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Liberare i detenuti? Sì, ma come reinserirli nella società?

Se Silvio Pellico tornasse al mondo e venisse rinchiuso in  una qualsiasi prigione italiana,  penso che paradossalmente rimpiangerebbe lo Spielberg, che almeno gli risparmiò di dover vivere in una situazione che mediamente, nelle nostre carceri, ingabbia i detenuti in 3 metri quadri per ciascuno, mentre le norme sanitarie prevedono uno spazio minimo di 9 metri. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato il nostro Paese per il trattamento inumano e degradante, ha rigettato il ricorso che era stato presentato,  e ci ha dato un anno di tempo per trovare una soluzione al sovraffollamento che vede nelle prigioni almeno ventimila  detenuti in più rispetto alla capienza.

Liberare i detenuti? Sì, ma come reinserirli nella società?

Se Silvio Pellico tornasse al mondo e venisse rinchiuso in  una qualsiasi prigione italiana,  penso che paradossalmente rimpiangerebbe lo Spielberg, che almeno gli risparmiò di dover vivere in una situazione che mediamente, nelle nostre carceri, ingabbia i detenuti in 3 metri quadri per ciascuno, mentre le norme sanitarie prevedono uno spazio minimo di 9 metri. La Corte europea dei diritti dell’uomo ha condannato il nostro Paese per il trattamento inumano e degradante, ha rigettato il ricorso che era stato presentato,  e ci ha dato un anno di tempo per trovare una soluzione al sovraffollamento che vede nelle prigioni almeno ventimila  detenuti in più rispetto alla capienza.

Riuscirà il Governo  a cambiare le cose con il decreto in preparazione,  che prevede la scarcerazione di tre-quattromila detenuti,  e la detenzione domiciliare per i reati punibili con la pena fino a 6 anni? Io me lo auguro di tutto cuore, ma leggendo le prime anticipazioni sul decreto ho notato che una volta di più  si fa del problema delle carceri un problema soltanto tecnico, e si pensa di risolvere tutto prevedendo la costruzione e la ristrutturazione di nuovi istituti penitenziari, così da garantire altri 10mila posti.

No, signori: non si tratta di avere più spazio, ma di avere meno detenuti. Come ci hanno raccontato con implacabile lucidità gli esperti che hanno partecipato all’edizione 2012 di Science for Peace, dedicata alla «vendetta»  (prigioni disumane, carcere a vita, violenze, torture) che la società si prende sui colpevoli e anche sugli innocenti e sui dissidenti, le carceri italiane sono zeppe di persone che hanno commesso piccoli reati, e sono intasate da «detenuti in attesa di giudizio» che la lentissima macchina giudiziaria letteralmente scopa sotto il tappeto. E’ questo il vero scandalo. Io penso che i problemi vadano risolti a monte, e non a valle. Se posso azzardare un paragone sanitario, è come non praticare le vaccinazioni, aspettare che un grande numero di bambini si ammali, e poi deplorare di non avere le strutture e il personale per curarli.

Per un esercizio di logica, non mi sembra inutile elencare qualche se. Se non fosse così difficile, per uno straniero, arrivare alla regolarizzazione e al permesso di soggiorno, quanti scippatori e piccoli spacciatori di droga farebbero invece l’autista o il muratore? Se  si reprimesse sul serio la prostituzione (ci si è limitati a relegarla nelle periferie) quanti sceglierebbero ancora la carriera di magnaccia? Se  non ci fosse un’inaccettabile e altissima disoccupazione giovanile, quanti «balordi» in meno verrebbero fuori dall’attuale nuova generazione?

Dopo il discorso di ciò che sta a monte, parliamo di ciò che sta a valle.  A mio giudizio, quando si fa un decreto bisogna essere molto realisti, ed evitare di fare le «anime belle».  Mi riferisco alla detenzione domiciliare per i reati che comportano una pena fino a 6 anni. Abbiamo idea di  quanti, tra chi potrebbe fruire di questa  misura, abbiano realmente una casa per sé,  e non debbano invece tornare in una stanzaccia dove ci si accumula in otto o in dieci, spesso senza riscaldamento e servizi igienici? La prima cosa che viene a cadere, in questa situazione, è l’isolamento prescritto dalla detenzione domiciliare, che fa eccezione solo per i familiari.  

A valle, poi ci sono molte altre anormalità denunciate  senza successo da almeno cento anni. A parte qualche rara e benemerita iniziativa (non di Stato, di onlus), si è mai provveduto a pensare come reinserire nella società gli ex detenuti?   Scarcerare va bene, ma è inutile sostenere a faccia fresca che non lo si fa per svuotare le carceri, se prima non ci si è posti la domanda principale: come si fa a fermare l’infernale ping-pong  che porta gli ex detenuti a commettere nuovi reati, e a tornare nelle patrie galere?

Umberto Veronesi



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