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Martina Morandi
pubblicato il 09-10-2023

Tumore al seno triplo negativo: gli effetti del Bisfenolo A



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Gli inquinanti ambientali possono giocare un ruolo nello sviluppo del tumore al seno triplo negativo, così come nella sua comprensione: la ricerca di Anna Citarella

Tumore al seno triplo negativo: gli effetti del Bisfenolo A

Il tumore triplo negativo è una delle forme più aggressive di tumore al seno e una delle più difficili da trattare. Oltre alla sua complessità molecolare, anche l'ambiente in cui viviamo ha ruolo nella progressione di questo tumore. Gli inquinanti ambientali, tra cui il Bisfenolo A (BPA, un componente della plastica), sono stati identificati nel tessuto adiposo della mammella nelle pazienti oncologiche in quantità significativamente più alte rispetto a donne sane. Sono però necessari ulteriori studi per determinare il coinvolgimento del BPA nella genesi di questo tumore.

Anna Citarella è ricercatrice presso l’Università della Sapienza di Roma, dove studia gli effetti del BPA nel contesto del tumore al seno triplo negativo usando dei modelli “3D” chiamati organoidi. Il progetto sarà sostenuto per il 2024 da una borsa di ricerca di Fondazione Umberto Veronesi nell’ambito del progetto Pink Is Good.

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Anna, come nasce l'idea del vostro lavoro?

«L’idea del nostro lavoro nasce da una lunga esperienza in studi che sono dedicati all’analisi molecolare dei tumori e, più recentemente, del microambiente tumorale (l’insieme di molecole, cellule, tessuti, strutture che circondano il tumore vero e proprio n.d.r.) e degli inquinanti ambientali a cui siamo giornalmente esposti. Abbiamo deciso di orientare la nostra ricerca su un tumore molto aggressivo, il cancro al seno triplo negativo, il quale presenta una sopravvivenza media dalla diagnosi nettamente inferiore rispetto alle altre forme di tumore alla mammella».

Su cosa si concentrano i vostri studi?

«Vogliamo analizzare gli aspetti poco conosciuti di questo tumore e, in particolare, fare luce sull’impatto di un inquinante ambientale molto diffuso e componente della plastica, il BPA. Studi preliminari con organoidi tumorali hanno evidenziato il ruolo del BPA sulla “riprogrammazione” del tessuto adiposo (una vera e propria modifica delle sue funzioni, N.d.R.), attraverso il rilascio di particolari molecole che potrebbero alimentare la crescita e l’aggressività di questo tumore. Noi studieremo gli effetti del BPA sulle diverse componenti cellulari di questo tumore. Quindi, non soltanto sulle cellule tumorali, ma anche sulle cellule del tessuto adiposo che è componente principale del microambiente nel tumore al seno».

In che modo?

«Quest’anno metteremo a punto dei modelli innovativi tridimensionali che prevedono la combinazione di diversi tipi cellulari. In questo modo, potremmo cercare di fare chiarezza sul ruolo del BPA nel contesto del tumore triplo negativo».

Il vostro obiettivo finale?

«L’obiettivo finale è quello di identificare nuovi bersagli molecolari per il tumore al seno triplo negativo, i quali possano essere utilizzati per lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche più personalizzate e più efficaci».

Anna, perché hai scelto di intraprendere la strada della ricerca?

«Non c’è stato un momento preciso. Ho sempre avuto un’attrazione per la scienza fin da piccola. L’epifania è arrivata durante il corso di laurea magistrale in genomica funzionale, in questo periodo ho scoperto la passione per la biologia molecolare e l’epigenetica».

Hai mai lasciato l’Italia per condurre la ricerca scientifica all'estero?

«Ho avuto la possibilità di svolgere un’esperienza di ricerca all’estero durante il secondo anno di laurea magistrale presso il laboratorio di Chromosome Dynamics and Recombination sotto la guida della prof.ssa Valeriè Borde, all’Institut Curie di Parigi. Lavorare all’estero è stata un’esperienza altamente formativa e non escludo la possibilità di viaggiare e lavorare per altri periodi fuori dall’Italia, ma nell’ottica di acquisire nuove competenze per poi continuare a lavorare per la mia nazione».

C’è un momento della tua vita professionale che vorresti incorniciare o dimenticare?

«Non ce n’è uno in particolare né di negativo né di positivo. Se penso a uno dei momenti più temuti da un giovane ricercatore, sicuramente è la prima “revisione” di un articolo scientifico di cui si è primo autore. Mi è capitato proprio dopo il primo lockdown del 2020: ero veramente entusiasta di tornare in laboratorio per lavorare a una scadenza così importante, infatti l’ho vissuta bene».

Cosa ti piace di più della ricerca?

«La curiosità, che è alla base di ogni aspetto del nostro lavoro».

Una figura che ti ha ispirato nella tua vita personale?

«Non ho eroi né personaggi che mi hanno ispirato, ciò che osservo sono le intenzioni delle persone con cui entro in contatto, come agiscono nei momenti difficili, da cosa sono mosse, la loro tenacia e le loro ambizioni».

Cosa avresti fatto se non avessi fatto la ricercatrice?

«L’ingegnere meccanico».

Qual è per te il senso profondo che ti spinge a fare ricerca e dà un significato alle tue giornate lavorative?

«La ricerca è progresso, la ricerca è l’unico modo di vivere il presente pensando al futuro e con il mio lavoro spero di aggiungere un tassello per migliorare la vita e il benessere della comunità».

In che modo e da chi, invece, potrebbe essere aiutato un ricercatore?

«Da parte dello stato con una maggiore stabilità economica e lavorativa».

Pensi che ci sia un sentimento antiscientifico in Italia?

«Non credo ci sia un sentimento antiscientifico, credo piuttosto che chi sviluppa uno scetticismo nei confronti della scienza sia mosso dalla paura legata alla difficile comprensione di argomenti complessi».

Anna, raccontaci di te: cosa fai nel tempo libero?

«Mi piace il cinema, ho una passione spropositata per i film di Woody Allen e la fotografia».

C’è qualcosa che vorresti assolutamente fare o vedere almeno una volta nella vita?

«Vedere la barriera corallina più grande del mondo in Australia».

La cosa che ti fa più paura?

«Di non rendere il mio tempo produttivo umanamente e professionalmente».

La cosa che ti fa ridere a crepapelle?

Mia nonna quando mi chiede se l’articolo scientifico di cui sono autrice, si possa leggere acquistando il suo settimanale preferito dal giornalaio di fiducia».

Cosa vorresti dire alle persone che scelgono di donare a sostegno alla ricerca scientifica?

«La ricerca è speranza! Per noi ricercatori sapere che la comunità comprende il nostro lavoro e lo sostiene economicamente è la più bella ricompensa che possiamo mai avere». 

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