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Alimentazione

Così il caldo impatta sulla salute dei reni

In estate è cruciale l'idratazione per ridurre i rischi di calcoli e insufficienza renale. Che cosa dicono gli esperti su sale e latticini

Le temperature estreme impattano in maniera significativa sul nostro organismo, inclusi i reni.

In estate, come sottolineato dalla Società Italiana di Nefrologia (SIN), aumenta infatti il rischio di andare incontro alla formazione di calcoli renali e addirittura all’insufficienza renale.

LA DISIDRATAZIONE E I CALCOLI RENALI

Il presupposto di partenza, come confermato dai dati emersi dal recente studio “Influence of Dietary Heritage in a Restricted Geographic Area and Role of Food Additives on Risk of Recurrent Kidney Stone” (2024), è la diffusione della calcolosi renale che si verifica in una fetta significativa della popolazione, tra il 6,8% e il 10,1%, con recidive tra il 30% e il 50% dei casi entro 5-10 anni dal primo episodio, principalmente tra i soggetti di sesso maschile. Si stima, inoltre, una maggiore incidenza tra i 30 e i 60 anni e il picco maggiore avviene durante la stagione estiva.

«La ragione sta nel fatto che la disidratazione costituisce uno dei principali fattori di rischio per la formazione di calcoli renali. L’aumento della sudorazione, tipica del periodo estivo e ulteriormente acuita dal cambiamento climatico in atto, determina infatti urine più concentrate, ossia maggiormente ricche di alcuni sali (in particolare calcio e ossalati) in proporzione al quantitativo di acqua eliminata nelle urine. Un ridotto volume di urine aumenta dunque la concentrazione di sostanze che possono formare calcoli difficili da espellere, se di grandi dimensioni. Non si tratta ovviamente di un’equazione, ma di un rischio  maggiore nei soggetti predisposti, ossia coloro che hanno già sofferto in passato di calcoli renali», spiega il professor Luca De Nicola, Presidente della Società Italiana di Nefrologia (SIN) e Professore Ordinario presso l’Università Vanvitelli di Napoli.

I CALCOLI RENALI NON SONO TUTTI UGUALI

«Composti nell’80-90% dei casi da fosfato di calcio o ossalato (composto organico presente in molti alimenti e prodotto dall’organismo stesso, ndr.), i calcoli renali possono essere di dimensioni variabili. I più piccoli, cioè quelli inferiori al mezzo centimetro, vengono automaticamente espulsi dall’organismo. Quelli un po’ più grandi, compresi cioè tra 0,5 e 0,7 millimetri o comunque inferiori al centimetro, possono essere, invece, eliminati attraverso la somministrazione di tamsulosina, un principio attivo appartenente alla classe degli alfa-bloccanti selettivi, normalmente utilizzato per la cura dell’ipertrofia prostatica. Si tratta di un farmaco in grado di rilassare la muscolatura liscia delle vie urinarie e di conseguenza utile a facilitare l’eliminazione dei calcoli. Se di dimensioni maggiori (oltre 1-2 cm)  i calcoli vengono frantumati attraverso l’impiego della litotrissia, ossia l’utilizzo di onde d’urto. In rari casi, si procede invece con l’intervento chirurgico», puntualizza De Nicola.

LE COLICHE RENALI, COME RICONOSCERLE E SEDARE IL DOLORE

Le coliche  renali, nell’immaginario collettivo, richiamano un dolore molto intenso e acuto, come quello del parto. «E non si tratta affatto di un luogo comune perché la colica si manifesta in maniera improvvisa e, soprattutto, violenta. Il dolore è di tipo trafittivo, localizzato nella parte bassa della schiena, con tendenza a irradiarsi verso l’inguine. È un dolore che non lascia tregua e non si attenua, qualunque posizione si assuma, a differenza, per esempio del dolore da lombosciatalgia (“colpo della strega”) che migliora restando immobili. L’utilizzo degli antinfiammatori, su consiglio del medico di medicina generale, è dunque imprescindibile. Ci sono poi stratagemmi per cercare qualora possibile, in relazione alle dimensioni del calcolo, di eliminarlo. Una borsa di acqua calda da posizionare in corrispondenza della zona dolente o un bagno caldo possono facilitare il rilassamento dell’uretere», spiega De Nicola. 

UN PROBLEMA  “ANCORA PIU’ SERIO”: L’INSUFFICIENZA RENALE

«Le alte temperature estive non solo predispongono maggiormente alla formazione di calcoli, ma aumentano anche il rischio di andare incontro all’insufficienza renale acuta che è una condizione di rapido deterioramento della funzione renale. La sudorazione determina infatti la perdita di sale che impatta sul volume plasmatico, sull’irrorazione sanguigna degli organi vitali provocando così effetti lievi, come stanchezza e ipotensione, fino a condizioni gravi, come insufficienza renale, ictus o infarti», afferma De Nicola.

CHE FARE DUNQUE PER MANTENERE I RENI IN SALUTE?

La prevenzione inizia con l’idratazione e prosegue con un’alimentazione corretta. «Concretamente significa bere tre litri d’acqua al giorno per prevenire i calcoli. Bisogna inoltre consumare frutta, verdura e limitare l’eccesso di carne rossa, spinaci, crusca e frutta secca nelle persone predisposte. Il calcio, contenuto nel latte e nei latticini, non va invece affatto eliminato perché ciò non previene la formazione dei calcoli», prosegue l’esperto.

Per la salute renale in generale e la prevenzione dell’insufficienza renale, che colpisce soprattutto le persone anziane, un altro luogo comune va sfatato: non bisogna demonizzare il sale a tutti i costi, ma utilizzarlo con buon senso (5 grammi al giorno è il consiglio dell'OMS). «A meno che si soffra di ipertensione non controllata, scompenso cardiaco o cirrosi epatica non c’è ragione per eliminare il sale o limitarlo al massimo, anzi, il fabbisogno aumenta nel periodo estivo perché viene appunto eliminato con il sudore. Va aggiustato e rivisto, inoltre, il piano terapeutico per la cura dell’ipertensione perché il caldo determina generalmente un abbassamento della pressione arteriosa e spesso si deve ridurre la dose degli antipertensivi», conclude De Nicola.

LA MALATTIA RENALE CRONICA RICHIEDE UN IMPEGNO COLLETTIVO

C’è un altro aspetto da tenere presente, a prescindere dalla stagione estiva, come puntualizza De Nicola: «la malattia renale cronica è oggi la prima malattia cronica nel mondo per incidenza. Eppure, dal momento che non dà sintomi fino agli stadi avanzati, cioè fino al 50% della perdita della funzionalità renale, solo il 10% dei pazienti è consapevole di essere malato ed è quindi seguito da un nefrologo» Per questa ragione, la Società Italiana di Nefrologia, in collaborazione con il Ministero della Salute, ha redatto un Percorso Preventivo Diagnostico Terapeutico Assistenziale (PPDTA), già inviato a tutte le Regioni. L’obiettivo, quello di migliorare la presa in carico dei pazienti e prevenire complicanze, anche e soprattutto, attraverso una proposta di legge, all’esame del Parlamento, per avviare screening nazionali presso i Medici di Medicina Generale (MMG) nelle popolazioni a rischio, ossia diabetici, ipertesi, obesi e cardiopatici. Lo screening prevede l’esecuzione di esami a basso costo, quali un esame del sangue (creatininemia)  ed analisi delle urine.

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