Il diabete mellito di tipo 1 è una malattia cronica causata dalla distruzione, su base autoimmunitaria, delle cellule beta del pancreas che producono insulina. La distruzione di queste cellule comporta un’insufficiente produzione dell’ormone fondamentale nel metabolismo dei carboidrati (insulina), determinando l’incapacità dei tessuti dell’organismo di utilizzare glucosio a fini energetici e, quindi, comportando l’aumento della concentrazione di glucosio circolante nel sangue (iperglicemia).
CHE COS’È IL DIABETE DI TIPO 1
Classicamente, il diabete mellito di tipo 1 esordisce in epoca infanto-giovanile, ma non sono rare presentazioni in età adulta. Generalmente ha esordio acuto, ma alcune forme di diabete autoimmune possono avere, invece, una più lenta progressione come è il caso del diabete tipo LADA (latent autoimmune diabetes of the adult).
SINTOMI DEL DIABETE DI TIPO 1
I sintomi più comuni del diabete mellito di tipo 1 sono enunciati dalla classica triade caratterizzata da: poliuria (aumento del quantitativo di urina), polidipsia (aumento della sete) e polifagia (aumento del senso di fame) cui si associa spesso perdita di peso, nausea, vomito, debolezza muscolare, astenia, alterazioni della vista e infezioni genitali. La malattia può presentarsi anche in modo acuto e drammatico con il quadro della chetoacidosi diabetica. Questa condizione, potenzialmente letale, è il risultato della mobilizzazione di altre fonti metaboliche di energia (i grassi depositati nel tessuto adiposo) con la formazione e accumulo di corpi chetonici.
Il paziente con chetoacidosi diabetica può presentare nausea, vomito, dolore addominale, alito con odore di acetone , respirazione anomala (respiro di Kussmaul), confusione mentale e, in alcuni casi, coma. Il diabete mellito di tipo 1, essendo una malattia cronica, se non opportunamente trattato, può portare nel tempo a delle complicanze che vengono classificate in macrovascolari (che coinvolgono i grossi vasi) e microvascolari (che coinvolgono i piccoli vasi). Tra le complicanze macrovascolari troviamo l’infarto del miocardio, l’ictus, l’arteriopatia obliterante agli arti inferiori. Il coinvolgimento dei piccoli vasi, le cosiddette complicanze microvascolari, comprendono la nefropatia, la retinopatia e la neuropatia.
Queste complicanze possono portare a insufficienza renale cronica con necessità di dialisi o trapianto di rene, riduzione fino alla perdita della acuità visiva e alterazioni della innervazione soprattutto degli arti inferiori che, unitamente ad eventuali alterazioni della circolazione ematica, possono favorire la comparsa di lesioni ulcerative a carico degli arti inferiori (piede diabetico). La complicanza comunque più frequente nella persona con diabete di tipo 1 è l’eccessiva riduzione della glicemia (ipoglicemia) dovuta a una terapia insulinica inadeguata.
DIAGNOSI DEL DIABETE DI TIPO 1
La diagnosi di diabete mellito di tipo 1, diversamente dal tipo 2, avviene quasi sempre in occasione della comparsa dei tipici sintomi d’esordio della malattia: poliuria, polidipsia e polifagia. La diagnosi viene confermata dal riscontro di valori di glucosio nel sangue (glicemia) nel corso della giornata superiori a 200 mg/dL e/o il riscontro nelle urine di zucchero e in alcuni casi di corpi chetonici, o da un valore di glicemia a digiuno ≥ 126 mg/dl. La diagnosi può poi essere confermata dalla ricerca di autoanticorpi (anti-GAD, anti-IA2 e anti-trasportatore 8 dello zinco) indicativi della natura autoimmune della malattia e dalla verifica della residua secrezione endogena di insulina mediante la determinazione dei livelli circolanti di C-peptide.
La produzione di insulina, nel diabete tipo 1, è marcatamente ridotta se non addirittura completamente assente.
COME SI CURA IL DIABETE DI TIPO 1
L’insulina è un ormone essenziale alla sopravvivenza perché è il principale regolatore dell’utilizzo e immagazzinamento delle fonti energetiche (zuccheri e grassi) del nostro organismo. Pertanto, in presenza di un deficit marcato della produzione di questo ormone, la soluzione terapeutica è la sua somministrazione dall’esterno. L’insulina non può essere assunta per bocca perché viene degradata dai processi digestivi e deve, quindi, essere somministrata per via iniettiva sottocutanea. A tal fine si utilizzano insuline con due principali caratteristiche: le insuline basali e le insuline pronte. Le insuline basali hanno una durata compresa tra le 16 e le 28 ore, si somministrano generalmente in un’unica occasione (tipicamente la sera) e servono a garantire i livelli basali di insulina importanti per il controllo della glicemia nel corso del digiuno notturno e al risveglio, così come i livelli di glicemia tra un pasto e l’altro. Le insuline pronte sono insuline che entrano rapidamente in circolo, determinano un rapido innalzamento dei livelli di insulina per poi esaurirsi nell’arco di 4-6 ore. Il loro impiego serve a controllare la glicemia in occasione dell’assunzione di cibo e, quindi, vengono iniettate per via sottocutanea prima di ogni pasto.
Una soluzione alternativa è la somministrazione sottocutanea continua di insulina mediante un microinfusore che viene programmato a seconda della bisogna dell’individuo. Le dosi di insulina, sia nel caso delle iniezioni che del microinfusore, devono essere adeguate in base alle misurazioni delle glicemie da parte della persona con diabete (automonitoraggio). Questo avviene tipicamente con la misurazione estemporanea della glicemia su sangue capillare (ottenuto con la puntura di un polpastrello) con appositi glucometri. Più recentemente sono stati introdotti sistemi in grado di monitorare di continuo la glicemia previo posizionamento di un sensore a livello sottocutaneo. L’evoluzione di questi sistemi è stato il collegamento tra sensore della glicemia e sistema di infusione di insulina governato da un algoritmo in grado di calcolare automaticamente almeno il fabbisogno basale di insulina, lasciando alla persona con diabete la titolazione della dose di insulina necessaria per i vari pasti.
Soluzione alternative sono rappresentate dal trapianto di isole pancreatiche o di pancreas. Entrambe le soluzioni sono riservate a casi scelti con cura nei quali il rapporto tra i benefici del trapianto e la necessità di instaurare una terapia immunosoppressiva continua deve essere opportunamente valutato. Il ricorso a cellule staminali rimane, al momento, un ambito di attiva ricerca ma non di applicazione clinica. In fase di sperimentazione avanzata è invece il ricorso a cellule capaci di produrre insulina, incapsulate in opportuni sistemi da impiantare a livello sottocutaneo capaci di rifornire l’organismo della necessaria produzione dell’ormone. Altrettanto attiva è la ricerca per una efficace prevenzione che sia in grado di conferire tolleranza immunitaria nei confronti dei processi che portano alla distruzione delle cellule beta del pancreas.Recente è l’introduzione negli Stati Uniti di terapie monoclonali da utilizzare in soggetti a rischio per ritardare la comparsa della malattia.
L’obiettivo della terapia del diabete tipo 1 è quello di raggiungere e mantenere un valore di emoglobina glicata (HbA1c, un indicatore dei livelli medi di glicemia nel corso dei 2-3 mesi precedenti il momento della sua determinazione) uguale o inferiore a 7%, con il minor numero possibile di ipoglicemie. Questo obiettivo terapeutico è stato identificato in studi su larga scala come il valore che comporta una maggiore riduzione del rischio di sviluppare le complicanze croniche della malattia. Parte integrante della gestione del diabete tipo 1 è l’automonitoraggio della glicemia, il periodico controllo della HbA1c e il regolare controllo presso lo specialista diabetologo di fiducia con screening per le complicanze.
QUANTO È DIFFUSO
Il diabete mellito di tipo 1 è la più comune malattia metabolica dell’infanzia e si stima che nel 2015 più di 542 mila bambini in tutto il mondo convivessero con tale condizione morbosa. Negli Stati Uniti, circa 1,25 milioni di persone hanno questa malattia. In Europa, Medio Oriente e Australia l’incidenza del diabete di tipo 1 è in costante aumento (2-5% all’anno). La prevalenza è massima in Scandinavia e minima in Cina e Giappone. In Italia ogni anno si rilevano 84 nuovi casi per ogni milione di persone, con tassi di incidenza massimi in Sardegna. Si stima che siano più di 250 mila i cittadini italiani con diabete di tipo 1.
Consulenza: Stefano Del Prato, Professore Affiliato, Centro di Ricerca Interdisciplinare “Health Science” della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa
NOTA BENE: le informazioni in questa pagina non possono sostituire il parere e le spiegazioni del tuo medico