Le diagnosi di malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI) sono aumentate di 20 volte in dieci anni. Ma sono ancora insufficienti le informazioni e il controllo dei sintomi
Sono circa 250.000 in Italia e 7 milioni nel mondo le persone con malattie infiammatorie croniche intestinali (MICI), con un’incidenza stimata intorno ai 10-15 nuovi casi su 100.000 abitanti all’anno. Recenti studi hanno messo in luce la necessità di migliorare lo sforzo terapeutico per controllare in maniera ottimale le MICI che causano disabilità spesso invisibili che possono compromettere seriamente la qualità di vita dei pazienti.
LA SITUAZIONE ITALIANA
Negli ultimi dieci anni, le diagnosi di nuovi casi di MICI e il numero di pazienti sono aumentati di circa 20 volte e si stima che, nei prossimi 10 anni, possa verificarsi una crescita della prevalenza di oltre il 30%-40%. Quando parliamo di Mici facciamo riferimento sostanzialmente a malattia di Crohn e colite ulcerosa. Si tratta di patologie che interessano l’apparato gastrointestinale e che manifestano un andamento cronico-recidivante, con un’alternanza di periodi di remissione e di riacutizzazione.
Sono circa 150.000 in Italia, più di 2 milioni nel mondo, le persone che convivono con la Malattia di Crohn, che viene più frequentemente diagnosticata tra i 20 e i 30 anni, anche se in realtà può manifestarsi a qualsiasi età. I sintomi, di differente gravità, possono includere, tra gli altri: diarrea persistente, dolore addominale, perdita di appetito e di peso. Una sintomatologia simile si riscontra nei casi di Colite Ulcerosa che, nel nostro Paese, colpisce circa 100.000 persone. Dalla comparsa dei primi sintomi alla diagnosi possono passare anche cinque anni, seppur nella maggior parte dei casi, il ritardo diagnostico è oggi inferiore a 6 mesi ed è differente, tra colite ulcerosa, più breve, e Malattia di Crohn, spesso più lungo.
COME CAMBIA LA QUALITÀ DI VITA?
Oltre ai sintomi fisici, spesso invalidanti, le MICI possono avere, come detto, un impatto significativo sul benessere dei pazienti. Non sapere quando potrebbe verificarsi la prossima riacutizzazione può far sentire a disagio, dando una sensazione di incertezza che può avere un impatto importante su alcuni aspetti della propria vita come salute mentale, benessere emotivo, vita lavorativa e benessere economico. Nonostante i numerosi sforzi e gli indubbi miglioramenti che negli ultimi anni hanno rivoluzionato la gestione delle MICI, alcuni dati emersi da indagini condotte in Europa e in Italia fanno capire che il lavoro da fare per arrivare a una gestione ottimale delle MICI è ancora molto.
LA MALATTIA È BEN CONTROLLATA?
Per comprendere qual è la percentuale di pazienti con Malattia di Crohn e Colite Ulcerosa controllata in modo non ottimale e di conseguenza con un significativo peggioramento della qualità della vita è stato condotto lo studio osservazionale e muticentrico IBD-Podcast della società biofarmaceutica AbbVie.
Lo studio è stato condotto in 103 strutture in 10 Paesi, tra cui l’Italia. Su 220 pazienti italiani con IBD, il 54% dei pazienti con Malattia di Crohn e il 49% di quelli con Colite Ulcerosa sono controllati in modo non ottimale secondo i criteri standardizzati STRIDE-II. Determinanti fondamentali di questo quadro sono la compromissione della qualità di vita, le manifestazioni extraintestinali, o il mancato raggiungimento della guarigione mucosale in entrambe le patologie. Inoltre, vi sono contributi specifici al mancato controllo, come un eccesso di uso di corticosteroidi nella Colite Ulcerosa e la malattia perianale attiva nella Malattia di Crohn. Lo studio ha inoltre evidenziato quanto, a volte, possa essere divergente la consapevolezza sul controllo di malattia e l’impatto sulla qualità di vita tra medico e paziente. Non solo: i pazienti con Malattia di Crohn e quelli con Colite Ulcerosa controllati in modo non ottimale rispetto a quelli controllati in modo ottimale, riportano di avere ripercussioni sulle relazioni e sul proprio benessere emotivo.
AUMENTIAMO LA CONSAPEVOLEZZA
Oltre a migliorare lo sforzo terapeutico per controllare nel modo più ottimale le MICI, occorre generare maggiore consapevolezza della patologia, ancora insufficiente come emerso da due indagini svolte proprio con l'obiettivo di far emergere la conoscenza e la percezione delle MICI tra la popolazione. Stiamo parlando dell'indagine ACQUIRE-IBD, svolta nel corso del 2023 dall’Associazione AMICI ETS (Associazione Nazionale per le Malattie Infiammatorie Croniche dell’Intestino) e di un'altra indagine condotta con l’Istituto di Ricerca IXE.
Ad esempio secondo la ricerca ACQUIRE-IBD solo il 20% conosce la probabilità di sviluppare una complicanza intestinale e nessuno sa indicare l’evoluzione negativa dell’andamento della patologia nel corso del tempo. Secondo l'indagine condotta con l’Istituto di Ricerca IXE meno della metà del campione ritiene che esistano delle cure e il 27% pensa che si possa guarire completamente. Solo il 13% dichiara di aver sentito parlare della guarigione mucosale, ma quasi 8 intervistati su 10 sono consapevoli che le indicazioni e le terapie mediche vadano seguite con estrema attenzione anche quando i sintomi sono in remissione.
La grande parte degli intervistati è certa che il medico a cui rivolgersi sia il gastroenterologo, oltre il 60% ritiene siano malattie abbastanza diffuse ma altre informazioni, come le categorie di popolazione più a rischio o i sintomi, sono meno note. Poco più della metà del campione, ad esempio, crede che la probabilità di ammalarsi si concentri tra i giovani adulti e gli adulti e senza distinzioni di genere.
Fonti
Caterina Fazion
Giornalista pubblicista, laureata in Biologia con specializzazione in Nutrizione Umana. Ha frequentato il Master in Comunicazione della Scienza alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (SISSA) di Trieste e il Master in Giornalismo al Corriere della Sera. Scrive di medicina e salute, specialmente in ambito materno-infantile