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Primari o Dirigenti di primo livello: ma sanno curare?

Quando il medico diventa manager e dimentica il paziente

Primari o Dirigenti di primo livello: ma sanno curare?

Una volta si chiamavano così, ora grazie alle nuove norme legislative e a discutibili accordi sindacali si chiamano Dirigenti di Struttura Complessa (le vecchie divisioni ospedaliere).

Dirigenti, come quelli delle banche o delle poste, forse perché gli aspetti burocratici e economici  sono diventati   preponderanti rispetto a quelli assistenziali.

I Dirigenti medici  devono occuparsi di economia, devono rendicontare, devono contrattare, devono fare piani di lavoro, devono fare budget, devono fare relazioni in continuazione  e chi più ne ha ne metta. Gli aspetti assistenziali, in questo contesto sono soffocati e  il tempo per fare una “buona medicina” diventa sempre più ristretto. Fare rendere le prestazioni, aprire attività che producano  fatturato e che siano particolarmente appetibili per il mercato, ridurre  la spesa farmaceutica, fare diventare ambulatoriali prestazioni che per delicatezza venivano ricoverate in day hospital, diventano imperativi categorici!

Questo clima  condiziona anche le norme,  al punto che nei nuovi documenti si parla burocraticamente di “persona assistita” e non più di soggetto che “patisce”, da qui la parola paziente.

Potenza dei tempi in cui la applicazione  di  fredde logiche economiche offusca oblatività e gratuità,

in cui tutto sembra congiurare   per castrare l’aspetto relazionale, per ridurre l’ intimità che un malato esige. Ci si limita a riempirsi  la bocca con  slogan   tipo “centralità del paziente”, giaculatoria strumentale per politici ed economisti!

Mentre  i bravi  Dirigenti medici faticano a curare bene gli ammalati, le amministrazioni sono tentate di prediligere nelle scelte  apicali  chi è più  preparato  sugli  aspetti economici e burocratici e tengono in poca considerazione  chi è capace di fare bene il medico nel senso classico della parola.

Quando si fa un concorso bisogna controllare   soprattutto   se il candidato è bravo a visitare e curare gli ammalati, non  limitarsi a un semplice colloquio  e al controllo della produzione scientifica. Bisogna andare a vedere come si comporta in reparto.

Uno può essere un pozzo di scienza, avere scritto sulle più importanti riviste (magari a scapito della assistenza), essere bravo a compilare i  moduli  e a fare relazioni, a far risparmiare, essere titolare di importanti protocolli di ricerca, e non essere capace di  percuotere  un torace, di palpare  una pancia,  di parlare con  un malato, di fare una diagnosi sul campo.

Forse bisogna invertire la deriva a cui stiamo assistendo, ridurre le scartoffie  burocratiche dei Dirigenti, introdurre nei reparti personale amministrativo che li sgravi  da  incombenze  impiegatizie ormai  insopportabili e valutare maggiormente, soprattutto per i posti di responsabilità, se chi è candidato è bravo  anche  a visitare e curare: pubblicazioni e aspetti amministrativi sono importanti, ma anche  il curare bene non è da meno.

Alberto Scanni



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