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Alimentazione
Donatella Barus
pubblicato il 24-02-2022

Meno rischi di tumore per chi mangia poca (o zero) carne



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Un ampio studio ha misurato un rischio più alto di tumori per chi mangia carne più di cinque volte a settimana. Cosa ne sappiamo

Meno rischi di tumore per chi mangia poca (o zero) carne

Ridurre il consumo settimanale di carne nel tempo può aiutare a ridurre anche il rischio di alcuni tumori, a cominciare dal cancro colorettale. Un’ulteriore conferma arriva da una ricerca britannica che ha seguito 470.000 persone per undici anni.

 

LO STUDIO

Per capire in che modo le abitudini alimentari e il consumo di carne influiscano sulla probabilità di una diagnosi oncologica, i ricercatori hanno seguito 472.377 persone senza alcuna malattia tumorale al momento del reclutamento. Dei partecipanti sono state raccolte molte informazioni sui fattori che possono influire sul rischio di cancro, sulla dieta, ma anche sulle caratteristiche fisiche (altezza, peso, valori ematici), sullo stile di vita e sullo status socio-economico, sui farmaci assunti, lo stato menopausale e via dicendo. Riguardo alla carne, i partecipanti sono stati suddivisi in quattro categorie: consumatori regolari di carne (processata, rossa o pollame più di 5 volte a settimana), consumatori moderati (carne meno di 5 volte a settimana), pescetariani (non mangiano carne, ma pesce) o vegetariani (né carne né pesce, compresa una certa quota di vegani, ovvero niente alimenti di origine animale).

 

MENO RISCHI DI TUMORE PER CHI NON MANGIA CARNE

Nel corso di oltre 11 anni di osservazione, tra i partecipanti si sono contati quasi 55.000 casi di tumore. Incrociando i dati, è emerso che i forti consumatori di carne (oltre la metà del campione) erano più esposti al rischio di tumore rispetto a tutte le altre categorie. I vegetariani avevano un rischio inferiore del 14 per cento, i pescetariani meno 10 per cento e i consumatori moderati di carne del 2 per cento. Ma perché? Per il consumo di carne in sé o per altri fattori in qualche modo connessi? I partecipanti vegetariani e coloro che mangiavano poca carne ad esempio tendevano a fumare e bere meno, a fare più attività fisica, era più giovane. Per questi motivi i ricercatori hanno esaminato con grande attenzione i risultati, “aggiustandoli” in modo da valutare l’impatto della dieta in modo indipendente (il più possibile) dalle alte caratteristiche. Ecco cosa è emerso, nel dettaglio.

 

 

IL NESSO CON I TUMORI DEL COLON-RETTO

Fra chi consumava poca o nessuna carne si sono registrati meno tumori del colon-retto rispetto ai forti mangiatori di bistecche. Altri grandi studi hanno da tempo evidenziato questo nesso e, ricordano gli autori della ricerca, anche l’Istituto per la ricerca sul cancro dell’OMS (IARC) ha identificato il consumo di carne processata come causa certa di cancro colorettale, e il consumo di carni rosse come causa probabile.

 

I TUMORI DEL SENO E DELLA PROSTATA

Si sono poi registrati meno tumori del seno (meno 18 per cento) nelle donne in post menopausa vegetariane, un vantaggio dovuto secondo i ricercatori al peso corporeo mediamente più basso rispetto alle “carnivore”. Infine, sono comparsi meno tumori della prostata negli uomini consumatori di pesce, meno 20 per cento, o vegetariani, meno 31 per cento; anche qui i fattori confondenti, come il peso o la propensione a fare meno test PSA, e quindi avere meno diagnosi, possono avere giocato un ruolo preponderante.

 

CARNE E TUMORE DEL COLON-RETTO: COSA SAPPIAMO

Come ricorda l’OMS, al consumo di carne processata (salumi e altri insaccati, carni affumicate, sotto sale e trasformate) è associato un modesto aumento nel rischio di cancro, proporzionale alla quantità consumata. Per ogni porzione da 50 grammi in più al giorno, il rischio di carcinoma del colon-retto aumenta del 18 per cento. Per quanto riguarda la carne rossa (quella bovina, suina, ovina ed equina), le stime sono meno chiare e le evidenze meno marcate. Il nesso di causalità con i tumori dell’intestino viene definito “probabile” e la stima dell’aumento di rischio è del 17 per cento in più per ogni 100 grammi mangiati al giorno.

 

MENO CARNE È MEGLIO

Secondo le stime del Global Burden of Disease Project e considerando il parametro più "estremo" per descrivere il peso di una patologia, ovvero il numero di decessi, sappiamo che ogni anno nel mondo circa 34.000 morti per cancro sono attribuibili ad una dieta con troppa carne processata e 50.000 ad un eccesso di carni rosse. Un impatto di inferiore a quello di altri fattori di rischio oncologici (per il fumo, un milione di morti di tumore, per l’alcol 600.000 e per l’inquinamento dell’aria oltre 200.000). Ma l'importanza del consumo di carne andrebbe valutata nel suo complesso, considerando cioè l’impatto generale della troppa carne sulla salute, non solo in termini oncologici, e anche l'impatto ecologico, legato all’allevamento e alla produzione. Tutte insieme, costituiscono un pacchetto di buone ragioni per privilegiare altre fonti di energia, proteine e sapore sulla nostra tavola.

 

DUNQUE QUANTA CARNE MANGIARE?

La carne, conclude l’OMS, è anche una fonte di nutrienti importanti, ma se consumata in eccesso può aumentare il rischio di cancro ed è correlata a un rischio più alto di altre patologie come quelle cardiovascolari, il diabete e l’obesità. In generale, dunque, è bene limitare il consumo di carni rosse a non più di 500 grammi (di prodotto cotto) alla settimana ed evitare o ridurre il più possibile quello di carni processate (ricche fra l’altro di grassi e di sale, e talvolta di composti nocivi dovuti a trasformazioni come l’affumicazione).

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Donatella Barus
Donatella Barus

Giornalista professionista, dirige dal 2014 il Magazine della Fondazione Umberto Veronesi. E’ laureata in Scienze della Comunicazione, ha un Master in comunicazione. Dal 2003 al 2010 ha lavorato alla realizzazione e redazione di Sportello cancro (Corriere della Sera e Fondazione Veronesi). Ha scritto insieme a Roberto Boffi il manuale “Spegnila!” (BUR Rizzoli), dedicato a chi vuole smettere di fumare.


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