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Se Galileo incontra Harry Potter

Nell’era della contrapposizione tra sapere umanistico e scientifico, un libro che racconta l’evoluzione del rapporto tra scienza e magia

Se Galileo incontra Harry Potter

La magia può aiutare la scienza? Cosa c’entra un grande scienziato, fondatore del moderno metodo scientifico, come Galileo Galilei, con un mago immaginario frutto della penna della scrittrice J.K Rowling? Queste domande, apparentemente contradditorie, costituiscono il filo conduttore che attraversa il saggio "Galileo e Harry Potter" di Marco Ciardi, docente di Storia della Scienza all’Università di Bologna, e pubblicato dalla casa editrice Carocci. Il saggio esplora, in maniera sintetica ma completa, la relazione tra pensiero magico e metodo scientifico attraverso le figure di grandi scienziati, filosofi e poeti: da Galileo a Newton e Keplero, da Kant a Giacomo Leopardi passando per Mary Shelley e i poeti del romanticismo inglese.

Il pensiero magico è la prima e più immediata forma con cui l’essere umano si pone davanti al mondo, per comprenderlo e darvi un ordine, perché produce una visione globale e unitaria, anche se spesso semplificata, della realtà. Il pensiero magico è, infatti, alla base dell’arte della letteratura, da Omero al Signore degli Anelli e Harry Potter. In un certo senso, scrive Marco Ciardi,  la magia è la forma di sapere più “biologicamente” naturale e  istintiva rispetto alle difficoltà di un ragionamento logico e deduttivo come quello scientifico e ha rivestito un ruolo culturale importante per molti secoli, almeno fino alla maturazione, necessariamente più lenta, di un metodo empirico e razionale.

Molti grandi scienziati del passato praticavano la “magia”, : Newton dedicava all’alchimia  e alle interpretazioni della Bibbia lo stesso tempo che riservava allo studio delle leggi fisiche,  mentre Keplero formulò le sue famose leggi sulle orbite dei pianeti in un linguaggio magico-ermetico, cercando disperatamente di far coincidere i suoi dati sperimentali con la visione del misticismo pitagorico. Di contro, “umanisti per eccellenza” come il filosofo Kant o il poeta Giacomo Leopardi avevano una solida conoscenza scientifica , che ha influenzato le loro opere e il loro pensiero:  Leopardi, come ricorda Marco Ciardi, era un fiero oppositore di astrologi e di tutto coloro che avevano “per patrimonio l’altrui ignoranza” da cui traevano personale profitto.

Il fatto che Newton e Keplero credessero nella “magia” e nelle discipline occulte li rende scienziati meno validi? O forse la filosofia di Kant e le poesie di Leopardi vengono sminuite dalla consapevolezza che affondano solide radici nella scienza? La risposta di Marco Ciardi è ovviamente no, anzi:  questi esempi e i molti altri analizzati  nel libro dimostrano prima di tutto che la cornice storica è essenziale per capire la scienza, ma soprattutto che il pensiero magico, più olistico e meno vincolato al metodo della dimostrazione empirica,  e quello scientifico, razionale e cauto, non solo non si escludono a vicenda ma sono funzionali l’uno all’altro, a patto naturalmente di saper discriminare quando ricorrere all’uno e quando all’altro.

La moderna contrapposizione tra scienza e umanesimo, che tra le conseguenze ha proprio il fiorire di movimenti anti-scientifici irrazionali, per Marco Ciardi è una minaccia per le stesse società democratiche moderne. Si tratta, per l’autore,  soprattutto di un problema educativo:  nelle nostre scuole, la scienza viene paradossalmente insegnata  con un approccio magico, come un insieme di leggi calate dall’alto, rivelate come “per magia” nelle menti degli scienziati.  Questa visione è naturalmente lontana dalla realtà, ma contribuisce a creare quella difficoltà all’uso dello spirito critico che spiana la strada all’antiscientismo più bieco e pericoloso. Nel libro Ciardi auspica, e propone, un modello educativo in cui gli insegnanti di materie scientifiche lavorino in stretta sinergia con i colleghi di storia e filosofia e le scoperte scientifiche siano insegnate non solo nella formulazione dei principi finali ma inquadrate nel contesto storico, mostrando anche gli errori e i vicoli ciechi che hanno portato a formulare quelle che a posteriori vengono considerate leggi e teorie scientifiche.  In questo modo, continua l’autore, sarà possibile rendersi conto che la scienza non è solo una “fabbrica di nozioni”, ma una forma di sapere che produce valori e «in grado di garantire, senza discriminazioni di partenza, le stesse possibilità (per tutti) di accesso alla conoscenza» (p.109).  In questo senso la scienza è anche un laboratorio di democrazia.

Come afferma Marco Ciardi a chiusura della sua disamina «probabilmente leggendo favole e fiabe,  fantasy e la fantascienza […] si diventa degli scienziati migliori. E questo perché […] lo sviluppo della capacità creativa è alla base della scienza moderna (p.103)». L’importante è, naturalmente,  saper distinguere i due ambiti, cosa che spesso non avviene, come dimostrano i rigurgiti di movimenti anti-scientifici e irrazionali degli ultimi anni. "Galileo e Harry Potter" rappresenta quindi una preziosa lettura non solo per gli scienziati o gli storici ma, grazie alla scorrevolezza del linguaggio e dello stile, è consigliata a chiunque sia interessato a comprendere con una prospettiva globale il rapporto tra i diversi “prodotti” del pensiero umano nel corso della storia. E ci accorgeremo che, al pari di Galileo, anche Harry Potter può aiutare la scienza.

Marco Ciardi

GALILEO E HARRY POTTER

la magia può aiutare la scienza?

Carocci editore, 131 pagine,  13 euro 

Chiara Segré
@ChiaraSegre



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