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Il buon uso delle parole

Le parole hanno un'energia che va oltre il loro suono. Chi se ne prende la responsabilità?

Il buon uso delle parole

In questi giorni a proposito del Coronavirus sentiamo parole su parole. Parole, aggettivi, avverbi pronunciati spesso in libertà da pseudo-esperti, assurti a opinion leader, senza pensare all’impatto su chi le ascolta, pronunciate da costoro pur di dire qualcosa su una realtà ancora incerta.

Le parole hanno un’energia che va oltre il loro suono, hanno un potere enorme sullo stato d’animo di chi ascolta perché generano “effetti”. Bisogna avere la responsabilità dell’”effetto” che provocano.

Il protagonismo di chi le pronuncia è una brutta tentazione che non fa riflettere sull'opportunità e sui tempi in cui pronunciarle. Bisogna che le parole siano chiare, senza interpretazioni opinabili: nel caso di una epidemia, usate male, possono avere effetti preoccupanti sui comportamenti delle persone e minare la fiducia. E’ qui che devono lavorare i “motori di speranza”! E motori di speranza sono gli scienziati che ti informano correttamente, che ti forniscono dati certi, che non ti illudono, ma ti danno strumenti positivi per andare avanti, che non terrorizzano, ma sostengono una comunità dubbiosa, che ti dicono verità e non pareri personali e, soprattutto, che usano bene le parole in modo univoco e non contraddittorio e aiutano la popolazione a avere fiducia nelle pratiche preventive, vaccini inclusi.



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