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Perché è utile parlare delle false speranze dell’omeopatia

L’omeopatia promette analoghi benefici senza gli effetti collaterali associati alle terapie convenzionali. Ma quanto c’è di vero in questa promessa?

Perché è utile parlare delle false speranze dell’omeopatia

L’omeopatia consiste in una pratica terapeutica ottocentesca che promette di ottenere dei benefici di salute senza gli effetti collaterali associati alle terapie convenzionali. Ma quanto c’è di vero in questa promessa che ha del miracoloso? Per provare a capirlo, giovedì 6 febbraio abbiamo organizzato un evento pubblico e gratuito, al quale ho avuto il piacere di partecipare insieme al professor Silvio Garattini (Istituto Mario Negri) e allo scrittore e divulgatore Massimo Pollidoro (Cicap). Ne è nato un dibattito interessante, dal quale ho personalmente imparato due cose. 
 

La prima è che, ancora oggi, c’è grande confusione su cosa sia esattamente l’omeopatia. Per esempio, molti la confondono ancora con la naturopatia o la fitoterapia, credendo così erroneamente che i preparati omeopatici contengano estratti di piante o altre sostanze. In realtà, non è così. I preparati omeopatici non contengono nulla (al massimo acqua o zucchero), come abbiamo spiegato nel documento che il comitato etico di Fondazione Umberto Veronesi ha realizzato a questo riguardo e che può essere liberamente scaricato da questo link. Per chi non fosse ancora convinto, l’invito è quello di leggere l’etichetta di un qualsiasi preparato omeopatico. 

 

La seconda cosa è che, una volta approfondita la questione, molte persone sentono (probabilmente a ragione) di essere state male informate o apertamente ingannate in passato. Quanti hanno comprato un costoso «farmaco omeopatico» perché gli è stato raccomandato da un farmacista, senza però essere stati informati che sarebbe stato del tutto inefficace? E a quanti è stata raccomandata l’omeopatia da parte di un medico, come se fosse una «cura» come le altre?


Forse, come sta già avvenendo in altri Paesi europei, è arrivato il momento di avviare anche in Italia una discussione più ampia e seria sul tema di come debbano essere regolate le cosiddette terapie alternative o complementari. Come si legge anche nel documento del comitato etico prima citato, non si tratta di limitare le libertà di qualcuno, ma solo di pretendere il rispetto di un principio basilare, e cioè che non vi può essere vera libertà di cura senza una vera informazione.



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