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Caterina Fazion
pubblicato il 07-02-2023

Vaccino contro HIV: cosa fare dopo l’ultimo fallimento?



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L'unico vaccino contro l'HIV in fase avanzata di sperimentazione clinica si è rivelato inefficace. Quali sono i prossimi passi?

Vaccino contro HIV: cosa fare dopo l’ultimo fallimento?

Per la lotta all’HIV sono stati fatti molti passi avanti, ma un vaccino che possa definitivamente prevenire l’infezione , non è ancora disponibile. L’ennesimo fallimento è stato annunciato a pochi giorni dall’inizio del 2023: l'unico vaccino contro l'HIV, in fase avanzata di sperimentazione clinica, si è rivelato sicuro, ma inefficace. La ricerca, però, non si ferma. Quali sono i prossimi passi? Esistono altre strade per ottenere un vaccino efficace?

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MOSAICO, IL FALLIMENTO DELLA GRANDE SPERANZA

Nello studio “Mosaico” erano riposte moltissime speranze e gli esordi della sperimentazione sembravano promettere bene. Si tratta di un vaccino contro l'HIV già risultato sicuro ed efficace nell’indurre nell’uomo la produzione di anticorpi anti HIV. Restava “solo da capire” se gli anticorpi prodotti fossero in grado di neutralizzare, nello specifico, il virus dell’HIV. Per la sperimentazione clinica di fase 3, iniziata nel 2019, sono stati coinvolti 3.900 volontari di età compresa tra 18 e 60 anni in Europa, Nord America e Sud America. Si trattava di soggetti maggiormente a rischio di contrarre il virus: uomini che hanno rapporti sessuali con uomini (MSM) e transgender.

Il nome dello studio, Mosaico, è proprio legato alla composizione del vaccino che utilizzava come antigeni diverse componenti del virus con l'obiettivo di indurre risposte immunitarie il più possibile ampia nei confronti di diversi sottotipi virali. Questo candidato vaccinale, prodotto da Janssen di Johnson & Johnson, iniettato quattro volte nell’arco di un anno, utilizza come vettore un comune virus del raffreddore (adenovirus sierotipo 26, o Ad26) per veicolare gli immunogeni a mosaico. Le ultime due vaccinazioni includevano una formulazione bivalente (a due componenti) di proteine dell'involucro dell'HIV per stimolare ulteriormente la risposta immunitaria . Il comitato indipendente DSMB, incaricato di monitorare lo studio ha stabilito che, pur non essendoci problemi di sicurezza, il vaccino non ha fornito protezione contro il virus dell’HIV: il numero di infezioni da HIV, infatti, è risultato simile tra il gruppo che ha ricevuto il vaccino e il gruppo che ha ricevuto il placebo.

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La vaccinazione come strumento di prevenzione. Un esempio: la meningite

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VACCINO HIV, PERCHÈ È COSÌ DIFFICILE REALIZZARLO

A questo fallimento, però, è giusto dare anche un’accezione costruttiva. Fare un vaccino contro HIV, infatti, è estremamente difficile. Capiamo perché.

«Il virus HIV è mutevolissimo – spiega la professoressa Antonella Castagna,  primario di Malattie Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele – , e la Gp120, la proteina grazie alla quale il virus è in grado di entrare nella cellula dell'ospite, ha una variabilità molto più elevata, per fare un esempio, della proteina Spike di SARS-CoV2. Stimolare la produzione di anticorpi che blocchino questa proteina in modo stabile è molto difficile proprio a causa della grande variabilità e mutabilità. Va poi considerata l’assenza di modelli animali che ci permettano di testare efficacemente il candidato vaccinale, nel macaco, ad esempio, l'infezione da HIV ha caratteristiche diverse da quelle dell’uomo. Nello studio Mosaico riponevamo grandi aspettative, e la scoperta della sua inefficacia ha spento un po’ le nostre speranze e portato un po’ di sconforto, ma la ricerca non si ferma».

 

LA RICERCA NON SI FERMA

Il terreno della ricerca nel campo dell’infezione da HIV, infatti, resta molto florido. Si tratta di ripartire, pazientando un po’ di più rispetto a quanto si immaginava fino a poco tempo fa. «Per prevenire efficacemente le nuove infezioni da HIV – ricorda la professoressa Castagna – si sta lavorando allo sviluppo di un vaccino a mRNA, la piattaforma vaccinale utilizzata efficacemente nei confronti di SARS- CoV 2. È un approccio promettente che, tuttavia richiede ancora molto tempo. La sperimentazione, infatti, si trova ancora alla fase 1, con l’obiettivo di valutare la sicurezza del vaccino e la capacità di indurre una risposta immunitaria producendo anticorpi ampiamente neutralizzanti. Un’altra frontiera per prevenire l’infezione da HIV è legata alla possibilità di stimolare dei precursori rari delle cellule B, particolarmente capaci di produrre anticorpi neutralizzanti».

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GLI STRUMENTI CONTRO HIV

Negli ultimi anni sono stati fatti enormi passi avanti nella lotta contro l’HIV. Al giorno d’oggi le persone con  HIV, se trattate precocemente con i farmaci antiretrovirali, hanno un’aspettativa di vita simile di chi non è mai entrato in contatto con il virus. Inoltre studi molto importanti hanno documentato che le persone in terapia antiretrovirale stabile, con una viremia non rilevabile nel sangue, non trasmettono ad altri l’infezione per via sessuale. Per quanto riguarda la prevenzione, invece, in attesa di avere un vaccino sicuro ed efficace, abbiamo a disposizione un grande strumento farmacologico: la profilassi pre esposizione ( PrEP).

«Possiamo somministrare giornalmente, per via orale, farmaci antiretrovirali a soggetti che, pur essendo negativi all'HIV, hanno un rischio di contrarlo molto elevato», chiarisce Antonella Castagna. «Ci riferiamo agli MSM con un numero elevato di partners, a soggetti con recente diagnosi di malattia sessusalmente trasmessa o coppie sessualmente attive sierodiscordanti in cui uno dei due partner ha viremia rilevabile. Questi farmaci, che purtroppo in Italia non sono ancora rimborsabili da parte del SSN, si sono dimostrati efficace nel ridurre drasticamente, fino all’80%, il numero di nuove infezioni che nel nostro Paese sono in costante calo. Certo è un fenomeno che va interpretato anche considerando il periodo di distanziamento sociale che abbiamo vissuto a causa della pandemia da Covid-19, tuttavia nel 2021 ci sono state poco più di 1700 nuove infezioni, grazie all’utilizzo della terapia antireretrovirale precoce per tutti e all’utilizzo crescente per lo meno in alcune aree della PReP. Non dimentichiamo che la PreP va proposta all’interno di una strategia globale di counseling volta a ridurre il rischio di infezioni sessualmente trasmissibili, efficacemente prevenibili con l’utilizzo del profilattico. Il vaccino sarebbe senza dubbio una conquista infinitamente migliore, proteggerebbe i soggetti a rischio senza costringerli a continuare per gran parte della propria vita ad assumere farmaci e rappresenterebbe una misura irrinunciabile nel prevenire le nuove infezioni nelle zone del mondo in cui l’accesso ai farmaci è ancora oggi molto difficile». Attendiamo fiduciosi i risultati della ricerca scientifica.

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Caterina Fazion
Caterina Fazion

Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile


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