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Serena Zoli
pubblicato il 18-09-2012

Imitare le foglie per ricavare elettricità



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Le ridottissime misure usate dalle nanotecnologie permettono di imitare i meccanismi base della vita: così si è riusciti a mimare la fotosintesi delle piante in modo da ottenere energia dai raggi solari. Le loro applicazioni stanno già invadendo i nostri salotti. In India gli zaini che si illuminano la sera...

Imitare le foglie per ricavare elettricità

Le ridottissime misure usate dalle nanotecnologie permettono di imitare i meccanismi base della vita: così si è riusciti a mimare la fotosintesi delle piante in modo da ottenere energia dai raggi solari

Imitare la vita. Le nanotecnologie si muovono su grandezze comparabili con le strutture di base degli esseri viventi e, per questo, possono “mimarne” i processi. Potere grandissimo in prospettiva, e sotto certi aspetti inquietante, che se tocca già la medicina in concreto – e se ne parla al congresso “ Future of Science” di Venezia –, nella relazione del professor Michael Graetzel del Politecnico di Losanna (Svizzera), ha mostrato come si possa prendere per “maestre” le piante , le loro “umili” foglie, per venire incontro a una delle maggiori urgenze del nostro tempo e dell’immediato futuro: il bisogno di energia. Tra prossima carenza causa estinzione del petrolio, riscaldamento globale da tenere a bada, inquinamento da non aumentare, anzi da abbattere, ecco il docente svizzero tirare fuori dal cappello delle nuove scoperte la fotosintesi. L’imitazione di quello che fanno le piante per tradurre la luce in clorofilla e, noi, in energia. Per venire così incontro al fabbisogno giornaliero del mondo che oggi corrisponde a 235 insostenibili milioni di barili di petrolio.

SFRUTTARE IL CALORE DEL DESERTO - Muovendosi a livello molecolare si possono aprire varie vie. Per esempio, «come abbiamo fatto col professor Leo Marchesi dell’Università di Torino – ha detto Graetzel – raccogliere tutta la luce solare (progetto global solar), anche i raggi infrarossi, invisibili, e passare dopo a suddividere e utilizzare diversamente le sue radiazioni». Come si può pensare, presto, di sfruttare il grande calore racchiuso nella sabbia del deserto: imbrigliarlo per ottenerne elettricità con convertitori termoelettrici. Soprattutto, durante il suo intervento, il ricercatore di Losanna ha sventolato un esemplare di cellula solare flessibile, creata seguendo il percorso delle foglie, che ha già innumerevoli applicazioni: tant’è che ne vengono già prodotti tremila chilometri all’anno. La si potrà mettere sopra i tablet elettronici per tenerli alimentati, già viene montata sugli zaini con cui si va in giro di giorno in India, così, tornati a casa nel buio, ecco lo zaino sprigionare luce nelle capanne senza elettricità.

LA LAMPADA DELLO TSUNAMI - La speciale e più che duttile cellula è servita anche dopo lo tsunami che ha colpito il Giappone a creare una speciale e diffusa lampada dove non c’era più la luce. I materiali fotonici sono molto amati dagli architetti, ha detto con un sorriso Graetzel, mostrando esterni e salotti di costruzioni con grandi vetri o pannelli o apparenti soprammobili in vetro colorato che hanno la capacità “fotosintetica” di catturare la luce, anche di una stanza, per farne energia. Pure l’Ikea ha già mostrato interesse per questi vetri “elettrogeni”, o fotovoltaici. Sarà lo specchio di un armadio o il cristallo di un tavolo domani a farci luce?

 

Serena Zoli
Serena Zoli

Giornalista professionista, per 30 anni al Corriere della Sera, autrice del libro “E liberaci dal male oscuro - Che cos’è la depressione e come se ne esce”.


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