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"Un'insolita malattia..."

La signora Auguste Deter aveva 51 anni e un marcato disorientamento quando, nel 1901, giunse alla clinica del dottor Alois Alzheimer

"Un'insolita malattia..."

La storia della malattia di Alzheimer, quel maledetto ladro della memoria che colpisce, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, circa 50 milioni di persone nel mondo e, prevedibilmente raggiungerà i 75,6 milioni nel 2030 e i 135,5 milioni nel 2050, risale all’inizio del secolo scorso. È una narrazione che mette in rilievo l’importanza di un rigore scientifico che, anche a distanza di decenni, diventa lo stimolo per proseguire con studi e ricerche finalizzati alla comprensione dei suoi complessi meccanismi. A raccontarcela è la professoressa Daniela Mari, geriatra dell’Istituto Auxologico Italiano di Milano.

“SU UN'INSOLITA MALATTIA DELLA CORTECCIA CEREBRALE”

«Con questo titolo», spiega Mari, «il neurologo Alois Alzheimer nel 1907 descrisse con un metodo scientifico rigoroso le sue osservazioni cliniche su una paziente di cinquantun anni. Il suo nome era Auguste Deter (nell'immagine, fonte e autore sconosciuti, 1902) ed era giunta, a causa di alcuni sintomi psichiatrici, in visita alla Clinica Psichiatrica di Francoforte il 26 Novembre 1901. Il medico riuscì così, con qualche difficoltà, dovuta anche alle nuove teorie freudiane che si opponevano alla visione organicistica delle malattie mentali, a pubblicare le sue innovative conclusioni (Über eine eigenartige Erkrankung der Hirnrinde. Allgemeine Zeitschrift fur Psychiatrie und phychish-Gerichtliche Medizin, 1907dopo la morte della paziente, avvenuta cinque anni dopo la prima visita di Alzheimer. Il testo di cui esiste una traduzione inglese (Stelzmann et al, Clinical Anatomy) colpisce ancora per l’accurata descrizione dei sintomi».

AUGUSTE DETER, LA PRIMA PAZIENTE RICONOSCIUTA 

«La signora Auguste», prosegue Mari, «manifestava una gelosia ossessiva nei confronti del marito, spesso nascondeva oggetti, dimenticando dove li avesse riposti. Aveva, inoltre, difficoltà nell’articolazione delle parole, era disorientata nel tempo e nello spazio. A volte sembrava gradire la visita del medico. Altre, invece, risultava inavvicinabile e aggressiva. Manifestava sintomi da paranoica e temeva addirittura che qualcuno la volesse uccidere. Soffriva di allucinazioni uditive, e soprattutto, il suo stato psicofisico peggiorava progressivamente, fino a trovarsi, dopo solo quattro anni e mezzo dall’inizio dei sintomi, nel letto in posizione fetale, apatica e incontinente. Auguste morì l’8 aprile del 1906. Il giovane neurologo scrisse che i testi dell’epoca non prevedono una patologia di questo genere in una donna ancora giovane, senza nessun problema fisico. Volle così approfondire il caso. Come neuropatologo riuscì ad eseguire una autopsia e a esaminare il cervello della paziente. Il risultato fu sorprendente: non solo osservò una spiccata atrofia della corteccia cerebrale (da cui il titolo della prima pubblicazione), ma descrisse per la prima volta in maniera accurata, la presenza dei grovigli neurofibrillari (ossia una delle principali alterazioni microscopiche dalla malattia di Alzheimer, ndr) evidenziati dalla colorazione argentica all’interno dei neuroni e i depositi di “una sostanza anormale“ al di fuori di essi, quello che ora si chiamano placche amiloidi, significativi segni della malattia che da lui prese il nome».

IL LAVORO DI GAETANO PERUSINI

Nell’esame al microscopio dei campioni cerebrali gli fu di grande aiuto il neurologo italiano Gaetano Perusini, affiancatogli dal Direttore della Clinica psichiatrica Eric Krapaelin, a Monaco. «Perusini», spiega Mari, «riuscì a studiare altri tre casi ad andamento altrettanto rapido di pazienti di età compresa tra i 47 e i 67 anni e con analoghe caratteristiche anatomopatologiche. Furono così segnalate, per la prima volta, lo stesso tipo di lesioni cerebrali che accomunavano le demenze ad esordio precoce con quelle senili. Ma non solo: Perusini per primo evidenziò nei vasi cerebrali la presenza di una sostanza analoga a quella delle placche, anticipando quella tuttora nota come “angiopatia amiloide” (depositi di β-amiloide all’interno dei vasi sanguigni di piccolo/medio calibro del cervello, ndr). Il Prof. Kraepelin, nel suo trattato di Psichiatra del 1910 introdusse poi la demenza descritta da Alzheimer e Perusini, con la dizione, passata alla Storia della Medicina, di “Malattia di Alzheimer”».

A DISTANZA DI OLTRE UN SECOLO…

«A distanza di più di 100 anni», conclude Mari, «i campioni di cervello della signora Auguste Deter sono stati riesaminati con sofisticate tecniche di genetica. Solo in una piccola percentuale dei casi (<2) la malattia di Alzheimer è ereditata come autosomica dominante, (una condizione morbosa che si manifesta nell’individuo eterozigote, cioè un individuo che possiede su uno degli autosomi sia il gene normale, sia la sua controparte mutata, ndr). Mutazioni in uno dei tre geni, quello del Precursore dell’amiloide, sul cromosoma 21, quello della Presenilina 1 sul cromosoma 14, e quello della Presenilina 2 sul cromosoma 1 possono causare la malattia di Alzheimer nella forma autosomica dominante. Chi è portatore di una di queste mutazioni solitamente ha un esordio precoce della malattia di Alzheimer. Nel 2013 su Lancet Neurology, prestigiosa rivista scientifica di riferimento, Ulrich Müller con alcuni collaboratori dell’ Università di Sidney ha descritto una mutazione della Presenilina 1 in Augusta Deter, confermando i dati clinici allora minuziosamente descritti da Alois Alzheimer e svelando la causa dell’insorgenza precoce della malattia in questo importante caso storico e pietra miliare nella Storia della Medicina».



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