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Daniele Banfi
pubblicato il 20-10-2014

AIDS: guarirla no, fermarla sì. Anche con l’informazione



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Sospese le cure il virus HIV, causa dell'AIDS, ritorna. La storia di Mississippi Baby. Gli straordinari progressi nella cura della malattia

AIDS: guarirla no, fermarla sì. Anche con l’informazione

La notizia aveva fatto il giro del mondo. Mississippi baby - così venne soprannominata la bambina - fu la prima persona nata sieropositiva ad essere guarita dall'HIV. Una guarigione però temporanea poiché sospese le cure il virus è ricomparso. Un caso del tutto analogo a quello descritto nelle scorse settimane sulle pagine di The Lancet che riguarda un bambino italiano. Anche in questo frangente la malattia è ricomparsa nelle settimane successive alla sospensione della cura. Dati importanti che sembrano indicare inequivocabilmente che dall’AIDS non si guarisce. Attenzione però a non disperare: la malattia si può controllare agevolmente e l’aspettativa di vita media, quando le cure sono adeguate, è paragonabile a quella di chi non ha mai contratto il virus. Attenzione alla diagnosi precoce: prima si diagnostica e minore sarà l’impatto della malattia.

 

COS’È L’AIDS

L’Aids – la sindrome da immunodeficienza acquisita - è una patologia causata dalla presenza del virus dell’Hiv. Quest’ultimo, infettando in maniera specifica le cellule del sistema immunitario, rende le persone affette più vulnerabili a molte malattie che generalmente, nelle persone sane, non creano grossi problemi. Fungendo da vero e proprio cavallo di Troia il virus distrugge progressivamente le difese lasciando il corpo senza protezione. In questi casi una banale influenza può risultare fatale.

 

LE TERAPIE

Se agli inizi degli anni ’90 la diagnosi di sieropositività all'HIV significava una condanna oggi, grazie a sempre più innovative terapie, il corso della malattia è cambiato radicalmente. Come spiega il professor Giovanni Di Perri - ordinario di Malattie Infettive dell'Università degli Studi di Torino - «l’innovazione terapeutica ha avuto un ruolo fondamentale nel modificare il decorso clinico del paziente con Hiv: da quando sono state introdotte le terapie antiretrovirali nel nostro Paese, l’incidenza dell'Aids e il numero di decessi l’anno sono progressivamente diminuiti. Oggi possiamo contare su nuove terapie monodose, più tollerabili e con meno effetti collaterali rispetto al passato, che hanno permesso di controllare la malattia nel lungo periodo, trasformando l’HIV/AIDS in malattia cronica, al pari di diabete, disturbi respiratorie e cardiopatie. Inoltre hanno determinato un incremento anche nell’aspettativa di vita oggi allineata alla sopravvivenza media. Solo trent'anni fa il tasso di letalità dell’AIDS era vicino al 100%».

 

IL TEST E LA DIAGNOSI PRECOCE

Ma se è vero che le terapie hanno fatto passi da gigante è opportuno sottolineare che la diagnosi precoce rimane la vera arma in più per il buon esito dei trattamenti. Da un recente sondaggio Eurisko emerge che la metà degli intervistati (46%)  indica il test utile come possibile strumento di prevenzione e controllo. Solo il 3% però ritiene vi si faccia ricorso. «Non va mai sottovalutata l’importanza della diagnosi precoce dell’infezione. E’ infatti dimostrata la correlazione tra l’inizio delle terapie e l’incremento della durata della vita e la riduzione di comorbilità. «Perciò è importante favorire una diagnosi precoce oltre che garantire l’accesso alle terapie antiretrovirali innovative», dichiara il Professor Andrea Antinori, Direttore Malattie Infettive all'INMI Lazzaro Spallanzani di Roma. «Ad oggi si stima che nel mondo solo la metà delle persone con Hiv sia a conoscenza del proprio stato. In Italia, su oltre 120mila persone con diagnosi, il 15-20% non è al corrente della propria sieropositività. Nel 2012 almeno il 50% di nuovi casi di infezione diagnosticati erano già in fase avanzata della malattia».

 

L’ INFORMAZIONE SULL'AIDS

Nel complesso la lotta all’AIDS ha fatto passi da gigante. Il merito non è però solo della scienza. Come per l’attuale caso ebola l’informazione risulta fondamentale. Informazione che, per quanto riguarda l’Aids, sembrerebbe non essere più incisiva come negli anni ’90. Nove italiani su 10 hanno sentito parlare di Hiv, ma non di recente, e il 75% ritiene che il tema sia poco trattato e vorrebbe che fosse più affrontato soprattutto nelle scuole (79%), sui mass media (66%), ma anche dal medico (54%).

Secondo Rosa Iardino - presidente onorario di Network Persone Sieropositive (NPS) Italia Onlus - «la responsabilità di questa carenza di informazioni è da ricondurre alle Istituzioni politiche. Da anni non si sente più parlare di HIV: a risentirne sono gli adolescenti, che si apprestano alle prime esperienze sessuali, e i giovani adulti eterosessuali che rappresentano oggi la popolazione a maggiore rischio di contrarre l’infezione. E’ sottovalutato l’effetto positivo di campagne di sensibilizzazione mirate, strumenti essenziali per formare una coscienza diffusa del rischio e dell’importanza della prevenzione».


@danielebanfi83

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista è redattore del sito della Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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