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Artrosi

Artrosi

L’artrosi è una malattia reumatica cronica caratterizzata da lesioni degenerative della cartilagine articolare. Il processo non coinvolge solo la cartilagine, ma colpisce l’intera articolazione, incluso l’osso subcondrale, membrana sinoviale, legamenti, capsula e muscoli peri-articolari. L'artrosi è certamente la più comune delle malattie dell’apparato muscolo scheletrico. Si calcola che, in media, il 15.1% della popolazione degli USA sia affetta da problematiche osteoarticolari classificabili come artrosi, mentre in Italia coinvolge quattro milioni di persone, circa il 12.1% della popolazione. La prevalenza dell'artrosi aumenta con il progredire dell’età, è più alta nelle donne rispetto agli uomini; non vi è differenza fra bianchi e persone di colore, mentre la frequenza è minore fra gli Asiatici. La prevalenza, infine, è maggiore fra i soggetti in sovrappeso e obesi. L’impatto sociale della malattia è molto alto. Si stima che almeno il 3% della popolazione abbia limitazione della propria attività lavorativa conseguente all’impegno articolare in corso di artrosi. Il processo degenerativo che coinvolge la  cartilagine esita in una serie di modificazioni che conducono a perdita della cartilagine articolare. La cartilagine è una struttura che riveste i capi articolari e ha la funzione di distribuire uniformemente il carico meccanico, di diminuire l’attrito durante il movimento e assorbire i micro-traumatismi derivati dal carico sull’articolazione. A seguito del consumo della cartilagine, i capi ossei contrapposti entrano in contatto e si danneggiano a seguito della frizione. Lesioni caratteristiche dell'artrosi sono gli “osteofiti”: piccole escrescenze di tessuto osseo, che compaiono alla periferia delle zone sottoposte al carico che hanno la funzione di aumentare la superficie di contatto e ridurre il carico  articolare. I distretti più colpiti dall’artrosi sono le ginocchia, le anche, la colonna cervicale e lombare e le piccole articolazioni delle mani. Quando clinicamente evidente, l’artrosi è caratterizzata da dolore, rigidità e limitazione funzionale delle articolazioni coinvolte.

 

CAUSE E FATTORI DI RISCHIO

Numerosi sono i fattori che si associano e possono condizionare lo sviluppo dell’artrosi, in particolare l’età, il sesso, fattori meccanici, il sovrappeso, fattori genetici e malattie endocrino-metaboliche appaiono di rilevanza critica. L’artrosi aumenta indubbiamente con l’età. Riguardo al sesso, l’artrosi di ginocchio, così come l’artrosi delle mani, è più frequente nelle femmine che nei maschi. Le cause non sono solo ormonali. Sembra, infatti, che altri fattori come il metabolismo tissutale, la differente massa corporea e la genetica svolgano un ruolo rilevante nel determinare tali differenze. I microtraumi continuati, conseguenti a malformazioni articolari, così come i traumi ripetuti, che occorrono in particolari attività occupazionali o attività sportiva agonistica (calcio, tennis, tuffi), possono avere un ruolo critico nella genesi di alcune forme di artrosi. Fattori genetici hanno un ruolo nell’artrosi nodulare della mano (che predilige soggetti di sesso femminile della stessa famiglia), nella gonartrosi e spondiloartrosi (più frequenti nei gemelli mono e dizigoti). Altri fattori possono predisporre all’artrosi, come per esempio precedenti fratture e lesioni articolari, alcune malattie ematologiche (emofilia), l’osteonecrosi avascolare e altre malattie reumatiche  (chi soffre di artrite reumatoide e gotta risulta più esposto al rischio di sviluppare l’artrosi).

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SINTOMI

Le manifestazioni cliniche dell’artrosi sono essenzialmente rappresentate dal dolore e dalla limitazione funzionale. Il dolore spesso inizia in maniera insidiosa, come dolore profondo, non presente a riposo, usualmente localizzato alle articolazioni coinvolte ed è definibile come “meccanico”. Il dolore, cioè, compare o si accentua con il carico articolare, durante la stazione eretta, e tende a migliorare durante le ore notturne per ricomparire durante il giorno. Il dolore, quindi, a differenza di quanto succede nell’artrite, si riduce o scompare con il riposo. Al dolore si associa una rigidità mattutina della durata di pochi minuti (di circa 10 minuti fino ad un massimo di 15-20 minuti) che si risolve con la mobilizzazione dell’articolazione. Al dolore si associa, inoltre, la limitazione funzionale di grado variabile a secondo dello stadio di malattia. Può essere reversibile nelle fasi iniziali per divenire stabile negli stadi avanzati quando si instaurano le deformità articolari. Il gonfiore dell’articolazione in corso di artrosi è caratterizzato da una tumefazione solitamente dura e dovuta alla presenza degli osteofiti. Caratteristico è il rilevamento, in seguito alla mobilizzazione, degli scrosci articolari (crepitii) prodotti dallo sfregamento dei capi articolari non più rivestiti e protetti dalla cartilagine.

 

DIAGNOSI

In corso di artrosi il laboratorio non è di aiuto per la diagnosi. Gli esami di laboratorio, infatti, risultano nella norma. Intensa da parte di molti studiosi è la ricerca di alcuni biomarcatori che possano essere utilizzati per la diagnosi precoce dell’OA, ma questi potenziali biomarcatori non sono ancora utilizzabili nella pratica clinica. Il dolore meccanico, la limitazione funzionale, le tumefazioni ossee, gli scrosci articolari sono i segni che lo specialista ricerca nel momento in cui si trova di fronte ad un paziente potenzialmente colpito da artrosi. Altre conferme vengono poi tratte dalla radiografia convenzionale che mostra elementi caratteristici: riduzione della rima articolare, tipicamente asimmetrica, sclerosi dell’osso subcondrale e presenza di osteofiti. Frequente il riscontro di cisti subcondrali. Nelle fasi tardive si possono osservare sporgenze ossee e deformità dei capi delle articolazioni coinvolte. L’ecografia non riveste ad oggi grande importanza per la diagnosi di artrosi. In alcune articolazioni però consente una valutazione diretta dell’integrità della cartilagine. La Risonanza magnetica nucleare consente il rilievo delle alterazioni artrosiche nelle fasi precoci di malattia.   

 

TERAPIA

Non esiste un farmaco in grado di “fermare” l’artrosi. L’approccio terapeutico si basa su modifiche dello stile di vita, su un approccio farmacologico e/o chirurgico. Nel primo caso si punta a far recuperare al paziente artrosico uno stile di vita attivo, oltre all’adozione di un regime dietetico mirato a ottenere una perdita di peso (se necessaria), soprattutto nel caso in cui la malattia coinvolga articolazioni sottoposte a carico (ginocchia, anca, caviglie). Oltre all’aumento ponderale, la sedentarietà è infatti responsabile di perdita del tono muscolare, con conseguente riduzione della stabilità di un’articolazione. Una graduale riduzione del peso corporeo in rapporto all’età, alle condizioni generali del soggetto e alle eventuali patologie associate, è indispensabile per non vanificare gli effetti di altre terapie. È mportante inoltre correggere eventuali alterazioni metaboliche (diabete, iperuricemia, dislipidemia); correggere eventuali disturbi vascolari (insufficienza venosa degli arti inferiori); adottare posture idonee diurne e notturne; svolgere una regolare attività fisica; proteggere adeguatamente le articolazioni. Nei pazienti nei quali questo trattamento non sia sufficiente possono essere usati farmaci analgesici (paracetamolo), farmaci antiinfiammatori non steroidei (Fans), inibitori selettivi della ciclossigenasi-2 (COX2 inibitori). In alcuni casi possono essere utili iniezioni intrarticolari di corticosteroidi (per ridurre il gonfiore e dare sollievo dal dolore, quando all’artrosi si associa un processo infiammatorio). Altra opzione terapeutica sono i farmaci condroprotettori. Lo scopo della terapia condroprotettiva è quello di bloccare la progressione di malattia e stimolare i processi riparativi della cartilagine mediante la somministrazione dei costituenti elementari della matrice. Il più importante è l’acido ialuronico, utilizzato con beneficio per via intraarticolare, supportato dalla supplementazione dietetica con integratori a base di  glucosamina, il condroitin-solfato, diacerina, S-adenosil-metionina (da assumere comunque su indicazione specialistica). Quando l’artrosi è in fase avanzata e si sono instaurate alterazioni anatomiche che abbiano modificato in modo irreversibile la biomeccanica dell’articolazione, l’approccio chirurgico con l’applicazione di protesi (protesi di ginocchio ed anca), diviene la terapia più appropriata.

 

Consulenza: Maria Grazia Anelli,  dirigente medico unità operativa di reumatologia, azienda ospedaliero-universitaria Policlinico di Bari 

NOTA BENE: le informazioni in questa pagina non possono sostituire il parere e le spiegazioni del tuo medico

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