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L'esperto risponde
Fabio Di Todaro
pubblicato il 16-03-2017

Dispepsia funzionale: quando è necessario ripetere la gastroscopia?



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Federico soffre di dispepsia funzionale, ma vorrebbe sapere se può evitare di ripetere la gastroscopia. I sintomi e i controlli per un disturbo digestivo che colpisce un italiano su dieci

Dispepsia funzionale: quando è necessario  ripetere la gastroscopia?

Ho 32 anni e tre estati fa mi sono sottoposto alla prima gastroscopia della mia vita. Non essendoci lesioni della mucosa gastrica e duodenale, mi è stata diagnosticata una dispepsia funzionale, che ho provato a curare con un ciclo di sedute di psicoterapia e con l’assunzione di un ansiolitico, alla comparsa dei sintomi. Da qualche mese non avverto più fastidi: è comunque il caso di sottoporsi a una gastroscopia di controllo?

Federico M. (Monfalcone)

 

Risponde Antonio Craxì, ordinario di gastroenterologia all’Università di Palermo e presidente della Società Italiana di Gastroenterologia ed Endoscopia Digestiva

 

La dispepsia funzionale, condizione che determina una maggiore difficoltà nel portare a termine il processo digestivo, non è riconducibile a una specifica malattia come l’ulcera peptica o il reflusso gastroesofageo. Si stima che a soffrirne sia quasi un italiano su dieci, che può avvertire forti dolori allo stomaco, soprattutto dopo i pasti. Spesso la dispepsia è una condizione secondaria a una gastrite, la cui causa principale è l’infezione da Helicobacter pylori.

 

In un caso come il suo, ovvero quello che coinvolge un giovane in buona salute, per la diagnosi occorre valutare la presenza o meno sintomi di allarme. Che, per essere chiaro nei confronti di tutti i lettori, sono i seguenti: dimagrimento, anemia, sanguinamento gastro-intestinale (emissione di sangue con le feci o con il vomito), vomito alimentare persistente. Essendosi già sottoposto a una gastroscopia, deduco che il collega che gliel’ha effettuata abbia voluto approfondire le indagini per chiarire la ragione dei sintomi. Sgomberato il campo dai dubbi, di fronte peraltro a un miglioramento dei sintomi, non è dunque il caso di ripetere l’esame endoscopico a distanza di tre anni.

 

La gestione delle dispepsie rientra tra quei casi che contribuiscono a determinare un abuso degli esami endoscopici a scopo diagnostico. Oltre a rappresentare uno spreco delle risorse sanitarie con un allungamento delle liste d’attesa, gli esami endoscopici inutili non sono scevri da rischi. Per quanto bassi, le complicanze esistono - la perforazione del viscere o un sanguinamento per una lesione della mucosa - e le probabilità non sono pari a zero.  

 

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Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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