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Cardiologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 22-11-2016

Rabbia e stress aumentano il rischio di avere un infarto?


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infarto

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Forti emozioni e un’attività fisica intensa possono contribuire a mandare in tilt il cuore. Una ricerca su stress e infarto suggerisce un forte legame tra la salute mentale e quella del corpo

Rabbia e stress aumentano il rischio di avere un infarto?

Stress fisici e mentali mettono a rischio la salute del cuore, aumentando persino il rischio di infarto. Potrebbero essere riassunte così, le conclusioni di una ricerca pubblicata su Circulation, la rivista dell’American Heart Association. Secondo lo studio infatti compiere uno sforzo intenso quando il fisico è già provato o la mente è offuscata dalla rabbia può costare caro, perfino aumentando il rischio di accusare un infarto del miocardio, rispetto alla propria condizione di normalità.


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RABBIA E STRESS PONGONO IL CUORE A RISCHIO

I ricercatori della McMaster University hanno infatti dimostrato che un forte stress fisico o mentale può mettere a repentaglio la salute cardiovascolare, se accompagnato dall’attività fisica. A una simile osservazione gli scienziati sono arrivati in maniera retrospettiva, dopo aver interrogato oltre dodicimila persone appartenenti a 52 nazioni: tutte già vittime di un attacco di cuore. Ricostruendo le loro condizioni nelle ore immediatamente precedenti il danno cardiaco, gli autori dello studio hanno osservato come il 13,6 per cento dei pazienti era stato impegnato in sforzi fisici pesanti nell’ora precedente, mentre il 9,1 cento nel giorno concluso poi con l’infarto. Una simile correlazione è emersa scavando anche nel loro vissuto emotivo: il 14,4 per cento dei pazienti aveva avuto un attacco di ira o era emotivamente sconvolto nell’ora precedente l’infarto e il 9,9 per cento aveva vissuto gli stessi sentimenti il giorno precedente. Il valore aggiunto dello studio in questione sta nell’ampiezza del campione, nella sua trasversalità (rappresentate tutte le etnie) e nell’aver considerato il rischio indipendentemente da altri fattori concomitanti: come l’ipertensione, il fumo di sigaretta e l’obesità. Collegamenti tra lo stress e perfino l’eccesso di felicità e il rischio di attacco cardiaco erano già emersi in passato, ma mai da gruppi di studio così complessi.

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LE RADICI BIOLOGICHE ALLA BASE DEL FENOMENO

Forti stress, sia fisici sia emotivi, sembrano dunque in grado di mettere ugualmente a rischio la salute del cuore. Il legame è spiegato anche attraverso la biologia. «Entrambi possono aumentare la frequenza cardiaca e la pressione sanguigna e ridurre l’apporto di sangue al cuore - afferma Andrew Smith, ricercatore del dipartimento di salute pubblica della Mc Master University e prima firma della pubblicazione -. In una persona che presenta una parziale ostruzione delle coronarie, questa combinazione può dare origine a un infarto del miocardio». Secondo Barry Jacobs, direttore del dipartimento di scienze del comportamento al Crozer-Keystone Health System di New York, «lo studio è un’ulteriore prova della connessione che c’è tra la mente e il corpo». La ricerca è stata di tipo osservazionale e dunque insufficiente a provare un legame di causa-effetto tra il forte stress e l’insorgenza di un attacco di cuore. Occorre però precisare che conclusioni simili non erano mai state raccolte su un campione così ampio.

MA L’EFFICACIA PREVENTIVA DELL’ATTIVITA’ FISICA NON E’ IN DISCUSSIONE

Detto ciò, rimane confermato il ruolo benefico che l’attività fisica regolare ha nella prevenzione dell’insorgenza di fattori di rischio (ipertensione, obesità) e malattie (diabete, sindrome metabolica, tumori, malattie cardiovascolari). Chiosa Smith: «L’attività fisica andrebbe praticata da tutti come antidoto allo stress. Ma quando questo non si può contenere, è meglio non andare oltre la routine».

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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