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L’immagine è tutto

Anche nel mondo scientifico a volte su punta sul personaggio più che sul contenuto

L’immagine è tutto

Può capitare di trovarsi a un convegno dove l’oratore, italianissimo, infiora la sua relazione in modo ossessivo di termini anglofoni. Le parole in inglese si sprecano anche se l’italiano può andare benissimo: error per dire errore, bias per dire deviazione, survival per dire sopravvivenza, DNA pronunciato “di-en-ei” e chi più ne ha ne metta. Tutte pronunciate con ostentata indifferenza, dove il sospetto di proporsi come personaggio è più importante dei contenuti della relazione.

”Guarda come sono bravo e colto” sembra dire ai presenti! Quali sono le ragioni di questo modo di fare? Semplicemente per offrire una immagine di alto profilo. Dove il “posare” e la parola in inglese "fa figo”, fa immaginare lunghi soggiorni negli Stati Uniti, anche se in realtà sono state al massimo toccate e fughe a visitare uno o due ospedali degli USA. Anche nel mondo scientifico c’è chi vuole sembrare più di quello che è. L’immagine prima di tutto! Basta vedere quello che è successo per il Covid. Tuttologi presenti ovunque, esperti dell’ultima ora, vax e novax che si trasformavano in opinionisti e dove le parole forbite si sprecavano.

Mi sento di ricordare, proprio su queste pagine, la sobrietà di un amico, Umberto Veronesi, lucido, contenuto e autorevole nel disquisire. Poche parole ma chiare! Parole misurate, inglesismi pochi, solo se indispensabili. Esprimeva i concetti con garbo lasciando il segno nell’uditorio senza atteggiamenti e linguaggi eclatanti. Era un “saggio normale” dal quale gli stereotipi di cui sopra dovrebbero imparare. Maestro da imitare in una società in cui l’immagine sembra tutto a discapito dei contenuti.



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