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Oncologia

Quando lo scienziato auto-sperimenta: il caso di Beata Halassy

La virologa croata Beata Halassy ha sperimentato su sé stessa una terapia antitumorale innovativa, scatenando un acceso dibattito. Tre le lezioni da trarre: scientifica, etica e comunicativa

Nel novembre 2024 ha fatto discutere la vicenda di Beata Halassy, virologa dell’Università di Zagabria (Croazia), che ha pubblicato uno studio su una terapia innovativa sperimentata su sé stessa per curare un tumore al seno recidivo. Halassy ha utilizzato un trattamento a base di virus attenuati, iniettati direttamente nel tessuto tumorale, con l’idea di attivare il sistema immunitario per combattere le cellule malate.

A distanza di quattro anni, il tumore non si è più ripresentato. Il caso ha suscitato interesse e polemiche per via della natura fai-da-te della sperimentazione, condotta al di fuori dei tradizionali protocolli clinici. Da questa vicenda possiamo trarre tre importanti lezioni: sul piano scientifico, etico e comunicativo.

IL LIMITE SCIENTIFICO DEL SINGOLO CASO

Dal punto di vista scientifico, il caso di Halassy non offre certezze. Durante il trattamento è stata comunque seguita da un’oncologa ed era pronta a passare a terapie standard in caso di fallimento. Dopo l’auto-sperimentazione, si è sottoposta a un intervento chirurgico e ha assunto per un anno un noto farmaco antitumorale.

Tutti questi fattori rendono difficile stabilire se la guarigione sia stata merito del trattamento sperimentale o delle terapie tradizionali. Inoltre, un singolo caso non basta per trarre conclusioni scientifiche affidabili. Serviranno studi più ampi, con gruppi di controllo, per verificare se questa strategia abbia davvero un potenziale terapeutico.

LA QUESTIONE ETICA

Sul piano etico, Halassy, grazie alle sue competenze, è stata in grado di valutare rischi e benefici per sé stessa. Tuttavia, sperimentazioni simili dovrebbero sempre essere supervisionate da comitati etici indipendenti, che garantiscano maggiore sicurezza e trasparenza.

EVITARE DERIVE PERICOLOSE

Questa supervisione non serve solo a tutelare chi partecipa alle sperimentazioni, ma è essenziale anche per mantenere la fiducia nella ricerca. L’etica della sperimentazione umana non può dipendere solo dall’autonomia del singolo, ma deve poggiare su regole condivise e controlli esterni.

Infine, sul piano comunicativo, pubblicare i risultati dell’auto-sperimentazione è stato un atto di trasparenza importante. Tuttavia, è necessario cautelarsi nel diffondere il messaggio che “curarsi da soli” sia sempre una buona idea.

Una narrazione poco attenta potrebbe incoraggiare emulazioni pericolose da parte di chi non ha le competenze adeguate, oppure minare la fiducia nei rigorosi protocolli clinici che regolano lo sviluppo dei farmaci.

C’è il rischio di tornare a un’epoca in cui la medicina era vissuta come un’impresa eroica, con cure provate direttamente sui pazienti senza alcun controllo. Ma il secolo scorso ci ha insegnato che anche le intuizioni più promettenti, se non testate in modo adeguato, possono rivelarsi fallaci o addirittura dannose.

L’unico modo per sapere se una cura funziona davvero è condurre studi scientifici rigorosi, che bilancino rischi e benefici e mettano al centro la salute delle persone.

(questo articolo è stato pubblicato nel febbraio 2025 su News, la newsletter di Fondazione Veronesi)

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