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Il malato deve conoscere i propri diritti

C’è nel mio studio, all’ospedale dove visito i miei malati, una specie di tazebao; campeggia tra libri e varie onorificenze e attrae l’attenzione dei visitatori perché è proprio dietro le mie spalle e non si può non vederlo. E’ il mio decalogo di medico che da cinquant’anni cerco di rispettare e che da sempre per ogni paziente bisognoso di cure riassume i suoi diritti inalienabili e per il  medico che di lui si prende cura i doveri inderogabili da osservare.  Lo ripropongo qui di seguito perché  sono convinto che se si conoscono i propri diritti sarà più facile farli valere.

Il malato deve conoscere i propri diritti

C’è nel mio studio, all’ospedale dove visito i miei malati, una specie di tazebao; campeggia tra libri e varie onorificenze e attrae l’attenzione dei visitatori perché è proprio dietro le mie spalle e non si può non vederlo. E’ il mio decalogo di medico che da cinquant’anni cerco di rispettare e che da sempre per ogni paziente bisognoso di cure riassume i suoi diritti inalienabili e per il  medico che di lui si prende cura i doveri inderogabili da osservare.  Lo ripropongo qui di seguito perché  sono convinto che se si conoscono i propri diritti sarà più facile farli valere.

Diritto numero uno: "Cure scientificamente valide". Può sembrare un principio ovvio, ma sono ancora numerosi in Italia gli episodi come il famoso caso Di Bella. Terapie senza una validazione scientifica. Di Bella era un bravo medico in buona fede, ma applicava cure prive di sperimentazione. 

Diritto numero due: "Cure sollecite". "Per eliminare le liste d'attesa, dovremmo avere non 8 o 9 istituti oncologici, ma 30, su tutto il territorio nazionale. 

Diritto numero tre: "Possibilità di una seconda opinione". Chiedere il parere di un altro medico non deve essere vissuto come un'offesa al medico curante. 

Diritto numero quattro: "La privacy". Che tradotto nella vita ospedaliera significa anche la possibilità di una camera singola. Come in albergo: chi andrebbe a dormire con uno sconosciuto? Nell'ospedale deve valere lo stesso principio. 

Diritto numero cinque: "Conoscere la verità sulla malattia". Una verità che va sempre raccontata con umanità, senza terrorizzare il paziente. Perché una cosa è la verità diagnostica, un'altra la verità prognostica. E noi medici siamo i primi a non avere certezze. E può anche capitare, raramente, la regressione spontanea della malattia. 

Diritto numero sei: "Essere informato sulle terapie". Le cure devono essere spiegate con calma, in modo comprensibile. Non affidandosi semplicemente alla modulistica burocratica del "consenso informato", fatto solo per difendere il medico da possibili grane legali.

Diritto numero sette: "Rifiutare le cure". Lo prevede l'articolo 32 della Costituzione. Chi non vuole essere curato ha il diritto di non farsi curare. Al medico il compito di una mediazione intelligente, che permetta magari di accettare le cure se non in toto almeno in parte. 

Diritto numero otto: "Esprimere le volontà anticipate". Il cittadino temendo di non avere domani la possibilità di esprimersi deve poter rifiutare, anticipatamente, una condizione di vita artificiale, come lo stato vegetativo, cioè ha diritto di esprimere il proprio testamento biologico..

Diritto numero nove: "Non soffrire". È un'importante svolta culturale, quella dell'ospedale senza dolore. Oggi abbiamo per fortuna farmaci validi, come la morfina, che consentono di evitare inutili sofferenze. 

Diritto numero dieci: "Rispetto e dignità". È il diritto fondamentale che condensa un po' tutti gli altri nove. Dignità vuol dire anche avere un ospedale aperto, dove i parenti possano entrare e uscire liberamente, senza l'umiliante "ora di visita", con l'infermiera che a un certo punto manda tutti fuori. Perché è ovvio che il malato, per guarire, ha soprattutto bisogno, per motivi psicologici, della vicinanza dei suoi cari.

Umberto Veronesi



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