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Trapianti d'organo

Trapianti d'organo
 

CHE COS’È

Tecnicamente, il trapianto di un organo consiste nell’introduzione nel corpo di una persona di un organo funzionante prelevato da un altro individuo. Si tratta di un intervento molto complesso, anche se ormai nei Paesi occidentali sono stati raggiunti livelli di eccellenza. I pazienti che si sottopongono a un trapianto risultano iscritti alla lista di attesa per lo specifico organo.

Le liste sono organizzate per organo e racchiudono diversi criteri: come l’urgenza dell’intervento, le dimensioni dell’organo richiesto e l’affinità genetica. Presso un centro trapianti, la lista può essere distinta in una componente attiva (annovera i pazienti pronti a ricevere un nuovo organo) e in una generale (in cui sono elencati tutti i pazienti candidati al trapianto, anche se momentaneamente non idonei). Alla base di un trapianto c’è la scelta di una persona deceduta o vivente di donare un organo. Per la maggior parte degli organi, il prelievo avviene da donatore deceduto. Ma ci sono anche due casi, nei trapianti di fegato e di reni, in cui il donatore può essere vivente. Tutto ciò perché si può continuare a vivere con un rene solo e con un fegato incompleto.
 

 

L’ACCERTAMENTO DI MORTE DEL DONATORE

L’accertamento di morte può essere di tipo cerebrale o cardiaco. La morte cerebrale si verifica quando una persona perde in maniera irreversibile le funzioni cerebrali, la capacità di respirare autonomamente e i riflessi del tronco cerebrale. Un paziente in condizioni simili presenta un elettroencefalogramma piatto anche se il suo cuore batte ancora. In questa situazione la ventilazione è mantenuta artificialmente, così da conservare l'integrità degli organi.

La diagnosi della morte cerebrale viene attestata dal giudizio univoco di una commissione composta da un medico legale, un anestesista-rianimatore e un neurologo e la sua durata deve essere di almeno sei ore. Se la morte consegue ad arresto cardiaco, la diagnosi può essere invece fatta con un semplice esame obiettivo da parte di un medico, chiamato a verificare l’assenza di respirazione, circolazione sanguigna e attività nervosa (coscienza e riflessi). Un elemento di conferma, ma non necessario, è la registrazione o la visualizzazione a monitor di un tracciato elettrocardiografico di pochi minuti che dimostri l’assenza di attività elettrica cardiaca.

 

COME SI DICHIARA LA VOLONTA' DI DONARE UN ORGANO?

Alla base della donazione (che è sempre gratuita) c’è la scelta esplicita compiuta da un cittadino italiano. Non esistono precisi limiti di età per donare un organo.

Normalmente si valuta le condizioni generali del donatore per valutare quali organi possano essere donati. In particolare le cornee e il fegato possono essere prelevati da donatori di età anche superiore a 80 anni.

Un rene o una porzione di fegato possono giungere anche da un donatore vivente, appartenente alla cerchia ristretta di famigliari.

Quest’ultima procedura è vietata per organi vitali: come il cuore, un intero fegato o polmone. Per attestare la volontà di donare gli organi, è necessario avere compilato una nota scritta che contenga nome, cognome, data di nascita, dichiarazione di volontà (positiva o negativa), data e firma, è considerata valida ai fini della dichiarazione.

Il documento, di cui diversi fac-simile sono reperibili in rete (ma può essere redatto anche su carta bianca), deve essere consegnato all’Azienda Sanitaria Locale di riferimento, al proprio medico di famiglia o portato sempre con sé.

È sufficiente anche aver compilato il tesserino blu inviato dal Ministero della Sanità nel maggio del 2000, da conservare assieme ai documenti personali, o essere iscritti al Registro dell’Associazione Italiana Donatori Organi (occorre avere almeno 18 anni). Da qualche tempo è possibile comunicare la propria volontà anche agli uffici anagrafe dei Comuni, in fase di richiesta o rinnovo della carta d'identità. Per i minorenni sono sempre i genitori a decidere.

Se uno dei due è contrario, il prelievo non può essere effettuato. Se questa volontà non risulta invece manifesta, avvenuto il decesso il personale sanitario può chiedere ai congiunti più stretti di decidere in merito alla possibilità di procedere al prelievo degli organi.
 

 

ORGANI DA TRAPIANTARE E RIGETTO

Vengono normalmente trapiantati i reni, il cuore, il fegato, i polmoni, il pancreas e l’intestino. È vietato per legge il prelievo delle gonadi (ovaie e testicoli) e del cervello, e la manipolazione genetica degli embrioni anche ai fini del trapianto di organo. Negli ultimi dieci anni si è registrato un numero sempre crescente di trapianti effettuati sul territorio nazionale, tuttavia i pazienti in lista d’attesa sono ancora molti e il tempo medio di attesa è alto. Prima di procedere al trapianto di un organo, è necessario condurre un’indagine genetica (tipizzazione) sia sul donatore sia sul ricevente per rilevare la presenza di antigeni sul tessuto da trapiantare e riscontrare il grado di compatibilità tra i due soggetti dell’intervento. Maggiore è l’affinità tra i geni del complesso maggiore di istocompatibilità, più alte sono le chance di riuscita dell’intervento. L’indagine è necessaria per ridurre il rischio di comparsa del rigetto, ovvero la reazione biologica con cui il sistema immunitario del ricevente riconosce come estraneo l’organo trapiantato e avvia contro di esso una reazione che porta al danno (più o meno esteso) del nuovo tessuto. A innescarla sono alcuni geni (complesso maggiore di istocompatibilità di classe II) che si trovano sulle cellule che presentano gli antigeni e che vengono riconosciuti dai linfociti T, responsabili dell’attacco alle cellule dell’organo trapiantato. Il rigetto può essere acuto, se il fenomeno si verifica a breve distanza di tempo dal trapianto di un organo o tessuto, o cronico, se l’attacco da parte del sistema immunitario si manifesta nel tempo, spesso dopo l’interruzione (arbitraria) della terapia immunosoppressiva da parte del paziente.

 

NOTA BENE: le informazioni in questa pagina non possono sostituire il parere e le spiegazioni del tuo medico

 


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