Ipertensione in calo in Italia, ma si usa ancora troppo sale
L’aumento della pressione sanguigna è un fenomeno che oggi riguarda soprattutto i Paesi poveri. Ma anche in Italia conviene tenere la guardia alta
Sbaglia chi considera l’ipertensione un problema (soltanto) dei Paesi ricchi. L’aumento della pressione sanguigna, considerato il più rilevante fattore di rischio per l’insorgenza di malattie cardio e cerebrovascolari, è sempre più diffusa anche tra gli Stati in via di sviluppo. Al giorno d’oggi oltre la metà degli ipertesi vive in Asia: circa 226 milioni in Cina, 200 milioni in India e 235 milioni nell’est asiatico. A livello globale, sono gli uomini ad essere ipertesi più delle donne: 597 milioni contro 529.
OLTRE LA META’ DEGLI IPERTESI VIVE IN ASIA
Il dato emerge da una ricerca pubblicata sulla rivista The Lancet, realizzata attraverso i risultati di 1479 indagini su popolazioni esaminate di età superiore a 18 anni dal 1975 al 2015. Nello studio sono state arruolate oltre venti milioni di persone. La pressione arteriosa è stata valutata attraverso la misura di due parametri: la pressione sistolica, ovvero la forza con cui il cuore pompa sangue all’interno dei vasi sanguigni, e la pressione diastolica, che misura la resistenza del flusso di sangue dentro questi vasi. Entrambi i parametri sono misurati in millimetri di mercurio (mmHg). La pressione alta, con una massima uguale o superiore a 140 (sistolica) e una minima uguale o superiore a 90 (diastolica), sottopone a sforzo e tensione i vasi sanguigni, il cuore, il cervello e i reni. Da qui l’aumentato rischio di sviluppare l’ictus cerebrale e l’infarto del miocardio, che provocano la morte di 7,5 milioni di persone in tutto il pianeta ogni anno. La ricerca ha identificato nel 2015 il Regno Unito come il Paese europeo con la proporzione più bassa di pazienti affetti da pressione alta, mentre fra quelli con le stime più alte compare la Croazia. Nel mondo, il primato della proporzione più bassa va alla Corea del Sud, agli Stati Uniti, al Canada, al Perù e a Singapore, mentre oltre la metà degli ipertesi vive in Asia.
IPERTENSIONE: A QUALI SEGNALI FARE ATTENZIONE?
IL RUOLO DELLA DIETA
Negli ultimi quarant’anni il numero di persone che convive con la pressione alta è pressoché raddoppiato, raggiungendo 1,13 miliardi. Se da un lato diminuiscono gli ipertesi nei Paesi industrializzati, dall’altro aumentano in quelli a medio e basso reddito: in particolare nell’Africa Sub-Sahariana e in Asia. La diminuzione della pressione arteriosa sembra dipendere da una migliore alimentazione e dal ricorso precoce alle terapie. L’incremento riscontrato soprattutto nelle aree del pianeta in via di sviluppo rimanda invece a una dieta poco equilibrata, ricca di calorie, grassi saturi e povera di frutta e verdura. «Ciò che sorprende è che la pressione alta sembra essere meno associata a condizioni di benessere, come invece avveniva un tempo», afferma Majid Ezzati, docente di salute pubblica all’Imperial College di Londra e coordinatore della ricerca.
LIEVI PROGRESSI IN ITALIA
Per quanto riguarda la situazione italiana, il confronto tra due periodi (1998-2002 e 2008-2012) ha evidenziato una riduzione dei livelli di pressione arteriosa negli adulti: tanto negli uomini quanto nelle donne. «Il consumo di troppo sale nell’alimentazione, quello ridotto di frutta e verdura, il fumo di sigaretta e la sedentarietà sono alla base dell’aumento della pressione arteriosa - aggiunge Simona Giampaoli, direttore del reparto di epidemiologia delle malattie cardio e cerebrovascolari dell’istituto Superiore di Sanità, che ha curato la raccolta dei dati italiani inseriti nello studio -. Per controllare il numero degli ipertesi occorre adottare politiche sanitarie che migliorino lo stile di vita della popolazione generale e identificare i soggetti con pressione elevata, in modo da assicurare gli opportuni interventi di prevenzione e di cura».
I dieci alimenti che contengono più sodio
Salsa di soia (sodio: 5,72/100 grammi prodotto) Si tatta di un condimento che nasce in cina, ma oggi risulta diffuso in tutta la cucina orientale (giapponese, filippina, coreana e indiana). La salsa è ottenuta mescolando soia, grano tostato, acqua e sale. Il suo uso sta iniziando a diffondersi molto anche in Italia. Il contenuto di sale e glutammato non ne rende consigliabile l'uso in diete povere di sodio. Al momento i nutrizionisti non quantificano l'utilizzo raccomandato. La Società Italiana di Nutrizione Umana (Sinu) consiglia di «limitare l’uso di condimenti alternativi contenenti sodio: come la salsa di soia, il dado da brodo, il ketchup e la senape»
Minestrone liofilizzato (sodio: 5,6/100 grammi prodotto) Si tratta di una soluzione sempre più diffusa in quanto di facile realizzazione. I prodotti liofilizzati vengono congelati, dopodiché disidratati per eliminare virus e batteri.
E la salute è più protetta. Ecco perché le confezioni devono essere ermetiche (controllate sempre con cura, al momento dell’acquisto), sterili e chiuse sottovuoto. Ma i prodotti liofilizzati hanno un contenuto di sale che spesso trascuriamo, perché non vediamo. Prodotti surgelati e liofilizzati risultano spesso addizionati in sale al fine di garantire una maggiore sapidità al palato del consumatore
Prosciutto crudo di Parma (sodio: 2,57/100 grammi prodotto) Non contiene conservanti. Ma in ragione del suo contenuto di sale, necessario al fine di evitare contaminazioni batteriche, il Prosciutto crudo di Parma va consumato con parsimonia. In cento grammi di prosciutto, c'è il quantitativo di sodio massimo che non dovrebbe essere superato ogni giorno, secondo l'Organizzazione Mondiale della Sanità
Salame Brianza (sodio: 1,8/100 grammi di prodotto) Si tratta di un prodotto che viene realizzato nell'omonima zona, a nord di Milano e a sud di Como. Il Salame Brianza viene prodotto con carni suine provenienti da allevamenti della Lombardia, dell'Emilia Romagna e del Piemonte
Caviale (sodio: 2,2/100 grammi di prodotto) Il caviale si ottiene attraverso il trattamento e salatura delle uova di diverse specie di storione. Anche in questo caso, però, negli anni si è riusciti a realizzare un prodotto con quantità di sale (e dunque di sodio) più contenute. Anzi: oggi il caviale di maggiore qualità è considerato proprio quello meno salato
Salmone affumicato (sodio: 1,88/100 grammi di prodotto) Il salmone affumicato è ormai da anni un alimento presente in molti pranzi e cene, anche in Italia. A premiarlo è la sua versatilità: si può usare dalle tartine alla pasta, per imbottire torte salate e preparare carpacci. La maggior parte del pesce che finisce sulle tavole italiane proviene da allevamenti, principalmente scandinavi
Pecorino Si tratta di un formaggio prodotto esclusivamente con latte di pecora. Si tratta di un prodotto di origine mediterranea, ma è prodotto e diffuso anche altrove. Il sale ha funzione di salatura, selezione della flora batterica e conservazione dell'umidità in superficie
Salame Felino (sodio: 1,69/100 grammi di prodotto) Viene prodotto in provincia di Parma, come testimonia anche il suo nome, legato al Comune di Felino. Come accade per tutti i salami, anche il Felino riceve un trattamento di salagione e speziatura. In questo caso cento grammi di prodotto consumati in un solo giorno permettono di assumere quasi il 60 per cento del quantitativo di sodio massimo indicato dall'Organizzazione Mondiale della Sanità
Salame Napoli (sodio: 1,69/100 grammi di prodotto) A dispetto del nome, si tratta di una produzione diffusa in tutta la Campania. Cento grammi di prodotto garantiscono una quantità di sodio pari al 60 per cento di quello massimo indicato dalle istituzioni sanitarie. Ma per una visione più globale, e non limitata soltanto al sodio e alla prevenzione delle malattie cardiovascolari, è meglio guardare ai 50 grammi a settimana di cui parla l'Organizzazione Mondiale della Sanità, per tenere sotto controllo anche il potenziale cancerogeno delle carni trasformate
Prosciutto crudo disossato, privo di grasso visibile (sodio: 2,4/100 grammi di prodotto) Il prosciutto crudo è in assoluto il salume col maggior contenuto di sale. E, di conseguenza, di sodio (pari al 40 per cento del quantitativo di sale). Negli anni i contenuti sono stati ridotti, ma l'aggiunta è inevitabile nel momento in cui occorre affrontare un lungo periodo di stagionatura