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Oncologia
Caterina Fazion
pubblicato il 09-05-2025

“Dopo il tumore al seno mi prendo più tempo per me”



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Un percorso complesso tra terapie ed effetti collaterali ha dato a Beatrice la consapevolezza che volere bene anche a sé stessi non è egoismo, ma il modo migliore per vivere davvero. Ecco la sua storia

“Dopo il tumore al seno mi prendo più tempo per me”

 

“Mamma, il mio cuore è per te”

Questa è la frase che Flavio, cinque anni, ripete più spesso alla sua mamma, Beatrice, e che le dà la forza di rialzarsi in ogni momento di difficoltà. Nel maggio del 2023, una settimana prima di perdere la cugina Claudia per un glioblastoma, Beatrice scopre di avere un carcinoma mammario. È lei stessa a raccontarci la sua storia.

 

PRENDERSI CURA DI SÈ

Quando ho ricevuto la diagnosi di carcinoma mammario, mi è passata davanti tutta la vita. Ho pensato a quante cose avevo ancora da fare e, soprattutto, al fatto che, per troppo amore verso gli altri, fino a quel momento non mi ero mai considerata una priorità. Questa malattia mi ha insegnato che non c’è nulla di male nel pensare anche a sé stessi. Era arrivato il momento che Beatrice prendesse per mano Beatrice.

 

IL PERCORSO DI CURA

Il percorso di cura è stato complesso: venti cicli di chemioterapia e una resezione profonda con svuotamento ascellare. A questi, si è aggiunto un mese intero di radioterapia quotidiana, medicazioni, drenaggi e, ancora oggi, la terapia ormonale, che ha portato con sé dolori articolari, vampate di calore, insonnia, aumento di peso e altri effetti collaterali che cerco di contrastare con sport, fisioterapia e una corretta alimentazione.

 

SCELTE COMPLESSE

Quando perdi i capelli, nel pieno delle cure, il dolore è visibile. Quando ricrescono, molti pensano che tutto sia finito, ma la vera fatica arriva dopo, e se ne parla ancora troppo poco. A pesare sono anche scelte complesse fatte durante il trattamento, che si fanno sentire nel lungo periodo, come quella di non procedere con la crioconservazione degli ovuli, per non ritardare l’inizio della terapia. Mi era stata proposta, ed è giusto parlarne, perché spesso resta un tabù. Ma nel mio caso, il tumore era aggressivo e ho scelto di iniziare subito con le cure perché pensavo che Flavio meritasse una mamma il più a lungo possibile. A 33 anni, non è una scelta semplice, nemmeno se hai già un figlio. Molti danno per scontato che basti quello, ma certe rinunce pesano comunque, anche se non si vedono.

 

IL POTERE DELLA CONDIVISIONE

È stata dura, e sono arrivata alla fine del percorso abbastanza stravolta, sempre protetta dal mio angelo custode, Claudia. Il mio lavoro di infermiera mi ha sicuramente aiutata a essere preparata, ma soprattutto mi ha permesso di avere al mio fianco colleghi e amici che si sono presi cura di me. Si è creata una connessione bellissima, ed è stato tutto molto naturale. Grazie alle mani che hanno premuto su quel casco refrigerante per farlo aderire meglio e ridurre la perdita dei capelli, che mi hanno fatto addormentare per sopportare meglio le ore e hanno raccolto i miei capelli che cadevano a ciocche. Sono mani che resteranno poggiate sul mio cuore per sempre.

Durante le sedute di chemioterapia ho ascoltato tantissime storie. Mi ritrovavo spesso circondata da altre pazienti che mi chiedevano consigli sulla parrucca, sull’alimentazione, sull’attività fisica, o semplicemente cercavano qualcuno con cui parlare. La malattia non fa che aumentare l’empatia che un infermiere dovrebbe portare con sé ogni giorno.

Anche condividere il mio percorso sui social, attraverso un diario della chemio, è stato terapeutico per me, per mettere in ordine i miei pensieri, e utile a molti. Tante persone mi hanno scritto, ringraziandomi perché si sono sentite meno sole leggendo la mia esperienza. Credo profondamente che, per chi affronta una malattia, la cosa più importante sia sentirsi accolto, ascoltato, compreso. Sapere di non essere soli fa una differenza enorme.

 

CHI RESTA DAVVERO

Nel mio caso, le persone che mi sono state più vicine, che hanno accolto le mie confidenze e paure, sono state poche e selezionate, ma fondamentali. Luca, compagno di una vita e papà di Flavio, è stato una presenza costante, e i miei genitori, nonostante l'enorme sofferenza, con il tempo hanno accolto il mio dolore e il mio bisogno di amore. Anche l’aiuto della mia psicoterapeuta è stato essenziale per affrontare un periodo così complesso e carico di cambiamenti. Ricordo poi la vicinanza di chi mi ha accompagnata nei momenti più critici: Eugenia, la prima amica a cui ho telefonato dopo aver ricevuto la diagnosi, e Giada, collega e amica che non mi ha mai lasciata sola, offrendo una presenza costante e rassicurante ogni giorno. Rosy, la mia parrucchiera e amica, ha asciugato i miei – pochi e fragili – capelli e le mie lacrime con lo stesso amore. Infine, mia sorella, che ha sofferto e respirato con me, da vicino e da lontano, ad ogni chemio.

Durante la malattia, ti rendi conto di chi vale davvero la pena tenere nella tua vita, mentre altre persone è più facile lasciarle andare. Il mio bambino Flavio è stata la mia forza più grande. Gli ho sempre raccontato tutto, spiegandogli che a volte si può non stare bene, che si può anche piangere, ma poi bisogna rialzarsi e andare avanti con le proprie gambe, contando prima di tutto su sé stessi. Gli altri sono certamente un aiuto fondamentale, ma la rinascita deve partire da noi.

 

UNA NUOVA BEATRICE

Il cancro ti cambia, fisicamente e psicologicamente. A volte mi manca la vecchia Beatrice, specialmente quando mi guardo allo specchio. Il peso è aumentato, sono gonfia, e gli effetti della terapia ormonale si fanno sentire, ma non devo più cadere nell’errore del passato di chiedermi perché è capitato proprio a me e cosa ho fatto di male. Nessuno si merita una malattia del genere, tantomeno io. Il percorso di cura, seppur duro, è stato un gesto d’amore verso me stessa, per guarire.

A livello caratteriale, mi piace la nuova Beatrice. Sono più forte e coraggiosa. Forse un po' "rotta", perché mi è stata tolta una parte di me, ma proprio da quella frattura è entrata una luce che mi ha permesso di guardarmi dentro, scoprendo una nuova me, capace di apprezzare il valore della lentezza e di concedersi del tempo per sé, senza sensi di colpa. Bisogna ricordarsi della meraviglia dell’esserci, e che anche dalle esperienze più dure si può imparare qualcosa di prezioso. Oggi ci sei, domani non si sa. È importante tenerlo a mente e concedersi momenti per sé, con gratitudine e leggerezza.

Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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