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Oncologia
Fabio Di Todaro
pubblicato il 11-03-2015

Midollo osseo: servono nuovi donatori per salvare migliaia di vite



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La mappa dei trapianti di staminali fa registrare disparità tra i diversi Paesi. L’appello degli esperti: per chi ha tumori del sangue o linfomi spesso non c’è alternativa

Midollo osseo: servono nuovi donatori per salvare migliaia di vite

Dal primo trapianto di midollo osseo - effettuato da Edward Donnall Thomas nel 1950, gli sarebbe valso il Premio Nobel per la medicina nel 1990 - sono passati 65 anni e a oggi sono più un milione quelli effettuati in 75 Paesi del mondo. A ricevere le cellule staminali sono pazienti affetti da leucemie, linfomi, mielomi e malattie rare congenite. Ma nonostante i numeri complessivi siano incoraggianti, sono ancora troppe le disparità che emergono tra diversi Paesi del mondo.


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TREND INCORAGGIANTE

A disegnare la mappa della donazione di staminali - prelevate nel corso del trapianto - è stato un gruppo internazionale di ricercatori, in uno studio pubblicato su The Lancet Haematology. Utilizzando i dati raccolti dalla rete mondiale del sangue e della donazione di midollo osseo riferiti ai 194 Paesi aderenti all’Organizzazione Mondiale della Sanità, è emerso come i trapianti siano più frequenti nei Paesi con maggiori risorse finanziarie e in cui c’è una stretta collaborazione tra associazioni e istituti ospedalieri. La maggior parte di essi, tra il 1957 e il 2012, è stata eseguita in Europa (53%). A seguire gli Stati Uniti (31%), l’area del sud-est asiatico e del Pacifico occidentale (15%), gli Stati che si affacciano sul Mediterraneo orientale e i Paesi africani (2%). In crescita il numero di donatori volontari: al termine del 2012 erano oltre 23 milioni le persone inserite nel registro e più di 645mila le donazioni di sangue cordonale registrate.

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LA SITUAZIONE ITALIANA

I dati risultano confermati su scala nazionale: in Italia gli interventi effettuati nel 2014 sono stati 1695 (l’11% in più rispetto al 2013), con 169  donatori volontari (rispetto ai 155 del 2013). Ma nonostante questi aumenti, ci sono ancora troppi pazienti che non riescono a trovare un donatore idoneo. Dal documento emerge come in questo momento siano circa 1.800 le persone in attesa di una donazione nel Regno Unito. Poco meno di quarantamila nel mondo. Curioso, invece, che non sia possibile ricevere un numero per l’Italia. «Non siamo in grado di poter dire quanti pazienti siano in lista di attesa per un trapianto nel nostro Paese», è quanto fanno sapere dagli ospedali Galliera di Genova, dove il Registro italiano donatori di midollo osseo ha sede dal 1989. «Per loro non c’è alternativa: senza un trapianto sono destinati alla morte - spiega Dietger Niederwieser, direttore del dipartimento di oncologia ed ematologia del policlinico universitario di Lipsia -. Occorre che tutte le nazioni abbiano almeno una struttura adeguata ad affrontare un trapianto di midollo osseo».


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RETE DA POTENZIARE

In Italia sono all’incirca 1.700 i trapianti effettuati ogni anno. Di questi, 700 si realizzano grazie al contributo di donatori volontari non consanguinei, salva vita quando il Dna dei fratelli e dei parenti dei malati non è compatibile, come accade in tre casi su quattro. «È necessario incrementare il bacino di donatori alternativi, considerando che in Italia ci sono più di 350mila donatori potenziali - afferma Fabio Ciceri, direttore del servizio di immunoematologia trasfusionale all’ospedale San Raffaele di Milano -. La probabilità di risultare compatibile corrisponde a uno su centomila: quando si viene chiamati si custodisce l’ultima opportunità di vita per un paziente che potrebbe risiedere a migliaia di chilometri di distanza». Rispetto al passato, in cui era le staminali erano prelevate soltanto dalle cellule del bacino (con intervento in anestesia e ricovero di 4-5 giorni), oggi la donazione può avvenire anche attraverso un semplice prelievo di sangue da effettuare in day-hospital. Durata dell’operazione: quattro ore. Un motivo in più per non tirarsi indietro.


Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


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