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Alimentazione
Raffaella Gatta
pubblicato il 16-05-2025

La resistenza agli antibiotici è presente anche negli alimenti



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L'Efsa segnala la presenza di batteri resistenti agli antibiotici nella carne e negli animali da allevamento

La resistenza agli antibiotici è presente anche negli alimenti

Un tempo confinati agli ospedali, i batteri resistenti agli antibiotici più potenti stanno ora facendo la loro comparsa anche nella catena alimentare. È quanto emerge dal più recente parere scientifico dell’EFSA (Autorità europea per la sicurezza alimentare). L’agenzia segnala la presenza, nella carne e negli animali da allevamento, di batteri produttori di carbapenemasi (CPE), ovvero microrganismi in grado di disattivare i carbapenemi, antibiotici di ultima linea.

 

Cosa sono i carbapenemi e perché sono così importanti?

I carbapenemi sono antibiotici usati solo in ospedale per trattare infezioni molto gravi e resistenti ad altri farmaci. Sono spesso l’ultima risorsa terapeutica. Alcuni batteri, però, stanno imparando a “digerirli” grazie a enzimi speciali chiamati carbapenemasi. Quando questo succede, curare l’infezione diventa difficile, a volte impossibile.

 

Un problema noto già da tempo

Nel 2013, l’EFSA segnalava i primi casi di resistenza in animali da allevamento, con batteri isolati in Germania, Francia e Belgio. Anche se i carbapenemi non sono mai stati usati negli allevamenti europei, si temeva che la resistenza potesse diffondersi attraverso altri canali, come il contatto ambientale o la mobilità genetica tra batteri. La raccomandazione era chiara: iniziare un monitoraggio sistematico e armonizzato a livello europeo. Oggi, quella preoccupazione si è trasformata in realtà.

 

2025: la resistenza è ormai diffusa

Secondo l’ultima valutazione EFSA, i batteri produttori di carbapenemasi (CPE) sono stati rilevati in 14 Paesi europei nella filiera alimentare, soprattutto in carne suina, bovina e avicola. In alcuni casi, i ceppi isolati negli animali sono geneticamente identici a quelli che causano infezioni nell’uomo, segnalando una possibile trasmissione tra specie. I batteri coinvolti più spesso sono Escherichia coli, Enterobacter, Klebsiella e Salmonella. I geni che rendono questi microrganismi resistenti si trovano spesso su plasmidi, elementi di DNA facilmente trasmissibili da un batterio all’altro, anche tra specie diverse, accelerando la diffusione.

Dalla prima allerta alla diffusione europea: una cronologia sintetica

  • 2013 – L’EFSA pubblica il primo parere scientifico sulla resistenza ai carbapenemi negli animali. I casi sono sporadici, ma si raccomanda di attivare un monitoraggio europeo.
  • 2014–2020 – La sorveglianza resta parziale. I plasmidi trasmettono silenziosamente i geni resistenti tra batteri.
  • 2021–2023 – Diversi Paesi registrano un aumento dei casi in carne di suini, bovini e pollame. Emergono ceppi identici tra animali e uomo.
  • 2025 – L’EFSA conferma la diffusione in 14 Paesi EU/EFTA. Il fenomeno è riconosciuto come una minaccia concreta alla salute pubblica.
 

Cosa si può fare?

L’EFSA propone un approccio coordinato secondo il principio One Health, che integri salute umana, animale e ambientale. Tra le azioni raccomandate vi è l’estensione del monitoraggio a prodotti finora esclusi, come pesce e verdure, oltre al miglioramento dei sistemi di tracciabilità genetica per individuare l’origine e la diffusione dei batteri. È inoltre fondamentale identificare e contenere i potenziali vettori di trasmissione, come i mangimi e gli operatori della filiera alimentare.

 

Cosa possiamo fare come cittadini?

Possiamo contribuire alla prevenzione:

  • scegliendo alimenti provenienti da filiera controllata e certificata
  • prestando attenzione all’igiene in cucina e alla corretta cottura dei prodotti di origine animale
  • è inoltre fondamentale evitare l’uso improprio di antibiotici, anche quando si tratta di automedicazione in ambito domestico.

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