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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 11-09-2022

Tumori e diagnosi precoce: il futuro è nella biopsia liquida?



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Un prelievo sanguigno per rilevare in anticipo la presenza del tumore. Promettenti i risultati del test MCED presentati ad ESMO

Tumori e diagnosi precoce: il futuro è nella biopsia liquida?

Rilevare la presenza di un tumore con un semplice prelievo sanguigno è il sogno di tutti gli oncologi che si occupano di diagnosi precoce. Oggi tutto ciò non è ancora realtà ma, complice lo sviluppo di test di biopsia liquida sempre più accurati, l'obbiettivo non è più un'utopia. Al congresso dell'European Society for Medical Oncology sono stati presentati i risultati dello studio PATHFINDER che sono più che incoraggianti: grazie al test MCED è stato possibile individuare la presenza di diverse forme tumorali in persone apparentemente sane con una specificità ed accuratezza mai raggiunte prima d'ora con un prelievo di sangue. Un risultato importante che rappresenta un primo deciso passo in avanti nell'utilizzo della biospia liquida come possibile modalità di screening oncologico e quale indagine diagnostica da integrare agli esami già oggi disponibili per la diagnosi precoce di tumore.

CHE COS'È LA BIOPSIA LIQUIDA?

Nella lotta al cancro prima si arriva ad una diagnosi certa, prima si iniziano le cure e maggiori sono le probabilità di superare o controllare con successo la malattia. Gli screening oncologici, ovvero la mammografia, il Pap-test e la ricerca del sangue occulto nelle feci, servono proprio ad intercettare la malattia sin dai suoi primi stadi di sviluppo. Grazie alla ricerca però sono molte le tecniche diagnostiche in fase di sperimentazione per raggiungere questo obbiettivo. Una di queste è la biopsia liquida, una numerosa varietà di test effettuati su un prelievo di sangue al fine finalizzati a rilevare la presenza dle tumore. Tutto si basa sul concetto che la malattia, anche negli stadi precoci, rilascia nel circolo sanguigno alcune molecole esclusive del tumore.

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GLI UTILIZZI ATTUALI

Allo stato attuale la biopsia liquida è utilizzata per monitorare l'evoluzione del tumore e per valutare se le terapie stanno o meno avendo effetto. a differenza di una biopsia tradizionale, dove il risultato è una “fotografia” parziale del tumore relativa solo alla sede dove è stato effettuato il prelievo del tessuto, con la biopsia liquida è possibile seguire l'evoluzione della malattia. Ma se il vantaggio è indubbio nelle persone che hanno già la malattia, la biopsia liquida è ancora oggetto di studio ai fini di diagnosi precoce.

LO STUDIO PATHFINDER 

Uno di questi, presentato ad ESMO, è lo studio PATHFINDER -realizzato dai ricercatori del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York- basato sull'utilizzo del test MCED (multi-cancer early detection). Il metodo consiste in un'analisi del sangue alla ricerca di frammenti di DNA tumorale. Un test potenzialmente in grado di segnalare la presenza di un tumore -e della sua localizzazione- tra oltre 50 neoplasie differenti. Segnale derivante dalla presenza di piccole sequenze di DNA tumorale circolante (ctDNA) che differiscono dal DNA delle cellule sane per una particolare caratteristica molecolare nota come metilazione

UN TEST SPECIFICO ED ACCURATO

Lo studio ha coinvolto oltre 6 mila persone di età superiore ai 50 anni apparentemente sane e senza pregressa diagnosi di tumore. Sottoposti a prelievo e analisi MCED, nell'1,4% (92 persone su 6621) dei casi il test è risultato positivo, ovvero ha indicato la presenza di ctDNA con caratteristiche tumorali. Indagando con esami successivi se la positività era veramente dovuta alla presenza della malattia, il tumore è stato effettivamente rilevato in 35 persone su 92, ovvero nel 38% dei casi. «Questi risultati -spiega Deb Schrag, coordinatore dello studio- sono un primo passo importante per i test di diagnosi precoce perché hanno mostrato un buon tasso di rilevazione nelle persone che avevano effettivamente il cancro e un eccellente tasso di specificità per coloro che non lo avevano». Sino ad oggi infatti gli studi effettuati avevano preso sempre in esame persone di cui già si conosceva la presenza della malattia.

Ma un altro dato interessante dello studio emerge dai falsi positivi: «In quei pochissimi casi -spiega l'esperto- si è trattato di potenziali tumori che la cui la diagnosi di presenza o assenza è stata possibile tramite esami non invasivi. ono stati indagati pochi partecipanti con un test di screening falso positivo richiedevano più procedure invasive come endoscopie e biopsie. Una caratteristica che dovrebbe aiutare a dissipare le preoccupazioni sul fatto che questi test potrebbero causare danni generando procedure non necessarie in persone che stanno bene».

LE PROSPETTIVE FUTURE

Quanto ottenuto dallo studio è di particolare importanza poiché indica che siamo sulla giusta strada, specialmente nella diagnosi di quei tumori per cui oggi è difficile arrivare in maniera precoce quando la malattia non da ancora sintomi. Un esempio è il tumore del pancreas, tra i più difficili da curare e per cui non esiste uno screening oncologico dedicato. La speranza è quella che in futuro si riesca ad arrivare a rilevarne la presenza grazie a screening oncologici mirari basati su un semplice prelievo di sangue. «Le sfide che abbiamo davanti -spiega Fabrice André, ESMO 2022 Scientific Co-Chair- sono molte. Dovremo capire innanzitutto chi potrà e dovrà sottoporsi al test e dovremo essere soprattutto capaci di anticipare i cambiamenti che accadranno a seguito di questi test. Penso ad esempio alla riorganizzazione delle strutture e delle competenze per intervenire in seguito ad una diagnosi di tumore come quello al pancreas e altre neoplasie che solitamente vengono diagnosticate nelle fasi più tardive».

ANCORA TANTE INCOGNITE

Attenzione però a pensare che il test MCED sia oggi la soluzione al problema della diagnosi precoce. Sono infatti ancora molti gli aspetti da chiarire e le caratteristiche da migliorare. Quanto ottenuto nello studio PATHFINDER dovrà essere valutato su un campione di persone più ampio ma soprattutto dovranno essere condotti degli studi per capire se l'utilizzo del metodo come screening riuscirà a ridurre la mortalità grazie alla diagnosi precoce, vero obbiettivo degli screening oncologici. Una caratteristica che richiederà lunghi tempi di osservazione. Attualmente sono in corso numerosi ulteriori studi, tra cui un importante studio clinico randomizzato con 140 mila persone apparentemente sane, per studiare l'efficacia clinica dei test MCED.

NON DIMENTICARE QUEL CHE ABBIAMO 

Nell'attesa di affinare il metodo e di stabilirne l'impatto a seconda delle diverse fasce di età e di rischio, non dobbiamo affatto dimenticare la prevenzione che oggi è offerta gratuitamente dal nostro Sistema Sanitario Nazionale. Gli screening oncologici, disponibili per il tumore al seno, tumore della cervice uterina e tumore del colon-retto, rimangono lo strumento principe per fare diagnosi precoce. La strada verso un esame del sangue universale è in corso d'opera ma solo dall'integrazione di più indagini diagnostiche potremo battere il cancro sul nascere.

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Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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