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Alimentazione
Fabio Di Todaro
pubblicato il 03-06-2014

Attenti a mangiare come l'uomo primitivo



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La paleo-dieta, oggi molto in voga, è in realtà ben diversa da quella seguita dai nostri antenati fino a diecimila anni fa

Attenti a mangiare come l'uomo primitivo

Mangiare come gli antichi si può, a patto di conoscere perfettamente le loro abitudini alimentari per recuperarle nel modo più corretto.

Sì a tutti gli alimenti di origine vegetale. No a latticini, cereali e, più in generale, a tutti gli alimenti trasformati: zucchero, merendine, salumi e cibi pronti.

Ok a carne e pesce, ma in quantità ridotte. Fino a diecimila anni fa si mangiava in questo modo: nutrendosi principalmente dei proventi della caccia e del raccolto.

PALEODIETA

Oggi molto in voga per i presunti benefici sulla salute, la paleo-dieta non è in realtà restringibile a un unico schema alimentare.

Durante il paleolitico, infatti, l’uomo faceva di necessità virtù: chi viveva in aree tropicali e subtropicali aveva un maggiore accesso alle fonti vegetali, mentre nel Nord Europa era privilegiata la cacciagione.

Di sicuro, però, semi, frutta, verdure e tuberi avevano una rilevanza maggiore rispetto a quella che l’uomo riconosce oggi, pur nella comunità dei seguaci della dieta del paleolitico.

È questo ciò che emerge da uno studio appena pubblicato su Nature Communications. I ricercatori, tra cui diversi biologi e antropologi dell’Università di Bologna, hanno studiato le abitudini alimentari degli Hadza, una ristretta comunità - meno di mille individui - che vive in Tanzania in condizioni assolutamente accostabili a quelle dell’uomo durante il paleolitico.

Ovvero: gli uomini si dedicano alla caccia, le donne al raccolto. E tutti si muovono molto, al contrario di quanto accade oggi.

Di agricoltura e allevamenti, invece, nemmeno l’ombra. Si è così potuto scoprire come la loro dieta - e di conseguenza quella degli uomini vissuti più di diecimila anni fa - fosse piuttosto diversa da quella che oggi viene descritta come “Paleo”. Cinque le categorie di alimenti a disposizione degli Hadza: carne, miele, tuberi, bacche, semi e frutti del baobab.

Uno schema definibile quasi vegetariano: oltre il 70% dell’introito energetico quotidiano derivava da fonti vegetali, mentre la carne costituiva soltanto una quota minoritaria del bilancio.

Qualcosa di ben diverso rispetto alle moderne paleo-diete, troppo ricche in proteine di origine animale.

COME CAMBIA LA FLORA INTESTINALE?

Analizzando la composizione microbica rilevata dall’analisi delle feci di 27 adulti Hadza, gli autori dello studio hanno rilevato un microbiota - i microrganismi che popolano l’intestino e avrebbero un ruolo nell’insorgenza di alcune malattie - diverso rispetto a quello di 16 italiani adulti residenti nella provincia di Bologna, arruolati nel gruppo di controllo. «Nell’intestino di ognuno di noi c’è uno zoccolo duro di microrganismi che risulta minoritario in termini quantitativi, ma sulle cui proprietà si sta cercando ancora di fare chiarezza - afferma Lorenzo Morelli, ordinario di biologia dei microrganismi all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza -.

Nei numeri, invece, prevale la quota variabile del microbiota: legata alla dieta, all’età e all’ambiente in cui si vive. Quello degli Hadza è più complesso in ragione delle differenze nella dieta e nello stile di vita».

Sorprendente è stata la rilevazione di batteri del genere treponema, di cui fa parte treponema pallidum: l'agente responsabile della sifilide e della framboesia, una malattia tropicale che si manifesta soprattutto a livello cutaneo e articolare. Come spiegano gli autori della ricerca «è possibile che treponema abbia un ruolo nella degradazione delle fibre vegetali più abbondanti nella dieta degli Hadza, in particolare delle donne».

DIETA PALEO E SALUTE

Parlare di paleo-dieta è dunque corretto, anche se è di fatto impossibile ricondurla a un unico regime alimentare. Ciò su cui si dibatte molto, invece, sono le possibili implicazioni per la salute. A quasi tutti i pazienti che soffrono di malattie infiammatorie croniche intestinali - malattia di Crohn e rettocolite ulcerosa - oggi molti specialisti raccomandano di seguire una dieta riconducibile a quella paleo: ovvero priva di alimenti trasformati, farinacei, latte e derivati ma «per queste malattie, le cui cause non sono ancora del tutto definite, la sola dieta non può certo essere considerata una terapia - chiosa Enzo Spisni, docente di fisiologia della nutrizione all’Università di Bologna -. Diversi studi sottolineano quanto sia importante personalizzare la dieta: la tolleranza di ciascun paziente ai singoli alimenti può essere anche molto diversificata».

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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