Le terapie Car-T mostrano risultati promettenti nel trattamento del glioblastoma, aprendo nuove prospettive dopo anni di fallimenti. I risultati presentati ad ASCO

Le Car-T sembrano essere la strada più promettente nella lotta al glioblastoma. Pur essendo molto lontani da una cura efficace, due studi presentati al congresso dell'American Society of Clinical Oncology (ASCO) fanno ben sperare per il futuro. A realizzarli gli scienziati del Massachusetts General Hospital (MGH) e della University of Pennsylvania.
CHE COS'È IL GLIOBLASTOMA?
Il glioblastoma, appartenente ai tumori della famiglia dei gliomi, è la neoplasia a carico del cervello più difficile da curare. Si tratta di una malattia che colpisce prevalentemente le persone dopo i 50 anni. Purtroppo, nonostante le terapie, solo il 25% dei pazienti è vivo ad un anno dalla diagnosi e circa il 5% a 5 anni. Ciò accade perché il glioblastoma, anche quando operato in tempo, presenta tassi di recidiva molto elevati. Non solo, quando il tumore si ripresenta è spesso resistente alle terapie.
COME SI CURA?
Attualmente il glioblastoma può essere affrontato con un triplice approccio: chirurgia per rimuovere il tumore, chemioterapia con temozolomide e radioterapia. Ultimamente alcuni studi hanno inoltre dimostrato, in un sottogruppo di tumori, l'efficacia seppur parziale dell'immunoterapia. Strategie di cura che comunque non hanno mai migliorato sensibilmente il dato della sopravvivenza alla malattia. Ecco perché da tempo, complice lo scarso successo delle cure, sono diversi i gruppi di ricerca che stanno cercando di sviluppare nuove strategie di cura. Una di esse è quella delle Car-T, ovvero l'utilizzo delle proprie cellule del sistema immunitario -opportunamente modificate il laboratorio- ingegnerizzate allo scopo di riconoscere ed eliminare le cellule tumorali. Un approccio che ha dato grandi risultati soprattutto per i tumori del sangue.
I RISULTATI DEGLI STUDI PRESENTATI AD ASCO
Per quanto riguarda il glioblastoma l'idea di fondo è quella di modificare i linfociti T del paziente iniettandoli direttamente a livello cerebrale. Il primo studio, condotto dal Massachusetts General Hospital e pubblicato sul New England Journal of Medicine, ha trattato 10 pazienti con una Car-T mirata al recettore EGFR, spesso iperespresso nel glioblastoma. I linfociti modificati sono stati infusi direttamente nel sistema nervoso centrale. Tra i risultati più notevoli, la sopravvivenza oltre gli 8 mesi in 7 pazienti su 10, con un caso di remissione prolungata per quasi due anni.
L'altro studio arriva dalla University of Pennsylvania, già pioniera nel campo delle Car-T. In questo caso, le cellule T sono state modificate per riconoscere due bersagli tumorali: EGFR e IL-13Rα2. Lo studio, presentato ad ASCO e pubblicato su Nature Medicine, ha coinvolto 18 pazienti. Tra i 13 con malattia misurabile, 8 hanno mostrato una riduzione della massa tumorale. Un paziente ha avuto una risposta maggiore del 50%, e due sono in remissione da oltre 16 mesi.
PROSPETTIVE FUTURE
Quanto ottenuto va ad aggiungersi ad un ulteriore caso, spesso citato nella letteratura scientifica, City of Hope di Los Angeles, dove un paziente trattato con una Car-T anti-IL13Rα2 è vivo da quasi cinque anni dopo il trattamento, un evento mai registrato prima nella storia clinica del glioblastoma. Attenzione però a pensare che le Car-T siano la soluzione al glioblastoma: I risultati ottenuti, pur incoraggianti, vanno letti con cautela. I numeri sono ancora piccoli e la maggior parte dei pazienti, anche se inizialmente risponde, va incontro a recidiva. Un ostacolo cruciale è rappresentato dalla risposta immunitaria del paziente contro le stesse cellule Car-T, che può limitarne l’efficacia. Eppure, dopo anni di totale impotenza terapeutica, l’idea che sia possibile ottenere una risposta clinica significativa – e talvolta duratura – in una malattia come il glioblastoma rappresenta una svolta.

Daniele Banfi
Giornalista professionista del Magazine di Fondazione Umberto Veronesi dal 2011. Laureato in Biologia presso l'Università Bicocca di Milano - con specializzazione in Genetica conseguita presso l'Università Diderot di Parigi - ha un master in Comunicazione della Scienza ottenuto presso l'Università La Sapienza di Roma. In questi anni ha seguito i principali congressi mondiali di medicina (ASCO, ESMO, EASL, AASLD, CROI, ESC, ADA, EASD, EHA). Tra le tante tematiche approfondite ha raccontato l’avvento dell’immunoterapia quale nuova modalità per la cura del cancro, la nascita dei nuovi antivirali contro il virus dell’epatite C, la rivoluzione dei trattamenti per l’ictus tramite la chirurgia endovascolare e la nascita delle nuove terapie a lunga durata d’azione per HIV. Dal 2020 ha inoltre contribuito al racconto della pandemia Covid-19 approfondendo in particolare l'iter che ha portato allo sviluppo dei vaccini a mRNA. Collabora con diverse testate nazionali.