Chiudi
Alimentazione
Fabio Di Todaro
pubblicato il 31-03-2014

C’è grasso e grasso



Aggiungi ai preferiti

Registrati/accedi per aggiungere ai preferiti

Da uno studio svedese i diversi effetti che i grassi (saturi e insaturi) hanno sull’organismo. Conta più la qualità della quantità. Il consiglio degli esperti: riscopriamo la dieta mediterranea

C’è grasso e grasso

Gli zuccheri, semplici e complessi, sono rimasti sempre gli stessi. Così come le proteine, le fibre e i micronutrienti ingeriti. Di diverso, nella diete seguite per sette settimane dai 39 uomini coinvolti nello studio, c’erano soltanto i grassi consumati: la metà di loro ha fatto esclusivamente il pieno di quelli saturi, il resto ha aggiunto soltanto acidi grassi mono e polinsaturi. La differenza, peso a parte, è stata evidente, in termini di risvolti sulla salute: a dimostrazione che la qualità di ciò che si mangia, più che la quantità, fa spesso la differenza.


Omega 3 e cuore: dubbi sull'uso degli integratori per la prevenzione secondaria

 

FEGATO GRASSO

I risultati dell’indagine, condotta in parallelo e in doppio cieco sui due gruppi di uomini, sono stati pubblicati su Diabetes. Consumando un muffin al giorno per aggiungere quotidianamente alla dieta 750 chilocalorie, i ricercatori hanno notato differenze nella composizione corporea degli uomini legate agli ingredienti utilizzati per preparare i dolci: olio di palma (ricco di grassi saturi) per il primo gruppo, olio di girasole (preziosa fonte di grassi insaturi) per il secondo. Dalla ricerca, infatti, è emerso come i diversi tipi di acidi grassi abbiano preso strade diverse, una volta assimilati dall’organismo. Sottoposti a risonanza magnetica, i soggetti sottoposti a una dieta ricca di grassi saturi hanno evidenziato un maggiore accumulo di grasso viscerale, correlato a un rischio più alto di insorgenza del diabete di tipo II. «La steatosi epatica, più conosciuta come malattia del fegato grasso, è una condizione diffusa nel 25% della popolazione occidentale e nel 75% degli obesi», afferma Ulf Riserus, docente di nutrizione clinica e malattie del metabolismo all’Università di Uppsala, in Svezia. Senza trascurare che l’accumulo di grasso nel fegato è strettamente correlato all’aumento del rischio di sviluppare malattie metaboliche, diabete di tipo II in primis: come dimostrato da uno studio pubblicato nel 2009 su Pnas.

A COSA SERVONO I GRASSI? 

Dopo un infarto per il colesterolo vale «la regola del 70»

Dopo un infarto per il colesterolo vale «la regola del 70»

09-05-2016
I GRASSI BUONI

A parità di quantità - e quindi energia - ingerite, diverso, invece, è stato il percorso intrapreso dagli acidi grassi polinsaturi, in grado di dare origine all’energia necessaria per accrescere la massa muscolare e responsabili dell’accensione di alcuni geni in grado di accelerare il metabolismo degli zuccheri ed evitare l’accumulo adiposo addominale. «Si tratta di un risultato importante per chi soffre di malattie metaboliche, ma anche per gli anziani - prosegue Riserus -. Sarà interessante capire come questi grassi mono e polinsaturi contribuiscano al mantenimento della massa muscolare». Per questo processo finora erano state chiamate in causa soltanto le proteine, considerate l’elisir di lunga vita contro la malnutrizione diffusa nel corso della terza età.

GLI SFIZI CONCESSI

Nonostante la grande eco concessa a una metanalisi appena pubblicata sull’Annals Of Internal Medicine - secondo cui non sarebbe necessario moderare l’introito di grassi saturi, contenuti soprattutto nella carne rossa e negli alimenti trasformati, per ridurre il rischio di eventi cardiovascolari -, «l’approccio legato esclusivamente ai macronutrienti è obsoleto - afferma Frank Hu, docente di medicina interna all’Università di Harvard -. In futuro occorrerà porre l’accento sui cibi nella loro complessità e stimolare una maggiore attività fisica. Di sicuro, però, ci sono alcuni alimenti della dieta mediterranea da valorizzare maggiormente: penso alle noci, all’avocado, ai cereali ricchi di fibre e all’olio extravergine d'oliva».


 

Fabio Di Todaro
Fabio Di Todaro

Giornalista professionista, lavora come redattore per la Fondazione Umberto Veronesi dal 2013. Laureato all’Università Statale di Milano in scienze biologiche, con indirizzo biologia della nutrizione, è in possesso di un master in giornalismo a stampa, radiotelevisivo e multimediale (Università Cattolica). Messe alle spalle alcune esperienze radiotelevisive, attualmente collabora anche con diverse testate nazionali ed è membro dell'Unione Giornalisti Italiani Scientifici (Ugis).


Articoli correlati


In evidenza

Torna a inizio pagina