La nuova campagna “Da parte mia” promuove la donazione del corpo per fini di studio e ricerca: un atto di generosità e consapevolezza che forma i medici del futuro e dà nuovo senso alla fine della vita

Ci sono doni che sfidano il tempo. Restano lì, tangibili e preziosi, impressi nella trama della memoria. Ecco: la donazione del proprio corpo alla scienza rappresenta uno dei gesti più nobili e significativi. Perché è un atto di fiducia: nella ricerca, nella medicina, nella potenza tracimante del progresso. Non è una fine, ma una continuità. Un passaggio di testimone, che permette a chi verrà dopo di imparare, di comprendere, di curare. Già: nessuna simulazione digitale, per quanto sofisticata, né il più avanzato manichino ipertecnologico può eguagliare il valore formativo dell’incontro diretto con l’anatomia reale di un corpo. In Italia, però, questo atto è ancora poco conosciuto e ancor meno praticato. Ma le cose stanno cambiando. La legge n.10 del 2020 ha finalmente reso operativo il diritto di devolvere il proprio corpo post mortem per fini di studio e ricerca scientifica. Un progresso non solo giuridico, ma culturale (la Fondazione in questi anni si è spesa molto per questo diritto come testimonia una delle nostre guide dal titolo "Donarsi alla scienza" a cura del Comitato Etico n.d.r). E per rincarare il messaggio è stata adesso varata la Campagna nazionale di informazione e comunicazione "Da parte mia", promossa dal Ministero della Salute e affidata alla Regione Emilia-Romagna. Una scelta non casuale, che premia l’eccellenza del Centro di Anatomia clinica e chirurgica sperimentale e molecolare dell’Università di Bologna, autentico pioniere in questo campo.
UN GESTO CHE CONTINUA A GENERARE VITA E CONOSCENZA
«L’analisi anatomica pratica sul cadavere», sottolinea la professoressa Lucia Manzoli, direttrice del Centro felsineo, «rappresenta una tappa imprescindibile nel percorso di ogni futuro medico. Non solo consente di acquisire competenze tecniche fondamentali, ma aiuta a sviluppare una profonda consapevolezza del valore della vita che si è chiamati a preservare. Proprio per questo, abbiamo sempre ritenuto fondamentale promuovere una corretta informazione tra i cittadini sulla possibilità di donare il proprio corpo alla scienza: un gesto di straordinaria generosità, il cui significato va ben oltre il momento della morte». È verissimo: questo atto è una dichiarazione d’amore per il futuro, il segno tangibile di un’esistenza che non si spegne del tutto, ma si connette con chi resta e continua a generare speranza e conoscenza. Studiare su corpi reali, infatti, è essenziale per la formazione dei professionisti sanitari e consente di superare i limiti dell’apprendimento teorico e delle simulazioni, affinando tecniche chirurgiche e diagnostiche. Il gesto filantropico di donarsi si propaga poi come cerchi nell’acqua, toccando in modi inaspettati esistenze lontane, sconosciute, che il donatore mai avrebbe potuto immaginare di influenzare. Si diventa, in pratica, un libro anatomico inestimabile per le mani e gli occhi curiosi di un giovane che, grazie a quel corpo donato, un giorno diventerà un medico o un chirurgo migliore. Che salverà vite. In un loop virtuoso di umanità e scienza.
UN CLIC PER LA SCIENZA: COME MANIFESTARE IL CONSENSO
Ma come si esprime, concretamente, la volontà di donare il proprio corpo alla scienza? Semplice: con un clic. Dal sito della Campagna "Da parte mia" è possibile scaricare un modulo, attraverso il quale si dichiara in modo esplicito e inequivocabile la propria intenzione di offrire – dopo la morte – corpo e tessuti. All’interno della dichiarazione, viene richiesto di indicare una persona, il fiduciario, che, al momento del decesso, avrà il compito di comunicare ai medici il proposito maturato in vita, affinché venga rispettato. È possibile, inoltre, designare anche un sostituto del fiduciario, pronto a subentrare qualora il primo non fosse più in grado di assolvere a questo delicato incarico (un accorgimento prezioso, che garantisce la piena efficacia della scelta anche nelle circostanze più imprevedibili). Una volta compilato, il documento va portato al Comune di residenza per l’autenticazione della firma: un passaggio formale, sì, ma essenziale, poiché conferisce pieno valore legale alla dichiarazione. Infine, l’atto firmato e autenticato deve essere consegnato di persona alla propria ASL di riferimento. Sarà l’Azienda sanitaria, a quel punto, a trasmettere il consenso alla Banca Dati Nazionale, affinché nulla vada smarrito e quel gesto possa davvero trasformarsi in un lascito di sapere e di cura. Per finire, il donatore può annullare la sua decisione in qualsiasi momento e con le medesime formalità indicate per esprimerla.
RESTITUIRE SENSO ALLA FINE: CENTRI, DIRITTI E CONSAPEVOLEZZA
A oggi, il Ministero della Salute ha riconosciuto una rete selezionata di Centri di riferimento incaricati della conservazione e dell’impiego etico dei corpi donati alla scienza (una decina, tra università, aziende ospedaliere di alta specializzazione e Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico). Tali strutture sono tenute a restituire la salma alla famiglia in condizioni dignitose entro dodici mesi dalla consegna ed è previsto che si facciano carico delle spese relative al trasporto del corpo, dal momento del decesso fino alla restituzione, così come dei costi per la successiva tumulazione. Non si tratta di un iter complicato. Ma è, senza dubbio, una scelta che nasce da una riflessione profonda, intima, condivisa con i propri affetti più stretti. Ed è proprio da tale consapevolezza, da questo dialogo aperto e sincero, che può scaturire un cambiamento culturale autentico: dal silenzio alla parola, dalla paura alla comprensione, dal tabù alla possibilità concreta di lasciare un’eredità edificante di sapere. La campagna "Da parte mia", sostenuta con convinzione dal volto pop di Giorgio Chiellini, segna un ulteriore passo significativo verso l’abbattimento di antichi “veti sociali”. In un tempo in cui la morte viene sistematicamente rimossa dal discorso pubblico, scansata nelle conversazioni quotidiane e confinata ai margini della coscienza collettiva, iniziare a nominarla, ad affrontarla, a restituirle senso è, oggi più che mai, un atto rivoluzionario. Come non ricordare, allora, il contributo lungimirante del professor Umberto Veronesi? Con la sua voce limpida e appassionata, ha saputo offrirci una visione etica e laica della fine, che non teme di guardare la morte negli occhi, ma la riconosce come parte del percorso umano. Non una resa, ma un passaggio che può ancora produrre significato. Una soglia, certo, ma anche un ponte verso la conoscenza, nonché una forma di utilità che trascende il tempo. E che costruisce vita anche dove tutto sembra concludersi.
IL PRIMO PAZIENTE: ANATOMIA DI UN ATTO D’AMORE
Il Centro di Anatomia dell’Università di Bologna, con le sue sale settorie all’avanguardia e dotate di tecnologie d’eccellenza, rappresenta un esempio adamantino di come l’innovazione possa armonizzarsi con la gratitudine, trasformando l’insegnamento medico in un atto di rispetto profondo verso chi, con magnanimità, sceglie di donare il proprio corpo alla scienza. Ogni interazione, qui, ogni momento didattico è, prima di tutto, un tributo silenzioso alla dignità di quella scelta. Ebbene, per raccontare e diffondere questo messaggio con forza e delicatezza, è nata anche un’opera originale: Il primo paziente - La donazione del corpo alla scienza in graphic novel (Tunué), una narrazione per immagini e parole che unisce il rigore della medicina all’espressività dell’arte. Frutto della collaborazione tra l’Università e l’Accademia di Belle Arti di Bologna, il progetto è promosso da Graphic Medicine Italia, associazione culturale fondata da Stefano Ratti, professore ordinario di Anatomia umana, e Veronica Moretti, professoressa associata in Sociologia. L’obiettivo: raccontare la salute, le meraviglie anatomiche e la cura attraverso il linguaggio potente del fumetto. Il titolo dell’opera non è casuale. Perché “il primo paziente” è proprio lui: quel corpo donato alla scienza. L’iniziale incontro che ogni futuro medico affronta. Non un oggetto di studio, sia ben chiaro, ma una persona vera. Che affida la propria unicità a chi, un giorno, sarà chiamato a prendersi cura degli altri.