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Ginecologia
Raffaella Gatta
pubblicato il 08-03-2024

Malattie autoimmuni: perché le donne sono più colpite?



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Una molecola chiamata "Xist" sembra essere una dei maggiori responsabili dell’insorgenza delle malattie autoimmuni. Ma le evidenze sono ancora deboli

Malattie autoimmuni: perché le donne sono più colpite?

Perché le donne sono più soggette a sviluppare malattie autoimmuni? La risposta sembra celarsi in Xist, una molecola la cui funzione è quella di inattivare in maniera del tutto casuale uno dei due cromosomi X femminili. Xist, formando particolari complessi con il nostro materiale genetico (Dna e RNA), sarebbe in grado di attivare e stimolare la risposta immunitaria aumentando così la possibilità di sviluppare malattie autoimmuni come lupus e artrite reumatoide. A mostrarlo è uno studio pubblicato su Cell da un gruppo internazionale di scienziati guidati da Howard Y. Chang dell'Università di Stanford. 

LE MALATTIE AUTOIMMUNI

Le malattie autoimmuni rappresentano la terza categoria di disturbi più diffusi, superata solo dal cancro e dalle malattie cardiovascolari. Oggi in Italia a soffrirne sono oltre 5 milioni di persone. Generalmente, 4 pazienti su 5 con malattie autoimmuni sono donne. Alcuni esempi di malattie con una netta prevalenza femminile sono l'artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico (LES), la sindrome di Sjögren e la sclerosi sistemica.

IL RUOLO DEL CROMOSOMA X

Mentre il ruolo degli ormoni nell’insorgenza di queste malattie è stato ormai definito, dati recenti dimostrano che anche il "dosaggio" del cromosoma X possa essere sfruttato per prevedere il rischio di autoimmunità indipendentemente dal sesso o dallo stato ormonale, sia nell’uomo che nei modelli di laboratorio. Un indizio è arrivato proprio dagli uomini affetti da una condizione rara, la sindrome di Klinefelter, caratterizzata dalla presenza di due cromosomi X e un cromosoma Y. Poiché questi uomini presentano un rischio significativamente maggiore di sviluppare malattie autoimmuni, il numero di cromosomi X sembra giocare un ruolo importante.

LO STUDIO

Nelle donne la molecola Xist disattiva casualmente uno dei cromosomi X per evitare un eccesso di produzione di proteine. I ricercatori di Stanford hanno identificato più di 100 proteine che si legano direttamente o indirettamente a Xist. Queste proteine sono coinvolte in malattie autoimmuni. I ricercatori, dunque, hanno creato modelli di topo maschio che producono Xist per vedere se questi presentavano una maggiore incidenza di malattie autoimmuni. In alcuni di questi topi hanno indotto il lupus con un composto chimico. Ciò che hanno scoperto è che Xist forma complessi molecolari insoliti che causano una forte risposta simile a quella tipica delle malattie autoimmuni. Questo porta alla produzione di cellule B anomale e ad una regolazione ridotta del sistema immunitario. Nei topi maschi, i livelli di Xist sono simili a quelli delle femmine e significativamente più alti dei topi maschi normali. Queste anomalie immunitarie possono danneggiare gli organi e causare sintomi tipici delle malattie autoimmuni in individui geneticamente predisposti. Inoltre, analizzando il sangue di pazienti con malattie autoimmuni come sclerosi sistemica, dermatomiosite e lupus, i ricercatori hanno trovato proteine specifiche legate a Xist, che possono causare autoimmunità e stimolare la produzione di autoanticorpi.

IL COMMENTO

«Sebbene lo studio cerchi di spiegare le differenze di genere nella suscettibilità alle malattie autoimmuni sistemiche attraverso l’analisi di potenziali meccanismi, bisogna considerare questi risultati ancora preliminari» ha spiegato il dottor Lorenzo Beretta, responsabile Malattie Autoimmuni Sistemiche, Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico. Che aggiunge: «Il tipo di modello animale usato, utile principalmente nello studio del lupus, in condizioni sperimentali controllate può non riflettere la complessità delle interazioni molecolari come avviene nell’organismo vivente, così come l’espressione variabile nel tempo delle molecole studiate» spiega il dottor Beretta. «Questa cinetica può influenzare in maniera significativa la stimolazione del sistema immunitario, facendo rimanere aperta la questione di quando e per quanto tempo uno stimolo esterno sia efficace e sufficiente per generare una risposta anomala in grado di portare alla comparsa di una malattia conclamata».

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