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Cosa ci sta insegnando Charlie Gard/2

Complessità, bioetica, ricerca scientifica. E speranza.

Cosa ci sta insegnando Charlie Gard/2

Questo lunedì i genitori di Charlie Gard hanno annunciato che rinunceranno alla causa legale che avevano intentato per ricorrere a una cura sperimentale negli Stati Uniti. Questa decisione precede il pronunciamento con cui un giudice della Corte suprema del Regno Unito avrebbe dovuto emettere una nuova sentenza su questo caso. Il motivo della rinuncia, come spiegato nel comunicato stampa pubblicato ieri dall’Ospedale pediatrico Bambin Gesù, dipende dall’esito dell’ultima valutazione clinica compiuta, la quale ha certificato “l’impossibilità di avviare il piano terapeutico sperimentale, a causa delle condizioni gravemente compromesse del tessuto muscolare del piccolo Charlie”.

La decisione dei genitori segna una svolta in questa vicenda, decretandone di fatto la conclusione. Ora la controversia si sposterà prevedibilmente sulle modalità attraverso cui verrà sospeso il supporto vitale; in particolare, se questo debba avvenire presso una struttura di hospice, come pensano i medici, oppure altrove.

A questo punto, la domanda che molti si pongono è che cosa ci abbia insegnato il caso di Charlie Gard. Tre brevi riflessioni a questo proposito.

  1. La prima cosa che ci ha mostrato il caso di Charlie è la complessità di decidere quando gli esperti sono in disaccordo. La vera svolta del caso Gard, infatti, è coincisa con la presa posizione di due autorità qualificate in campo medico – e cioè il professore di Neurologia della Columbia University, Michio Hirano, e il team dell'Ospedale pediatrico Bambin Gesù –, i quali hanno sostenuto che, contrariamente al parere di altri esperti che si erano già pronunciati in merito, secondo loro esisteva una terapia sperimentale che avrebbe potuto essere efficace per Charlie. Questa presa di posizione ha determinato l’emergere di un “ragionevole disaccordo” all’interno della comunità scientifica, consentendo così ai genitori di intentare una nuova causa legale nonostante il caso fosse già stato esaminato attraverso quattro gradi di giudizio. Questo “ragionevole disaccordo” si è esteso anche al dibattito bioetico, con risvolti inaspettati, come ho notato qui.
  2. La seconda cosa che il caso Gard ci ha mostrato è quanto l’opinione pubblica e la politica siano veloci nell’appassionarsi a una storia in particolare, trasformandola poi in un caso dibattuto a livello globale. Naturalmente, questa non è una novità: in un mondo globalizzato dove le notizie vengono generate in continuazione c’è da aspettarsi che l’impatto emotivo associato a un caso come quello di Charlie Gard possa con facilità contribuire a renderlo un caso appetibile per i vari media. Tuttavia, dobbiamo anche cercare di ragionare su casi come questi e non solo di farci trasportare dalle emozioni. Questo significa pretendere almeno due cose.
    La prima è che si parli di più del grande tema delle malattie rare. Charlie Gard è affetto da una patologia molto rara, una delle sindromi conosciute da deplezione del Dna mitocondriale. Purtroppo, esistono molte altre malattie rare senza cura oltre a questa, le quali riguardano la vita di decine di migliaia di altre persone, una parte delle quali sono bambini esattamente come Charlie.
    In secondo luogo, occorre insistere affinché la politica non si interessi in maniera opportunistica di questi casi solo sull’onda dell’emotività pubblica, ma, anzi, sia spronata a prendere delle iniziative affinché i casi simili che si presenteranno in futuro siano meglio gestiti. Per questo occorre tenere alta l’attenzione sui temi di bioetica, vigilando affinché la politica non possa più tirarsi indietro rispetto alle promesse e agli impegni presi sull’onda dell’emozione.
  3. La terza cosa che dobbiamo ricordare riguarda il legame tra speranza e ricerca scientifica. A prescindere da come la politica o i media si regoleranno in futuro nel trattare casi come quelli di Charlie Gard, la lotta contro le malattie rare come le sindromi da deplezione del Dna mitocondriale passa, prima di tutto, dal progresso della ricerca scientifica. L’esisto migliore che ci possiamo augurare per il futuro è che casi come quello di Charlie Gard non si presentino più, non tanto perché saremo in grado di decidere come si dovrebbe procedere a livello legislativo e dal punto di vista della bioetica, ma semplicemente perché avremo a nostra disposizione una cura che sappiamo essere sicura ed efficace.


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