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Questa la rivoluzione che cambierà il nostro modo di vivere

Pensate se invece di perseguitare Galileo i “poteri forti” della sua epoca avessero indetto una specie di concilio delle conoscenze, radunando gli scienziati di Europa e Asia e chiedendogli di esaminare il mondo presente e quello futuro alla luce della nuova scoperta scientifica. Il fascino, il mistero e insieme la concretezza di un mondo che fa una svolta, che ridisegna le prospettive, è il pensiero che mi viene considerando la straordinaria occasione che tra qualche settimana farà incontrare (a Venezia nella Conferenza “The Future of Science”) in un summit di livello mondiale scienziati di ogni disciplina: medici, biologi molecolari, chimici, informatici, astrofisici, esperti d’ingegneria dei materiali, fisici, sociologi.

Questa la rivoluzione che cambierà il nostro modo di vivere

Pensate se invece di perseguitare Galileo i “poteri forti” della sua epoca avessero indetto una specie di concilio delle conoscenze, radunando gli scienziati di Europa e Asia e chiedendogli di esaminare il mondo presente e quello futuro alla luce della nuova scoperta scientifica. Il fascino, il mistero e insieme la concretezza di un mondo che fa una svolta, che ridisegna le prospettive, è il pensiero che mi viene considerando la straordinaria occasione che tra qualche settimana farà incontrare (a Venezia nella Conferenza “The Future of Science”) in un summit di livello mondiale scienziati di ogni disciplina: medici, biologi molecolari, chimici, informatici, astrofisici, esperti d’ingegneria dei materiali, fisici, sociologi.

Tutti riuniti per tenere a  battesimo,  collegando finalmente i cammini di scoperta delle varie discipline, la grande novità delle nanotecnologie, ovvero qualcosa che cambierà il mondo e che per la prima volta dopo la rivoluzione industriale (una rivoluzione ormai entrata nella sua fase di entropìa, cioè di perdita di energia) ci dirà come la scienza potrà cambiare il nostro futuro e il nostro modo di vivere. Fino ad  ora gli stupefacenti scenari disegnati dalle applicazioni della nanoscienza  erano argomenti di interesse riservati  agli esperti. Ora è arrivato il momento di mettere in comune il patrimonio delle conoscenze finora acquisite, e di ragionare tutti insieme su come le nanotecnologie serviranno al benessere della società umana, che è il fine ultimo cui deve tendere la scienza.

E’ un tema grandissimo, in cui dovranno avere spazio anche le obiezioni, e gli ammonimenti sui possibili rischi. Gli scienziati riuniti in questo primo summit diranno il bene e il male, e soprattutto dovranno illustrare un mondo che verrà  “capacitato”  dalla nanotecnologia.

Per comprendere come, bisogna partire dalla definizione. La nanotecnologia è la possibilità di lavorare sull’infinitamente piccolo, perché una nanoparticella  è talmente piccola che per capirne la misura dobbiamo pensare  di prendere un capello, tagliarlo in due nel senso della lunghezza, poi ancora in due, ancora in due, ancora in due…, fino ad ottenere 100mila segmenti del capello. Per far questo ci sono particolari microscopi elettronici, e adeguati strumenti. Siamo nel “nanomondo”, e l’unità di misura di una nanoparticella è il nanometro, che equivale a un milionesimo di millimetro, ovvero a un miliardesimo di metro.  Ma per “creare” con le nanotecnologie, come si procede?

Sostanzialmente, gli approcci sono due.

Il primo è il cosiddetto approccio   bottom-up (dal basso verso l'alto): i materiali e i dispositivi sono realizzati partendo da componenti molecolari che si auto-assemblano tramite legami chimici, sfruttando principi di riconoscimento molecolare (chimica sopramolecolare). Con questa tecnica (chissà se Albert Einstein l’aveva immaginato?) si possono spostare e far riaggregare atomi e molecole, come fa la natura. E si hanno materiali  che non erano mai esistiti prima. Un po’ come resuscitare, ma senza nulla di magico o d’irrazionale, l’antico sogno umano dell’alchimia.

Il secondo approccio è detto top-down (dall'alto verso il basso): i dispositivi sono fabbricati da materiali macroscopici attraverso un attento controllo dei processi di miniaturizzazione a livello atomico. Un solo esempio può bastare a darne un’idea: con questo approccio, si potrebbero ottenere “nuvole” di nanorobot, per le più diverse applicazioni.

La  “nanosocietà” sarà piena d’innovazioni impensabili  nel campo delle telecomunicazioni, dell’informatica, dell’elettronica, dell’astrofisica, dell’energia, della protezione dell’ambiente, della creazione di nuovi materiali. Una grande svolta sarà nel campo della medicina, e un elenco sintetico può già servire a darne un’idea. Si potranno  portare a bersaglio i farmaci o trasferire un gene con nano-aghi per la somministrazione e con nanoparticelle in funzione di vettori;  per la diagnostica “in vitro”, cioè di laboratorio,  si potranno avere microchip basati sulle proteine o sul Dna, mentre per gli esami “in vivo” , cioè all’interno dell’organismo, la dimensione nanometrica permetterà di potenziare la diagnostica per immagini e di miniaturizzare le sonde e le capsule endoscopiche. E dietro l’angolo c’è già, grazie al matrimonio tra informatica e nanotecnologia, la grande promessa della retina artificiale, che potrebbe ridare la vista ai ciechi.

Umberto Veronesi



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