due importanti studi per i pazienti con tumore in stadio avanzato e due farmaci (ipilimumab, questo il nome della molecola, prodotta da Bristol-Myers Squibb, e vemurafenib dalla Roche) che hanno dimostrato di allungare la sopravvivenza e ridurre il rischio di morte a breve termine. Si tratta di medicinali giunti all’ultima fase di sperimentazione e pertanto non ancora in commercio, ma ricevibili solo all’interno di protocolli sperimentali. Entrambe le molecole hanno una tossicità ridotta, con effetti collaterali riguardanti per lo più eruzioni cutanee, e sono state generalmente ben tollerate dai partecipanti ai trial.

ECCO COME FUNZIONANO - Nello specifico, una ricerca ha provato che l’uso della molecola “rafforza-difese immunitarie” ipilimumab, in prima linea in combinazione con la chemioterapia standard, migliora la sopravvivenza in misura notevole: dopo tre anni di cura, infatti, è vivo il 20-25 per cento dei malati contro il solo 5 per cento del passato. «Si tratta - chiarisce il direttore della Divisione di oncologia e immunoterapia del Policlinico di Siena Michele Maio, dove parte dei test sono stati condotti - di curare il melanoma con un approccio nuovo e rivoluzionario, l’immunoterapia che agisce rafforzando le cellule del sistema immunitario, che diventano così in grado di cercare e distruggere le cellule cancerose». Molto positivi si sono rivelati anche i dati sulla piccola molecola sperimentale vemurafenib, a somministrazione orale, progettata per colpire selettivamente una forma mutata cancerogena della proteina Braf, che si trova nella metà di tutti i casi di melanoma. «Anche i pazienti con malattia avanzata rispondono brillantemente al trattamento in soli 15 Giorni – dice Paolo Ascierto, direttore dell’Unità di oncologia medica e terapie innovative all’Istituto dei tumori Fondazione Pascale di Napoli, secondo centro al mondo per reclutamento di pazienti nel trial -. Il farmaco porta a una diminuzione del 63 per cento del rischio di decesso, e un calo significativo del rischio di peggioramento della malattia, del 74 per cento rispetto alla chemioterapia». Secondo gli esperti, la combinazione tra i due farmaci potrebbe essere mortale per il melanoma, tanto che le due case farmaceutiche hanno deciso di coalizzarsi e hanno già siglato un accordo per far partire una sperimentazione congiunta su entrambe le molecole.

Vera Martinella


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