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Francesca Morelli
pubblicato il 17-06-2014

Psoriasi: i farmaci ci sono ma non per tutti



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Sono quelli biologici e migliorerebbero il quadro clinico, le patologie concomitanti e la qualità della vita in caso di malattia di intensità medio-grave

Psoriasi: i farmaci ci sono ma non per tutti

Le terapie con farmaci biologici, ultima innovazione nel trattamento della psoriasi, attuate in caso di malattia medio-grave e refrattaria ai trattamenti tradizionali, sarebbero in grado di ridurre anche le gravi comorbidità (patologie concomitanti) che spesso si accompagnano alle manifestazioni cutanee.

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I BIOLOGICI

Migliorano, a un anno dall’inizio della terapia, i disturbi cardiovascolari e metabolici (come il diabete) verso cui svolgerebbero una azione protettiva: sono questi i primi confortanti risultati a cui è giunta la ricerca scientifica dopo otto anni di utilizzo dei farmaci biologici. «Una conferma significativa - spiega Piergiorgio Malagoli, responsabile del Centro PSOCare, Istituto Policlinico San Donato di Milano - soprattutto per i pazienti più giovani nei quali il rischio di sviluppare questo genere di patologie è nettamente maggiore rispetto ai soggetti di età più avanzata». La ricaduta dei farmaci biologi, però, non è solo clinica: si abbattono le barriere del ‘tempo terapeutico’ imposto dai farmaci tradizionali, troppo tossici per tollerare trattamenti superiori ai 3-6 mesi annui, consentendo invece terapie continuative e si riducono drasticamente gli effetti collaterali apprezzabili nelle terapie sistemiche.  «Il merito di questi benefici terapeutici – aggiunge il dermatologo – sono dovuti al fatto che questi farmaci bersagliano solo i fattori quali il TNF, una sostanza pro-infiammatoria prodotta dai leucociti, e alcuni tipi di interleuchine (in particolare la 12 e 23) direttamente responsabili dell’insorgenza e dello sviluppo delle lesioni cutanee».


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FARMACI RIMBORSATI DAL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE

Ma si riduce anche lo stigma di lesioni deturpanti estese a tutte le sedi del corpo con il conseguente rifiuto, da parte di chi ne è portatore, di una vita sociale, lavorativa e di coppia normale. «Il paziente – precisa Malagoli – con i biologici non si sente più ghettizzato». Una barriera, però, purtroppo c’è perché questa sembra essere ancora una terapia di élite: «I farmaci vengono proposti in forma gratuita e passati dal Servizio Sanitario Nazionale - aggiunge ancora lo specialista - quando la malattia non risponde più alle terapie tradizionali (topiche e/o con ciclosporine e methotrexate, ndr) e solo in centri PSOCare, diffusi sul territorio ma non tutti propensi alla dispensazione di questa terapia. Ne sono esclusi coloro che hanno avuto un tumore nei cinque anni precedenti o con gravi forme infiammatorie sui quali questi farmaci possono influire».


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IL FUTURO

Le aspettative scientifiche puntano alla risoluzione di ‘effetto collaterale’ dei farmaci biologici: «In alcuni casi – precisa Malagoli – l’organismo potrebbe auto-produrre un anticorpo antifarmaco che non crea danni, ma che può condizionare l’efficacia della terapia».  Allora? «La ricerca si sta dedicando alla creazione di nuovi farmaci biologici che bersagliano altri fattori responsabili dell’insorgenza della malattia e con meccanismi di azione completamente differenti». Ciò consentirà di avere un ventaglio terapeutico molto più ampio, in grado di coprire non solo manifestazioni di malattia più o meno intense e più o meno reattive, ma anche tutte le età: dall’adulta alla pediatrica.


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