I vaccini sono strumenti fondamentali per i pazienti oncologici, ma la diffidenza e la frammentazione dei servizi non aiutano l’adesione. Ecco che cosa raccomandano gli esperti e quali sono i vaccini prioritari

Le vaccinazioni sono una risorsa di salute cruciale per proteggere la salute dei pazienti oncologici, più esposti ai rischi infettivi a causa della malattia e delle terapie. Eppure chi è in cura per un tumore spesso ha dubbi, fatica a trovare risposte esaurienti o perfino ascolto, non di rado indicazioni diverse da medico a medico. Secondo l’AIOM (Associazione Italiana di Oncologia Medica), che ha presentato le prime Linee Guida dedicata alla vaccinazione del paziente con tumore, oltre un terzo dei pazienti è diffidente verso alcuni vaccini: il 36% verso l’antinfluenzale, il 38% verso il vaccino anti-Covid.
Un quadro che preoccupa gli specialisti, perché l’adesione alle vaccinazioni può fare la differenza nel ridurre complicanze e migliorare la qualità della vita. Cerchiamo di capire quali sono le vaccinazioni particolarmente utili per i pazienti oncologici e che cosa raccomandano di fare gli esperti.
Herpes zoster: un rischio spesso ignorato
Tra le vaccinazioni prioritarie per i pazienti oncologici c’è quella contro l’Herpes Zoster (il cosiddetto “fuoco di Sant’Antonio”), ancora poco diffusa: solo il 13% degli over 65 è vaccinato in Italia. Il virus, che deriva dalla riattivazione di quello della varicella, può colpire duramente chi ha un sistema immunitario compromesso, come chi è in trattamento oncologico. «Un tumore può aumentare del 40% il rischio di sviluppare l’Herpes Zoster e le manifestazioni possono essere più gravi, anche in pazienti sotto i 50 anni» ha spiegato Angioletta Lasagna, oncologa al San Matteo di Pavia e Coordinatrice delle Linee Guida AIOM sulle Vaccinazioni.
Il vaccino andrebbe somministrato idealmente almeno due settimane prima della chemioterapia, ma può essere effettuato anche durante il trattamento o insieme ad altri vaccini, in siti di iniezione diversi. Saverio Cinieri, presidente AIOM, rassicura: «La chemioterapia non è una controindicazione alla vaccinazione, e nemmeno l’immunoterapia. Il vaccino offre protezione e riduce il rischio di infezioni dolorose, che possono compromettere la qualità di vita».
Influenza: un “male stagionale” da non sottovalutare
Si dice sempre “banale” quando si parla di influenza stagionale. Ma così non è, se consideriamo che le persone colpite dall'influenza in Italia sono milioni ogni anno (si stima il 9 per cento della popolazione, in media) e che può indurre complicazioni serie, soprattutto in chi è fragile. I numeri dei vaccinati sono insoddisfacenti, e in calo negli ultimi anni, mentre è importante anche frenare la circolazione del virus, che si trasmette facilmente per via aerea o contatto con superfici contaminate. La vaccinazione antinfluenzale è perciò raccomandata anche alle persone che stanno vicino ad un malato e agli ex pazienti.
Le linee guida raccomandano per i pazienti il vaccino quadrivalente inattivato che contiene 2 virus di tipo A (H1N1 e H3N2) e 2 virus di tipo B. Se non disponibile, è consigliabile vaccinarsi con il trivalente piuttosto che ritardare l’immunizzazione. Quando vaccinarsi? Anche in questo caso, la somministrazione dovrebbe avvenire prima dell’inizio dei trattamenti oncologici, evitando le giornate immediatamente successive ai cicli terapeutici.
Covid-19: perché la vaccinazione resta fondamentale
Le forme gravi di Covid-19 sono più frequenti tra i pazienti oncologici, in particolare in chi ha tumori ematologici, polmonari o metastatici. Il virus, oltre a mettere a rischio la salute, può costringere a sospendere le terapie. Per questo la vaccinazione anti-SARS-CoV-2 è un’opzione raccomandata e sicura: gli studi confermano che l’efficacia e la tollerabilità del vaccino nei pazienti oncologici è paragonabile a quella della popolazione generale.
Gli specialisti consigliano un richiamo annuale, possibilmente da somministrare due settimane prima dell’inizio delle terapie o lontano dai periodi di calo dei globuli bianchi (ovvero di maggior immunosoppressione).
Pneumococco: prevenire polmoniti e infezioni gravi
Lo streptococcus pneumoniae o pneumococco è responsabile di infezioni potenzialmente gravi come polmoniti, otiti, meningiti e sepsi. I pazienti oncologici, con un sistema immunitario indebolito, sono particolarmente esposti.
Il vaccino polisaccaridico 23-valente (PPSV23) è consigliato dagli oncologi, preferibilmente almeno due settimane prima dell’inizio delle terapie. Anche questo può essere somministrato insieme ad altri vaccini.
Il ruolo chiave del counseling vaccinale
«Il counseling vaccinale è uno strumento fondamentale nella presa in carico del paziente oncologico – afferma Saverio Cinieri –. L’oncologo deve ascoltare, informare e rassicurare i pazienti, sfatando i timori infondati». Molti temono che i vaccini possano interferire con la terapia antitumorale o peggiorare le condizioni generali. In realtà, la comunità scientifica è concorde nel considerarli sicuri ed efficaci, anche in presenza della malattia.
Una rete integrata per superare le disuguaglianze
Oggi in Italia l’accesso alle vaccinazioni per i pazienti oncologici è ancora frammentato. Cambia da regione a regione e perfino da un’ASL all’altra. Il medico di medicina generale ("di famiglia") può essere una figura chiave, se coinvolto nel percorso di cura e aggiornato. «Non abbiamo ancora dati solidi sull’adesione vaccinale nella popolazione oncologica – sottolinea Angioletta Lasagna –. Senza monitoraggio è difficile capire dove intervenire». Servono percorsi chiari, condivisi e misurabili in tutte le strutture.
Fare cultura insieme ai pazienti
Nicola Silvestris, oncologo e Segretario nazionale AIOM, evidenzia l’importanza di coinvolgere tutti gli attori della presa in carico, inclusi caregiver e associazioni: «Serve una cultura condivisa sulle vaccinazioni. Una definizione precoce del programma vaccinale, già al momento della diagnosi, aiuta a migliorare l’adesione e a evitare difficoltà successive».
Vaccinarsi è un atto di protezione e per i pazienti oncologici è un tassello fondamentale del percorso di cura. Superare diffidenze, frammentazioni e ostacoli organizzativi è una sfida che coinvolge l’intero sistema. Ma è anche un investimento per garantire a ogni paziente la miglior qualità di vita possibile.