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Oncologia
Roberta Altobelli
pubblicato il 04-04-2024

Sindrome di Lynch: biopsia liquida per la diagnosi precoce di tumore del colon-retto



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Una innovativa biopsia liquida, sviluppata presso l’Istituto dei Tumori di Milano, apre la strada a una diagnosi tempestiva delle lesioni precancerose del colon-retto nei pazienti con Sindrome di Lynch

Sindrome di Lynch: biopsia liquida per la diagnosi precoce di tumore del colon-retto

Una nuova biopsia liquida, messa a punto presso l’Istituto dei Tumori di Milano, ha fornito dati preliminari positivi per la sorveglianza dei pazienti con Sindrome di Lynch, al fine di riuscire a ottenere una diagnosi tempestiva di lesioni precancerose del colon-retto. La ricerca, recentemente pubblicata sulla rivista Cancer Gene Therapy, proseguirà con uno studio prospettico osservazionale di sorveglianza in collaborazione con APTEAD - Associazione Italiana Pazienti con Tumori Ereditari dell’Apparato Digerente. Sono stati, infatti, proprio i pazienti, esprimendo i loro bisogni insoddisfatti, a dare slancio a questo studio.

 

LA SINDROME DI LYNCH

La Sindrome di Lynch è una condizione ereditaria che aumenta il rischio di sviluppare molti tipi di neoplasie, come il tumore del colon-retto, che possono comparire anche in giovane età. In particolare ricoprono un ruolo importante i microsatelliti, brevi sequenze ripetute di DNA che, nella sindrome di Lynch, presentano delle differenze (varianti) rispetto alla popolazione sana e, per tale ragione, sono definiti “instabili”. L’instabilità dei microsatelliti è conseguenza del fatto che le persone affette da questa sindrome presentano mutazioni nei geni di riparazione del danno al DNA e, per questo, se si verifica un errore durante la replicazione del DNA quando le cellule si riproducono, questo potrebbe non essere risolto. Di conseguenza, le cellule possono crescere senza controllo e diventare cancerose. L’instabilità dei microsatelliti è, quindi, una peculiarità delle lesioni colorettali cancerose e precancerose che insorgono in chi è affetto da sindrome di Lynch. Questa si presenta nelle famiglie con un modello di ereditarietà autosomica dominante. Ciò significa che se un genitore presenta le mutazioni che causano la sindrome di Lynch, c'è una probabilità del 50% che ogni figlio abbia la stessa malattia. Nei pazienti con questa patologia, la sorveglianza e la diagnosi precoce hanno un ruolo fondamentale, in quanto è più probabile che il trattamento abbia successo quando il cancro viene diagnosticato nelle fasi iniziali.

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COME AVVIENE LA SORVEGLIANZA?

Le linee guida internazionali per la sorveglianza dei pazienti con Sindrome di Lynch indicano, quale unica modalità per la diagnosi precoce, la colonscopia annuale o biennale a partire dai 25-30 anni. «Se si ha conoscenza di una familiarità, il test genetico per la Sindrome di Lynch viene effettuato dopo i 18 anni» spiega il dottor Marco Vitellaro, Responsabile dell’Unità dei Tumori Ereditari dell’Apparato Digerente di INT e tra gli autori dello studio. «I pazienti, poi, intorno ai 20 anni e in relazione alla mutazione riscontrata, iniziano a doversi sottoporre alle colonscopie e anche a tutta un’altra serie di controlli, perché i tumori possono colpire anche altri distretti. Infatti, la patologia può causare un aumentato rischio di sviluppare non solo il cancro del colon-retto, ma anche tumori ginecologici, dell’apparato urinario, gastrici o della cute. Tuttavia, il rischio diventa più elevato intorno ai 35-40 anni, quindi dopo ben 15 anni di colonscopie ripetute ogni anno che, però, sono fondamentali per diagnosticare l’eventuale presenza di lesioni in fase precoce. Dobbiamo, tuttavia, considerare la possibilità di eventi straordinari nella vita dei pazienti (pensiamo anche alla pandemia) che possono diradare gli spazi tra i controlli e ridurre l’aderenza. La colonscopia prevede anche che l’intestino sia completamente pulito quando si esegue l’esame, per poter rilevare qualsiasi tipo di lesione. Questo può rendere necessaria la ripetizione dell’esame, con ulteriore disagio per i pazienti».

 

L'UTILIZZO DELLA BIOPSIA LIQUIDA

Lo studio retrospettivo condotto presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano ha permesso di mettere a punto una biopsia liquida che permetterebbe di superare i problemi tecnici, di aderenza e l’invasività dovuti alla colonscopia, consentendo di identificare precocemente quei pazienti più a rischio di sviluppare lesioni cancerose, a partire da un semplice prelievo di sangue. La biopsia liquida si basa proprio sullo studio dei microsatelliti (bMSI). In particolare, in questo caso, ne vengono valutati cinque, che rappresentano una peculiarità delle lesioni precancerose e cancerose nei pazienti con sindrome di Lynch. «L’instabilità dei microsatelliti è un evento precoce nello sviluppo di lesioni nei pazienti con sindrome di Lynch e abbiamo potuto osservare che è possibile rilevare questi marcatori nel sangue dei pazienti, in modo efficace» spiega Stefano Signoroni, ricercatore dell’Unità dei Tumori Ereditari dell’Apparato Digerente di INT e tra gli autori dello studio. «Abbiamo messo a punto il saggio, cercando di renderlo il più sensibile possibile, provando diverse piattaforme. Da 2 ml di sangue è già possibile avere abbastanza materiale disponibile per l’analisi. E abbiamo osservato che i biomarcatori usati erano effettivamente legati alla possibilità di fare diagnosi precoce», aggiunge Mattia Boeri, ricercatore del Dipartimento di Oncologia Sperimentale INT, ideatore della tecnica e prima firma dell’articolo. Gli 87 pazienti coinvolti nello studio di sorveglianza sono stati seguiti con colonscopie annuali e nell’8% di essi è stato possibile rilevare delle lesioni metacrone, così definite quando una seconda lesione si manifesta a distanza di almeno sei mesi, nella porzione di intestino residua. Questi pazienti tendono ad avere una concentrazione di bMSI nel sangue piuttosto elevata costante nel tempo, che rappresenta un fattore rilevante per attuare una sorveglianza con tempi più ravvicinati rispetto a quanto indicato nelle linee guida internazionali. «Infatti -aggiunge Vitellaro- questi biomarcatori presenti nel sangue ci permettono di alzare la guardia circa la possibilità del paziente di sviluppare lesioni cancerose, prima che questo avvenga. Se la biopsia liquida è positiva, sappiamo di dover ravvicinare i controlli o di dover effettuare una colonscopia per rimuovere la lesione tempestivamente». È importante, quindi, sottolineare che la biopsia liquida non andrà a sostituire la colonscopia nella diagnosi, ma potrebbe permettere di diradare i controlli in quei pazienti in cui l’esame dovesse dare esito negativo, migliorando la qualità della vita delle persone con Sindrome di Lynch.

 

UNA RICERCA MULTIDISCIPLINARE

Lo studio condotto presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano rappresenta un esempio virtuoso di ricerca traslazionale e multidisciplinare, in quanto frutto della collaborazione tra il Dipartimento di Oncologia Sperimentale e quello di Chirurgia, che pone l’accento sull’importanza della cooperazione per migliorare il percorso dei pazienti. «La nostra è una piccola unità, all’interno del reparto di Chirurgia colon-rettale, in cui vengono seguiti i pazienti dalla diagnosi, alla sorveglianza, fino al trattamento di sindromi ereditarie legate allo sviluppo di tumori, soprattutto dell’apparato digerente. Quindi, coesistono insieme chirurghi, genetisti, ricercatori, oltre alle collaborazioni esterne, come quella col gruppo della professoressa Gabriella Sozzi, Direttore della Struttura Complessa di Genomica Tumorale e del Dipartimento di Oncologia Sperimentale, tra gli autori dello studio. Abbiamo dialogato il più possibile con i colleghi che lavorano in laboratorio, con cui collaboriamo strettamente per trovare insieme le risposte alle domande che gli stessi pazienti e i familiari ci fanno durante l’attività ambulatoriale, sia nella fase diagnostica che di sorveglianza» spiega Vitellaro.

 

L'IMPORTANZA DI COINVOLGERE I PAZIENTI

Un altro aspetto importante di questo studio è, infatti, che gli stessi pazienti, esprimendo i loro bisogni insoddisfatti, durante le visite di controllo, hanno dato uno slancio fondamentale alla ricerca. «Nel nostro centro, seguiamo un migliaio di pazienti con sindrome di Lynch e abbiamo continui colloqui con loro, che ci chiedevano attivamente di trovare un’alternativa alla colonscopia, nell’ambito della sorveglianza. Proprio da questo bisogno è nata l’idea di confronto con i colleghi ricercatori, al fine di trovare un marcatore predittivo della formazione degli adenomi, cioè le forme pre-cancerose, nel colon. Per questo, abbiamo coinvolto i pazienti anche in una riunione in cui abbiamo presentato loro i risultati e la progettualità della ricerca, trovando un’accoglienza caldissima. Tutti loro vedono un potenziale in questa tecnica anche per i propri figli, trattandosi di una sindrome ereditaria. I pazienti vogliono contribuire in modo attivo e, così, ci danno una grande mano su dove lavorare per migliorare la loro vita» racconta Vitellaro.

 

PROSPETTIVE FUTURE

I dati positivi ottenuti da questo primo studio dovranno ora essere validati in una coorte più ampia di pazienti. Per questo, è stato recentemente avviato presso l’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano uno studio prospettico osservazionale di sorveglianza, in collaborazione con APTEAD - Associazione Italiana Pazienti con Tumori Ereditari dell’Apparato Digerente, che permetterà anche di valutare meglio le tempistiche di comparsa dei marcatori circolanti rispetto all’insorgenza della lesione rilevabile tramite endoscopia. L’obiettivo è quello di dimostrare che il test è uno strumento utile per personalizzare la sorveglianza dei pazienti, con un calendario di colonscopie guidate anche dalla presenza dei biomarcatori. «In futuro, vorremmo ottimizzare una piattaforma che permetta di analizzare un numero sempre maggiore di pazienti, coinvolgendo altri centri in tutta Italia e anche a livello internazionale, per permettere l’accesso alla biopsia liquida a tutti coloro che possano beneficiarne. Stiamo anche lavorando per testare il marcatore a livello delle urine, visto che i pazienti con Sindrome di Lynch hanno un rischio più elevato di sviluppare anche tumori delle alte vie escretrici, dove è più complicato effettuare una diagnosi precoce. Il saggio, quindi, potrebbe diventare un elemento di diagnosi precoce anche per altri tumori legati alla Sindrome di Lynch. Nei prossimi due anni avremo le idee ancora più chiare e potremo ricercare altri biomarcatori, anche in fluidi corporei differenti» conclude Signoroni.

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