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Cardiologia
Daniele Banfi
pubblicato il 14-09-2015

Medicina di genere: quando essere donna fa la differenza



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Le diversità strutturali influiscono sulla cura di molte malattie. Ecco perché bisogna studiare l’influenza del sesso nell’evoluzione delle patologie. Anche di questo si parlerà a “The Future of Science”

Medicina di genere: quando essere donna fa la differenza

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Uomini e donne, diversi in tutto, soprattutto nel cuore. Non è questione di sentimenti ma di come siamo fatti. Tra i due sessi intercorrono molte più differenze di quanto si possa pensare. Anche se oggi i dati in letteratura sono ancora parziali, quelle poche evidenze ci dicono che esistono differenze enormi in base al genere e che queste possono però influenzare direttamente il modo di fare prevenzione, diagnosi e cura. Ecco perché sempre più numerose università stanno cominciando a studiare ed investire sempre di più nella “medicina di genere”. Una di esse è l’Università di Padova, la prima in Italia ad aver istituito una cattedra dedicata diretta dalla professoressa Giovannella Baggio. Proprio su questo argomento la professoressa interverrà a Venezia nel corso della conferenza “The Future of Science”.

The Future of Science: scopri il programma

 

DONNE POCO STUDIATE

«Negli ultimi 40 anni, più o meno da quando mi sono laureata, la medicina ha cambiato volto. In questo lasso di tempo abbiamo goduto di scoperte straordinarie ottenute però su casistiche maschili. Fanno eccezione alcune malattie, come osteoporosi e depressione, che sono state studiate soprattutto su donne» spiega l’esperta. Un modo di operare che nel tempo ha mostrato tutti i suoi limiti. Quello più evidente riguarda le malattie cardiovascolari. In passato queste patologie non erano studiate nelle donne perché tipicamente in loro si manifestano dopo i 60 anni, ben dopo rispetto all’uomo. Eppure, secondo un recente studio presentato al congresso dell'European Society of Cardiology (ESC) di Londra -uno dei più importanti appuntamenti mondiali dedicati alle malattie cardiovascolari- il 51% delle morti nelle donne avviene per malattie cardiovascolari. Negli uomini la percentuale è del 41%.

Finalmente le donne vengono curate perchè donne

 

SINTOMI DIFFERENTI

Oggi, con l’allungamento dell’aspettativa di vita media, stanno emergendo sempre più profonde differenze su come le malattie cardiache colpiscono i due sessi. Un esempio? «Nelle donne i sintomi dell’infarto sono differenti: mentre nell’uomo si verifica un dolore al braccio e un senso di oppressione al petto, questa sintomatologia nella donna compare solo in uno stadio molto avanzato della malattia. Questo fa sì che in vari casi la diagnosi nella donna sia tardiva, con le conseguenze che ne derivano. Anche una morte altrimenti evitabile» spiega la professoressa Baggio.

 

IL PESO DEI FATTORI DI RISCHIO

Ma le novità non finiscono qui perché le differenze ci sono anche per quanto riguarda i fattori di rischio. Sempre dai risultati presentati all’ESC si evince che mentre nell'uomo i maggiori fattori di rischio sono il diabete e il fumo, nelle donne il rischio di andare incontro ad eventi cardiovascolari è principalmente dovuto alla poca attività fisica e alla scarsa propensione a seguire una dieta sana ed equilibrata come quella Mediterranea. Non solo, nel corso del congresso londinese è emerso un altro dato molto interessante sul “dopo malattia”. In seguito ad un evento cardiovascolare le possibilità di recupero sono più alte negli uomini rispetto alle donne.

L'infarto nelle donne è spesso silenzioso

 

PIU’ RICERCA SULLE DONNE

Risultati importanti - ma non riguardano solo il campo delle malattie cardiovascolari - che indicano chiaramente la necessità di studiare ed investire di più sulla medicina di genere. «Questa branca della medicina non è una specialità ma una nuova dimensione trasversale a tutte le specialità della medicina che vuole studiare l’influenza del sesso e del genere nella fisiologia e nella fisiopatologia umana, come si instaurano le malattie, come si evolvono e soprattutto come si curano. Grazie alla farmacogenomica stiamo imparando che ci sono pazienti che rispondono di più a un dato farmaco perché sono portatori di una data mutazione puntiforme. Trascuriamo invece una particolarità ben più “macro” come la differenza di un cromosoma intero» conclude Giovannella Baggio.


@danielebanfi83

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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