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Anoressia e trattamenti obbligatori: nuovi sviluppi

Presentata alla Camera dei Deputati una proposta di legge sulle cure per salvare chi sta morendo di stenti. Ma quanti fondi ci sono in cassa per garantire supporto medico e umano?

Anoressia e trattamenti obbligatori: nuovi sviluppi

Il 19 Maggio scorso è stata presentata, alla Camera dei Deputati, un’interessante proposta di legge sul trattamento obbligatorio in caso di Disturbi del Comportamento Alimentare, dal titolo “Introduzione dell’articolo 34-bis della legge 23 dicembre 1978, n. 833, in materia di accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori per la cura di gravi disturbi del comportamento alimentare”. Nella legge si mette finalmente in evidenza un cronico e serissimo problema organizzativo nella cura obbligatoria dei disturbi alimentari. I reparti psichiatrici non hanno le necessarie competenze nutrizionali, i reparti medici non hanno le necessarie competenze psichiatriche, quindi il paziente si ritrova spesso “in stallo”. Il problema più serio è che la situazione di stallo rinforza nel paziente l’idea, patologica ed onnipotente, che “io sono il più forte e nessuno mi può obbligare a mangiare”. 

Ben venga quindi che, come prescrive la legge, le regioni si occupino di attivare rapidamente (entro 120 giorni dall’entrata in vigore della legge) i necessari posti letto ospedalieri dedicati a questo scopo. Mi vengono però in mente un paio spunti di riflessione:

- La legge dice che “il trattamento avviene presso i servizi psichiatrici di diagnosi e cura o presso specifiche strutture ospedaliere deputate al trattamento dei disturbi del comportamento alimentare in fase di acuzie”, ma i servizi psichiatrici di diagnosi e cura sono cronicamente intasati di pazienti psichiatrici gravi e le strutture specifiche per i disturbi del comportamento alimentare in fase di acuzie sono quasi zero in Italia. Quindi dove mettiamo i pazienti? Andrebbero, in questi tempi di tagli impietosi alla sanità, organizzate (e finanziate) delle strutture organizzate allo scopo, in tutte le regioni d’Italia, regioni che, a tuttt’oggi, spesso non hanno neanche strutture dedicate al trattamento volontario dei disturbi del comportamento alimentare.

- Nel trattamento obbligatorio di un paziente psichiatrico, non con disturbi del comportamento alimentare, abbiamo a disposizione un armamentario terapeutico che, ragionevolmente entro qualche settimana, permette al paziente di stare un po’ meglio e di poter proseguire la cura in modo volontario. Nell’anoressia la sfida che molte pazienti lanciano, nella loro lucidissima follia,  è “obbligatemi pure a nutrirmi: tanto, appena finisce il periodo obbligatorio, digiunerò più di prima”. Diversamente dalle altre malattie psichiatriche, le terapie sono più lente e, soprattutto, dobbiamo costruire da subito un rapporto di fiducia che ci permetta di proseguire a lungo, nell’ordine di tempo di qualche anno, la cura. 

Speriamo che questa legge sia l’occasione per ripensare alla cura dei disturbi del comportamento alimentare gravi: giustamente obbligatoria se si tratta di salvare la pelle a una paziente che sta morendo di stenti, ma organizzata da subito con un supporto realmente multidisciplinare, senza il quale l’utilità del trattamento obbligatorio avrebbe vita breve. Un supporto psichiatrico, nutrizionale, psicologico, ma anche anche umano e spirituale. Certo serviranno un po’ di soldi per farlo, ma sono certo che, con qualche cacciabombardiere in meno, si potranno costruire tante cose utili.

Stefano Erzegovesi
@erzegos 



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