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Oncologia
Daniele Banfi
pubblicato il 22-05-2025

Tumore al seno e immunoterapia: oltre il triplo negativo?



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L’immunoterapia mostra segnali di efficacia anche nei tumori al seno HR-positivi, aprendo nuovi scenari oltre il triplo negativo. Le prospettive presentate al congresso ESMO Breast

Tumore al seno e immunoterapia: oltre il triplo negativo?

L’immunoterapia -da tempo pilastro nel trattamento di molte neoplasie- sta iniziando a mostrare risultati promettenti anche nel tumore al seno oltre triplo negativo. Durante il recente congresso ESMO Breast (European Society for Medical Oncology), gli esperti hanno discusso le nuove evidenze che sembrerebbero suggerire la possibilità di estendere l’impiego di questa strategia anche ad altri sottotipi, finora considerati poco responsivi. In particolare a riaccendere il dibattito è stato un recente studio pubblicato su Nature Medicine che ha mostrato risultati incoraggianti dell’immunoterapia in combinazione con la chemioterapia in donne con tumore HR-positivo, una delle tipologie più diffuse. 

PERCHÈ L'IMMUNOTERAPIA HA POCO SUCCESSO NEL TUMORE AL SENO?

L'immunoterapia è una strategia di cura anticancro che ha come obiettivo principale la stimolazione del sistema immunitario affinché riconosca ed elimini le cellule tumorali. Dal 2011 -anno di approvazione di ipilimumab, il primo farmaco immunoterapico della storia- ad oggi l'immunoterapia ha fatto passi avanti da gigante rivoluzionando il trattamento di diverse neoplasie come melanoma, tumore del polmone, tumore del rene, tumore della vescica e molte altre. Ma c'è un'eccezione: il tumore al seno. La mammella è da sempre considerata un organo "immunologicamente freddo", ovvero poco infiltrato da cellule immunitarie. Una caratteristica che rende il tumore al seno in generale meno sensibile all’immunoterapia rispetto ad altre neoplasie.

L'ECCEZIONE DEL TRIPLO NEGATIVO

L'unica eccezione è rappresentata dal tumore al seno triplo negativo -che rappresenta circa il 15-20% di tutti i carcinomi mammari- dove l'immunoterapia ha dato importanti risultati (come raccontato in questo nostro approfondimento) sia nelle forme metastatiche sia in quelle localizzate. Ad oggi nel nostro Paese sono due gli immunoterapici attualmente approvati (atezolizumab e pembrolizumab) ma il loro utilizzo è limitato alle pazienti che presentano particolari caratteristiche nell'espressione di un recettore (PD-L1). 

UN CAMBIO DI PARADIGMA?

Negli ultimi anni però qualcosa si è incominciato a muovere: anche i tumori HR-positivi, da sempre ritenuti poco responsivi all'immunoterapia, hanno iniziato a entrare nel mirino della ricerca. Recenti studi hanno infatti ribaltato questa visione. Tra questi uno dei più importanti è stato il trial CheckMate 7FL, pubblicato su Nature Medicine ad inizio 2025, che ha coinvolto donne con tumore al seno HR+/HER2− in fase precoce e ad alto rischio. Le pazienti sono state trattate con la chemioterapia standard, con o senza l’aggiunta di nivolumab, un farmaco immunoterapico. Secondo quanto dichiarato ad ESMO Breast dalla professoressa Sherene Loi, oncologa e ricercatrice tra le più autorevoli nel campo dell’immunoterapia nel tumore al seno, i risultati sono stati particolarmente interessanti in un gruppo specifico di pazienti. «Abbiamo osservato benefici importanti nelle donne con tumori che avevano già segni di attivazione del sistema immunitario. In particolare, quelle con un’infiltrazione anche minima di linfociti, un’espressione di PD-L1 sulle cellule tumorali o immunitarie, e livelli più bassi dei recettori ormonali sembrano rispondere meglio. I tumori con una bassa presenza di estrogeni -sotto il 10%- si comportano in modo simile ai tripli negativi, e proprio in questi casi l’aggiunta dell’immunoterapia ha fatto davvero la differenza» ha dichiarato la Loi.

IDENTIFICARE I TUMORI PIÙ ATTIVI

Un’indicazione, questa, confermata anche dallo studio KEYNOTE-756, presentato all'ultimo congresso ESMO. In questo caso l’aggiunta di pembrolizumab -un altro farmaco immunoterapico- alla chemioterapia neoadiuvante in donne con tumore HR+ ad alto rischio ha portato a un aumento significativo del tasso di risposta completa: dal 15,6% al 24,3%. «Anche in questo studio -spiega la Loi- le pazienti con tumori più "attivi" dal punto di vista immunitario hanno risposto meglio. Identificare queste caratteristiche attraverso l'analisi del tessuto tumorale potrebbe aiutarci a selezionare chi può davvero trarre vantaggio da questo approccio. L’obiettivo è migliorare l’efficacia delle terapie e, in molti casi, aumentare le possibilità di fare interventi chirurgici più conservativi. Ma servirà tempo per capire se questi risultati si tradurranno anche in una maggiore sopravvivenza a lungo termine».

COSA ASPETTARSI IN FUTURO?

Qualcosa dunque incomincia a muoversi ma identificare chi può davvero beneficiarne, come per molti tumori, rimane la sfida principale. I classici test oggi disponibili non sono sempre affidabili. Per questo la ricerca sta puntando su strumenti più avanzati, in grado di analizzare con precisione il microambiente del tumore e capire quanto è attivo il sistema immunitario. Un’altra strada promettente è rappresentata dalle combinazioni: un esempio consiste nell'affiancare l’immunoterapia a farmaci innovativi come gli anticorpi coniugati, capaci di colpire in modo mirato le cellule tumorali e, allo stesso tempo, stimolare una risposta immunitaria. Infine, si comincia a esplorare anche il possibile ruolo di fattori naturali -come gravidanza e allattamento- nella modulazione del sistema immunitario della mammella. Sono tutte piste che, insieme, potrebbero aiutare a estendere i benefici dell’immunoterapia a un numero sempre maggiore di donne.

Daniele Banfi
Daniele Banfi

Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.


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