Il sonno non solo rafforza i ricordi ma agisce in modo selettivo, privilegiando la memoria sequenziale rispetto ai dettagli visivi

Dormire per ricordare non è solo un modo di dire. Da quasi un secolo sappiamo che il sonno non serve solo a riposare, ma anche a consolidare la memoria, selezionando i ricordi più importanti e lasciando sfumare quelli secondari. Un recente studio pubblicato su Nature Human Behaviour, ad opera dei ricercatori del Rotman Research Institute al Baycrest Health Sciences, ha dimostrato che dormire non solo rafforza i ricordi, ma agisce anche in modo selettivo, privilegiando alcuni tipi di memoria rispetto ad altri.
TANTE TIPOLOGIE DI MEMORIA
«La memoria è qualcosa di multiforme e può essere suddivisa in diverse tipologie» spiega Brian Levine, professore di Psicologia all’Università di Toronto e autore dello studio. La memoria episodica riguarda i ricordi personali, legati a esperienze vissute direttamente; la memoria semantica si riferisce alle conoscenze generali sul mondo, come fatti e concetti: entrambe fanno parte della memoria dichiarativa, quella consapevole e facilmente esprimibile a parole. La memoria procedurale invece è implicita e permette di svolgere automaticamente attività come andare in bicicletta. Un’altra forma importante è la memoria emotiva, che conserva eventi legati a forti emozioni.
COME AGISCE IL SONNO SULLA MEMORIA?
In questo studio abbiamo esaminato due aspetti della memoria episodica: la memoria sequenziale, che ci permette di ricordare l’ordine spaziale degli oggetti, e la memoria che consiste nel ricordare i dettagli di un singolo oggetto». Per testare l’effetto del sonno sulla memoria, i ricercatori hanno coinvolto oltre 170 giovani adulti in tre esperimenti successivi. Tutti hanno partecipato a un tour audio-guidato di 20 minuti tra opere d’arte, durante il quale dovevano memorizzare sia l’ordine delle opere (memoria sequenziale) sia i dettagli visivi (come colori e forme). I partecipanti sono stati poi sottoposti a test di memoria in diversi momenti: dopo un’ora, dopo una notte di sonno, dopo una settimana e fino a 15 mesi più tardi. Alcuni hanno dormito normalmente, altri sono rimasti svegli. In una parte dello studio, un gruppo ha anche dormito in laboratorio, monitorato con elettroencefalogramma. I risultati hanno mostrato che la memoria per l’ordine degli eventi migliorava dopo una notte di sonno e si manteneva stabile fino a un mese, mentre la memoria per i dettagli diminuiva progressivamente. L’effetto era conservato a distanza di 15 mesi.
UNO STUDIO IN CONDIZIONI "NATURALI"
Una delle particolarità dello studio è proprio il metodo che abbiamo usato per condurlo. Abbiamo cercato di capire cosa succede nel cervello delle persone dopo che loro hanno svolto un’attività che capita di svolgere nella vita reale. La maggior parte degli studi sulla memoria condotti sulle persone usa stimoli artificiali», commenta il ricercatore. «E poi siamo riusciti a studiare due aspetti della memoria (sequenza e dettagli) rispetto a una stessa situazione». Un terzo aspetto significativo è la durata del follow-up: con il monitoraggio a più di un anno dal tour, i ricercatori hanno mostrato che una sola notte di sonno permetteva di consolidare la memoria sequenziale a distanza di 15 mesi.
FISSARE LE INFORMAZIONI SPAZIALI
In generale, lo studio suggerisce che mentre dormiamo il cervello sceglie di fissare nella memoria a lungo termine le informazioni spaziali piuttosto che i dettagli. Non sappiamo con certezza perché lo faccia, ma è possibile formulare delle ipotesi. «Ragioniamo in termini evolutivi: se sei un cacciatore-raccoglitore ed entri in un nuovo ambiente, la cosa principale che ti interessa è ricordare come è strutturato il luogo, perché se ci torni ti interessa sapere come uscirne rapidamente in caso di pericolo, o dove si trova il cibo, per esempio. I dettagli su come è fatto ogni singolo oggetto potrebbero essere importanti nel breve termine, ma non nel lungo periodo».
IL RUOLO DEL SONNO PROFONDO
Attraverso l’elettroencefalogramma a cui sono stati sottoposti i partecipanti alla terza parte dello studio, i ricercatori hanno anche cercato di capire cosa accade nel cervello durante il sonno, quale meccanismo permetta di conservare la memoria sequenziale. «Quando dormiamo, il nostro cervello resta in attività: una volta libero dagli input esterni, si concentra sull’elaborazione delle informazioni», spiega Levine. «L’ippocampo, che è la regione deputata alla memoria, entra in comunicazione con la corteccia cerebrale, in particolar modo durante il sonno profondo, detto anche a onde lente. Proprio in questa fase abbiamo notato, nei partecipanti, un’importante sincronizzazione tra queste aree del cervello».
LE IMPLICAZIONI SULLA SALUTE
Secondo Levine, queste osservazioni potrebbero avere delle implicazioni utili anche nelle persone che soffrono di varie forme di demenza. «Le persone che invecchiano, e sicuramente coloro che soffrono di malattie neurodegenerative, spesso lamentano una compromissione della memoria, in particolare quella episodica» Abbiamo condotto uno studio, non ancora pubblicato, in cui gli anziani ricordavano con maggiore difficoltà le informazioni sequenziali rispetto ai giovani adulti. Possiamo ipotizzare che un intervento sul sonno potrebbe essere di supporto per le persone con problemi di memoria. D’altra parte, questo studio è un’occasione per ribadire, per le persone con un sonno sregolato (ormai molte), che prendersi cura del proprio riposo è importante».